Rischiano di saltare i meccanismi di inversione contabile, inseriti dal Governoo per recuperare risorse dal pagamento dell’Iva.
Il riferimento è al reverge charge per la grande distribuzione e allo split playment nei rapporti di fornitura tra privati e pubbliche amministrazioni.
La Commissione Europea potrebbe ritenerli in contrasto con le normative comunitarie, specie quella sui ritardi nei pagamenti da parte della P.A. Più volte l’Italia è stato oggetto di ammonizioni in sede europea per la mancata estinzione dei debiti con le imprese private.
La previsione di simili meccanismi di inversione contabile potrebbe provocare loro gravi crisi di liquidità, portando numerose Pmi a chiudere i battenti.
L’attenzione della Commissione è rivolta principalmente allo split payment, ovvero quello strumento contabile che consente alle amministrazioni di versare l’Iva direttamente all’erario e non più ai fornitori. Questi ultimi dovranno, invece, limitarsi a chiedere un credito d’imposta allo Stato.
Ma quali sono i tempi di estinzione del debito? Conoscendo l’impianto farraginoso della burocrazia italiana, è facile immaginare che le imprese dovranno aspettare molti mesi prima che avvenga il pagamento dovuto.
Per questo motivo l’Associazione nazionale costruttori, insieme alla Cna, Confartigianato e alle cooperative del settore edilizio, ha presentato ricorso alla Commissione europea.
Secondo le associazioni di categoria, ci sarebbe innanzitutto un problema di natura formale, in quanto lo split payment è entrato in vigore il primo gennaio senza il consenso delle istituzioni europee.
Ci sono, inoltre, questioni di natura sostanziale, come quelle già accennate in precedenza relative al mancato rispetto delle direttive continentali sui ritardi di pagamento o le norme che prevedono che l’Amministrazione debba liquidare il compenso dovuto ai fornitori entro 60 giorni, comprensivo delle tasse.
La Commissione potrebbe, dunque, bocciare i meccanismi di inversione contabile previsti dal Governo o costringere quest’ultimo ad apportare sostanziali modifiche. Un eventuale stop al reverse charge e allo split payment comporterebbe un mancato gettito per le casse dello Stato stimato attorno agli 1,7 miliardi di euro.
Si tratterebbe di una vera e propria batosta per l’erario, che annullerebbe di fatto il cosiddetto bonus Def (1,5 miliardi di euro) e costringerebbe lo Stato a ricavare tali risorse attraverso altre fonti di finanziamento.