Categoria: Agroalimentare


  • Cambiamenti importanti nel mondo della cooperazione agroalimentare italiana: Raffaele Drei, imprenditore faentino nel settore ortofrutticolo e vitivinicolo, è il nuovo presidente di Fedagripesca Confcooperative. La nomina è arrivata a conclusione del Consiglio Nazionale della federazione, chiamato ad eleggere il successore di Carlo Piccinini, dimissionario dal 30 ottobre. Fino a questo momento la reggenza era stata assicurata dal Vicepresidente Davide Vernocchi.

    Chi è Raffaele Drei: radici nella cooperazione agroalimentare
    Drei, 59 anni, vanta un solido percorso professionale all’interno del sistema cooperativo. È stato presidente della cooperativa Agrintesa di Faenza, attualmente guida Valfrutta Fresco (società commerciale di Apo Conerpo) ed è Vicepresidente del Gruppo cooperativo Conserve Italia. Nel 2022 ha assunto la presidenza di Fedagripesca Confcooperative Emilia Romagna, consolidando così un profondo legame con il tessuto imprenditoriale dell’agroalimentare, della pesca e dell’acquacoltura.

    La mission di Drei: rimettere le filiere al centro del dibattito
    Nel suo discorso di insediamento, Drei ha evidenziato la necessità di riportare le filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura al centro del dibattito politico ed economico italiano. L’obiettivo, ha sottolineato, è aprire un confronto franco con le altre organizzazioni, al fine di affrontare i nodi strategici e contribuire a costruire politiche di sviluppo sostenibile per l’intero settore agroalimentare del nostro Paese.

    Obiettivi strategici: aggregazione, valore aggiunto e nuove opportunità
    Uno dei punti chiave del programma del nuovo presidente riguarda la difesa e la promozione del modello cooperativo. Aggregazione e concentrazione dell’offerta, attraverso cooperative e organizzazioni di produttori, rappresentano infatti la strada maestra per valorizzare le produzioni nazionali, sia agricole che ittiche, sui mercati globali. Drei intende continuare a sostenere con forza l’impresa cooperativa nel comparto ortofrutticolo e vitivinicolo, spingendo per un’estensione del modello anche nel settore lattiero-caseario. Tra le iniziative attese, l’introduzione di interventi settoriali a livello UE e nazionale, già sperimentati con successo nell’ortofrutta, per agevolare transizione ecologica, innovazione tecnologica e competitività internazionale.

    Focus su foreste, zootecnia, cereali e pesca sostenibile
    La nuova presidenza punta i riflettori su cooperative forestali e zootecniche, presìdi essenziali delle aree rurali e marginali, da sostenere e potenziare. Le filiere cerealicole, pietra angolare del Made in Italy, dovranno essere valorizzate in chiave identitaria e culturale. Infine, massima attenzione sarà dedicata al settore della pesca e dell’acquacoltura, dove occorre un approccio strutturato e sostenibile: modelli di gestione responsabile, remunerazione equa e sviluppo solidale delle comunità costiere rappresentano gli obiettivi da raggiungere, in stretta sinergia con istituzioni e operatori.

    I numeri di Fedagripesca Confcooperative
    Fedagripesca Confcooperative è un attore di primo piano del sistema agroalimentare italiano. Associa oltre 3.000 imprese cooperative, riunendo più di 410.000 soci e 75.900 addetti, per un fatturato vicino ai 35 miliardi di euro. In altre parole, gestisce oltre il 20% del valore del Made in Italy agroalimentare, rappresentando una colonna portante dell’economia nazionale.


    In conclusione, l’avvento di Raffaele Drei alla guida di Fedagripesca Confcooperative segna un passaggio chiave per l’intero comparto agroalimentare e ittico italiano. Consolidamento delle filiere, sostegno al modello cooperativo, attenzione all’ambiente, innovazione e dialogo tra i vari soggetti della filiera saranno i cardini di una strategia che punta a rendere il settore sempre più forte, coeso e competitivo a livello internazionale.


  • Calabria: firmato il nuovo contratto regionale per gli imbarcati su natanti di cooperative di pesca

    Nel nuovo accordo, valido per il quadriennio 2024-2027, viene valorizzata la previdenza complementare e istituito un premio di produttività per i pescatori.

    È stato siglato ieri mattina presso la sede di Confcooperative Calabria il nuovo contratto regionale per gli imbarcati su natanti di cooperative di pesca, valido per il quadriennio 2024-2027.

    Presenti per le parti sindacali i segretari regionali Michele Sapia (Fai Cisl), Caterina Vaiti (Flai Cgil), Pasquale Barbalaco (Uila Uil) e Gregoria Gioffrè (Responsabile Uila Pesca), per le Parti datoriali regionali il presidente Camillo Nola (Confcooperative), Manuela Asteriti (vicepresidente Fedagri pesca) e i presidenti Carmine Liotti (Legacoop – Agroalimentare) e Gennaro Raso (Agci – Agrital).

    «Un primo e importante passo per sostenere e valorizzare un comparto strategico, in una regione con circa 800 km di coste e con un’importante tradizione marinaresca e peschicola, ma che vive un periodo particolarmente complesso e difficile – dichiarano i firmatari del contratto. Un considerevole e storico risultato per l’intero comparto ittico calabrese frutto di un percorso di confronto regionale costante e intenso tra organizzazioni sindacali e datoriali». 

    Il contratto regionale prevede, tra gli altri punti, l’istituzione del premio di produttività, la valorizzazione della previdenza complementare, sostenere azioni e attività sul fondamentale tema della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. «Crediamo che il risultato di oggi debba rappresentare l’avvio di una nuova fase per rilanciare la centralità sia del lavoro degli addetti sia dell’intera filiera ittica che, in termini di occupazione, imbarcazioni e pescato, continua a ridursi costantemente – conclude la nota congiunta. Un comparto che deve essere rimesso al centro della programmazione politica regionale, per cui occorre creare sinergie tra tutti gli attori coinvolti anche per dare ristoro a pescatori e famiglie duramente colpite anche dalle attuali normative europee, valorizzando la pesca di tipo artigianale e prevendendo ulteriori luoghi regionali di ricerca e confronto».

    Nuovo contratto pesca: il commento della Fai-Cisl

    L’integrativo regionale siglato in Calabria per gli imbarcati su natanti delle cooperative della pesca rappresenta una conquista importante per i lavoratori e per tutto il settore, perché mira a consolidare i redditi, le tutele, il lavoro di qualità e nel contempo la produttività del comparto, che nonostante le difficoltà degli ultimi anni rimane strategico per la vita economica e culturale di molti nostri territori e in generale per l’agroalimentare Made in Italy”.

    Lo affermano in una nota della Fai-Cisl nazionale il Segretario Generale Onofrio Rota e il componente di Segreteria Patrizio Giorni, commentando positivamente l’accordo siglato presso Confcooperative Calabria per il nuovo contratto regionale degli imbarcati su natanti di cooperative di pesca, valido per il periodo 2024-2027.

    L’integrativo siglato – commentano Rota e Giorni – è frutto anche di quanto voluto con l’ultimo rinnovo del Contratto nazionale di settore, che prevede esplicitamente sia con l’articolo 25 che con apposite linee guida la promozione della contrattazione territoriale per rilanciare il lavoro ittico nelle cooperative e sostenerne la produttività e qualità, ed è quanto contenuto nell’accordo raggiunto, che fa leva sulla valorizzazione delle relazioni sindacali, della previdenza complementare, della formazione e della maggiore sicurezza e salute sul lavoro, aumenta i permessi straordinari, riconosce 250 euro di premio di produttività, investe sulla tutela delle tipicità marinare locali e lo sviluppo delle potenzialità del comparto in termini di multifunzionalità ambientale, sociale e culturale”.

    Auspichiamo vivamente – concludono i due sindacalisti – che questo primo contratto integrativo faccia da apripista per lo sviluppo di una nuova contrattazione decentrata che integrando il livello nazionale possa dare risposte sempre più puntuali e avanzate alle esigenze di lavoratori e imprese di tutte le nostre filiere ittiche”.


  • Cestino con pere.

    L’allarme dell’Alleanza delle Cooperative: produzione di pere crollata del 75%

    Il mercato delle pere italiane è in grave crisi. Lo denunciano l’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari Italiane e Nomisma nel corso di un evento organizzato al Masaf.

    Il mercato delle pere italiane è in grave crisi. Lo denunciano l’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari Italiane e Nomisma nel corso di un evento organizzato al Masaf che ha visto la partecipazione del sottosegretario Patrizio La Pietra.

    Secondo le stime dell’organizzazione di rappresentanza delle cooperative agricole italiane, negli ultimi cinque anni c’è stato un crollo del 75% della produzione di pere e un contestuale calo delle superfici (-35% negli ultimi dodici anni). Le cause della crisi del settore sono da ricercare negli eventi atmosferici che hanno danneggiato le produzioni e costretto diversi agricoltori ad abbondonare i terreni.

    Crisi mercato delle pere: le regioni colpite

    Sono soprattutto le regioni del nord, principale bacino produttivo del pero in Italia, quelle che hanno patito maggiormente la crisi produttiva. Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, che detengono il 74% delle superfici hanno registrato tutte un netto calo di ettari coltivati, con la sola eccezione del Piemonte.

    L’impatto delle calamità naturali e dei parassiti

    Le rese produttive – spiega Ersilia Di Tullio di Nomisma – sono passate da una media di 20,6 tonnellate per ettaro del 2022 alle 7,5 di quest’anno”. Situazione negativa anche in Europa dove il calo produttivo è del 12,2% dal 2020 al 2022, a fronte di una crescita esponenziale di paesi extra-Ue, come l’Argentina (+13,8% negli ultimi due anni)”.

    Non ci sono solo le alluvioni, le gelate tardive e in generale gli agenti atmosferici tra i responsabili della crisi produttiva del mercato delle pere. Davide Vernocchi, Coordinatore Ortofrutta di Alleanza cooperative, individua anche un’altra problematica che ha condizionato la resa produttiva.

    Se negli anni addietro i nostri problemi erano il mercato e l’apertura di nuovi sbocchi commerciali, quest’anno purtroppo non siamo proprio riusciti a produrre“, spiega Vernocchi “Troppo numerose le calamità che hanno causato questo drastico calo produttivo, connesse al cambiamento climatico e all’impatto di insetti e parassiti: nel 2019 la cimice asiatica, nel 2021 le gelate tardive, nel 2022 la siccità, per finire nel 2023 con nuove gelate e i danni dell’alluvione“.



  • “Un grande giorno per gli agricoltori e per tutti i cittadini europei. Il voto in plenaria del Parlamento Ue ha rigettato una proposta irrazionale e ideologica, che pur muovendo da obiettivi di sostenibilità ambientale pienamente condivisibili, era stata scritta senza un’adeguata valutazione di impatto. Se fosse stata approvata nella sua formulazione originaria, con gli obiettivi fissati di riduzione dei fitofarmaci per le varie colture, la riforma avrebbe comportato tra le altre cose un aumento delle importazioni di prodotti alimentari di paesi extra Ue, che non vengono sottoposti ai controlli rigidi già oggi obbligatori in Europa. Un vero e proprio salto nel buio che avrebbe messo a rischio intere produzioni strategiche del nostro made in Italy agroalimentare, con un conseguente impatto occupazionale ed economico devastante per il nostro paese”.

    Così il Presidente di Confcooperative Fedagripesca Carlo Piccinini commenta il voto odierno del Parlamento europeo che ha respinto in votazione plenaria a Strasburgo la proposta di riforma dei fitofarmaci presentata dalla Commissione.

    Con la bocciatura da parte dell’europarlamento, si attende ora il pronunciamento del Consiglio.

    “Presto sarà possibile pertanto – prosegue Piccinini – riaprire un confronto sulla questione con la nuova Commissione e il nuovo Parlamento che usciranno dalle prossime elezioni. Il nostro auspicio è che si possa riformulare una proposta che non sia influenzata dall’ideologia e dal populismo”.

    “Gli agricoltori non possono continuare ad essere considerati nemici dell’ambiente”, ha concluso il presidente di Confcooperative Fedagripesca. “È infatti sotto gli occhi di tutti il grande impegno profuso negli ultimi anni dalle aziende agricole e dalle imprese agroalimentari, che hanno fatto grandi sforzi per ridurre il loro impatto sull’ambiente, sia nelle fasi di coltivazione che in quelle di trasformazione industriale”.

    Il Presidente di Confcooperative Fedagripesca commenta anche il risultato del voto in plenaria sulla normativa imballaggi esprimendo “apprezzamento per le modifiche introdotte dal Parlamento Ue, senz’altro migliorative del testo proposto dalla Commissione, ben sapendo che la parola definitiva ci sarà solo dopo il passaggio al Consiglio UE”.

    Tra gli emendamenti approvati, da segnalare quello che elimina il divieto di utilizzo di confezioni monouso per l’ortofrutta al di sotto di un chilo e mezzo”.


  • latte prezzo

    Granlatte Granarolo e xFarm Technologies: una nuova piattaforma per una filiera del latte più avanzata e sostenibile

    Il Gruppo Granlatte Granarolo, in collaborazione con xFarm Technologies, ha annunciato un progetto rivoluzionario che mira a digitalizzare e ottimizzare la filiera del latte in Italia.

    Il Gruppo Granlatte Granarolo, in collaborazione con xFarm Technologies, ha annunciato un progetto rivoluzionario che mira a digitalizzare e ottimizzare la filiera del latte in Italia. Questa iniziativa coinvolge circa 600 produttori di latte distribuiti in dodici regioni italiane e si estenderà per un periodo di cinque anni.

    Digitalizzazione e Sostenibilità al centro

    La crescente necessità di monitorare e ridurre l’impronta ambientale, insieme al desiderio di migliorare il benessere animale e di valorizzare questi sforzi agli occhi del consumatore finale, ha spinto Granlatte Granarolo a intraprendere il percorso della digitalizzazione. xFarm Technologies, con il suo know-how, ha sviluppato una piattaforma personalizzata per la filiera di Granlatte Granarolo. Realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia, questa piattaforma integra dati e metriche di tutta la filiera, facilitando l’archiviazione e l’elaborazione delle reportistiche.

    Benefici tangibili per gli allevatori

    Grazie al sistema implementato da Granlatte e xFarm Technologies gli allevatori potranno avere una visione chiara e dettagliata delle loro attività, dalla gestione dei quaderni di campagna alle quantità di latte prodotto e alla sua qualità. Questo non solo semplifica la gestione dei dati, ma rende anche le attività di audit interno più efficienti. Gli allevatori potranno inoltre contare sul supporto costante dei consulenti di Granlatte Granarolo e sulla piattaforma sviluppata in collaborazione con xFarm Technologies.

    Verso un futuro sostenibile

    L’Università degli Studi di Brescia, partner di ricerca del progetto, avrà il compito di analizzare i dati raccolti e sviluppare nuovi algoritmi. L’obiettivo è identificare ulteriori indicatori (KPI) che possano guidare il miglioramento della sostenibilità ambientale e del benessere animale lungo la filiera, in un processo ispirato al miglioramento continuo.

    L’annuncio di questa collaborazione tra Granlatte Granarolo e xFarm Technologies segna un passo avanti significativo nella modernizzazione e sostenibilità della filiera del latte in Italia. Con l’adozione di tecnologie avanzate e l’attenzione alla sostenibilità, il futuro del settore lattiero-caseario italiano appare più luminoso e promettente che mai.



  • Si è svolto il 4 ottobre 2023 al Ministero dell’Agricoltura un incontro tra una delegazione di cooperative biologiche e il sottosegretario Masaf Luigi D’Eramo

    Alla vigilia del via libera definitiva al Piano d’azione nazionale per la produzione biologica previsto per dare attuazione alla legge nazionale sul bio (L.23 del 2022), l’Alleanza delle Cooperative Agroalimentare ha incontrato il sottosegretario al Masaf Luigi D’Eramo per fare il punto sulle azioni e sugli strumenti che sono stati inclusi nel piano, ribadendo la necessità “che sia data la priorità a misure che contribuiscano ad aumentare la domanda di prodotti biologici e che rafforzino le filiere”.

    “Abbiamo ribadito – ha dichiarato il Coordinatore del settore Biologico Francesco Torriani – come abbiamo già fatto nei diversi tavoli di confronto avuti al ministero, la nostra valutazione positiva sul documento, che è stato ben concepito e dettagliato, sottolineando tuttavia l’importanza di individuare delle priorità stabilendo un ordine con diversi tempi di attuazione per le varie attività previste”.

    Nel corso dell’incontro, nel quale il presidente Torriani è stato accompagnato da una delegazione di imprese cooperative biologiche operanti in diverse filiere produttive, dal vino alla pasta all’ortofrutta, è stata anche evidenziata l’importanza che si lavori affinché le aziende che usufruiscono dei contributi comunitari a superficie, che sono finalizzati com’è noto a raggiungere l’obiettivo del 25% di superficie biologica entro il 2027 fissato dalla nuova Pac, non escano dal sistema di certificazione del biologico una volta finiti i 5 anni previsti per la conversione.

    Per scongiurare questo rischio, occorre secondo Torriani, “supportare filiere forti e strutturate, basate sulla capacità di progettazione e innovazione che, in una situazione di crisi economica come quella attuale, garantiscano una maggiore resilienza rispetto alle distorsioni del mercato. Servono quindi organizzazioni efficienti, capaci di redistribuire il valore lungo tutta la filiera per resistere alle distorsioni ed alle speculazioni”.

    Tra i temi affrontati nel colloquio con il Sottosegretario D’Eramo, anche la questione delle contaminazioni da fosfiti, che vede l’Italia in una condizione di svantaggio rispetto agli altri Paesi europei. Solo in Italia esistono infatti soglie di contaminazione massima al di sopra delle quali i prodotti bio vengono decertificati. 

    L’Alleanza delle cooperative agroalimentari ha sollecitato un’ulteriore riflessione in merito alla possibilità che tale materia non venga più normata a livello nazionale e che la discussione si riporti a livello comunitario, al fine di poter discutere sul tema alla pari con gli altri Paesi europei.


  • Maltempo, FedAgriPesca Fvg: la crisi climatica presenta il conto agli agricoltori

    La zona del Friuli colpita dal maltempo degli ultimi due giorni è veramente vasta e abbraccia parecchi chilometri quadrati di territorio reginale.

    Il maltempo che colpisce sempre più spesso alcune regioni d’Italia è la prova tangibile dei cambiamenti climatici che stanno avvenendo nel nostro pianeta. Gli eventi metereologici estremi stanno diventando sempre più frequenti e intensi, mettendo a dura prova le attività agricole e l’intera comunità rurale.

    Negli ultimi giorni una forte ondata di maltempo ha colpito il Friuli, causando ingenti danni alle cooperative agricole della regione. Il presidente di FedAgriPesca, Veneziano Francescutti, ha dichiarato che la zona colpita è molto vasta, coprendo diversi chilometri quadrati di territorio regionale. Difficile fare una stima precisa dei danni, ma si segnala che i vigneti, il kiwi e i vivai di barbatelle sono tra le colture più colpite, con conseguenze che si ripercuoteranno sulle stagioni successive.

    Francescutti ha anche evidenziato che molte stalle sono state danneggiate e le vacche sono rimaste senza protezione. «In alcuni luoghi è venuta meno la corrente elettrica con difficoltà o impossibilità di eseguire per tempo la mungitura degli animali».

    «In positivo si può direconclude Francescutti che siamo certi che la Regione, come sempre, sarà vicina ai nostri produttori; dall’altra parte non possiamo più negare che tutti noi, collettivamente, abbiamo un ruolo nella crisi climatica e ne subiamo le conseguenze (in primis i produttori agricoli) e dobbiamo urgentemente capire il da farsi e intervenire per bloccare la spirale peggiorativa, con politiche adeguate e pure con modifiche quotidiane sui nostri stili di vita».


  • Biologico: Torriani, “Per aumentare offerta e domanda fondamentale puntare su filiere cooperative”

    Sono stati resi noti i numeri del bio nel 2022 nel corso del convegno Appuntamento con il “Bio”, organizzato da Ismea a L’Aquila, presso la sede del Consiglio Regionale alla presenza del Sottosegretario al Masaf Luigi D’Eramo.

    Sono stati resi noti i numeri del bio nel 2022 nel corso del convegno Appuntamento con il “Bio”, organizzato da Ismea a L’Aquila, presso la sede del Consiglio Regionale alla presenza del Sottosegretario al Masaf Luigi D’Eramo. L’occasione ha rappresentato un importante momento di confronto tra le associazioni e le istituzioni, in vista dell’adozione del Piano nazionale per la produzione biologica, che guiderà il settore verso gli obiettivi di sviluppo richiesti dalla strategia europea Farm to Fork e ribaditi nella legge nazionale del 9 marzo 2022.

    il Coordinatore del settore Biologico di Alleanza Cooperative Agroalimentari Francesco Torriani nel corso del suo intervento ha dichiarato: «I dati sui consumi dei prodotti biologici del 2022, che vedono scendere l’incidenza delle vendite bio sulla spesa agroalimentare complessiva dal 3,9% al 3,6%, rendono ancora più impellente la richiesta avanzata dalla cooperazione di promuovere e incentivare la crescita delle produzioni biologiche sul territorio, sostenendo contestualmente anche la domanda. Un obiettivo duplice, che può essere conseguito solo puntando sull’aggregazione, poiché in un contesto caratterizzato da una riduzione del potere di acquisto delle famiglie, sono solo le filiere efficienti quelle in grado di mettere sul mercato prodotti di qualità a prezzi competitivi».

    Visto il ruolo strategico che le filiere rivestono per la promozione del biologico, secondo il coordinatore di Alleanza Cooperative «assume grande rilevanza l’impegno che ci attendiamo venga mantenuto dal Masaf di destinare il 25% delle risorse del V Bando alle filiere biologiche. Sarebbe veramente grave se tale impegno venisse disatteso e contraddirebbe gli obiettivi del Piano d’Azione nazionale recentemente varato dal Ministero a sostegno dell’agricoltura biologica”. Per quanto riguarda l’obiettivo di far crescere i consumi di bio, che risultano in stagnazione da almeno un paio d’anni, è auspicabile– secondo Torrianiche sia le istituzioni pubbliche, che il privato, si impegnino in programmi promozionali d’impatto rivolti ai consumatori anche attraverso partenariati tra produttori, impiegando al meglio le risorse messe a disposizione della politica agricola comune».

    Torriani ha anche evidenziato un dato emerso dalla rilevazione Ismea, relativo alle aziende agricole biologiche, che risultano avere una dimensione media quasi tre volte più grande rispetto a quelle dell’azienda agricola convenzionale (28,4 ettari rispetto a 11 ettari).

    «Ciò smentisce la tesi comunemente diffusa commenta Torriani secondo la quale le aziende biologiche sono di piccole dimensioni, poco strutturate e adatte soprattutto a vendere nel raggio di pochi chilometri dall’azienda. Le aziende agricole biologiche hanno invece superfici coltivate importanti e una dimensione maggiore delle aziende convenzionali. Dal momento che incentivare la produzione con metodo biologico è una degli obiettivi principali che si è posta la Commissione Europa, risulta pertanto di fondamentale importanza sostenere tali imprese, che concentrano gran parte del valore della produzione, incrementando la domanda di prodotti biologici».


  • agricoltura campolibero

    Decreto parco agrisolare: via libero della Commissione Ue

    Alleanza delle Cooperative Agroalimentari esprime soddisfazione per il via libera della Commissione Ue al nuovo decreto per il bando Parco Agrisolare

    Alleanza Cooperative Agroalimentari, esprime soddisfazione per il via libera della Commissione Ue al nuovo decreto per il bando Parco Agrisolare, che sarà presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Rispetto al precedente bando, quello 2023 raddoppierà la potenza massima installabile fino a 1.000 kWp, duplicando la spesa ammissibile per accumulatori, che quella per dispositivi di ricarica. Aumentata anche la spesa massima ammissibile per beneficiario che passa da euro 1.000.000,00 ad euro 2.330.000,00 incluse le spese accessorie (es. rimozione amianto).

    Il presidente Carlo Piccinini, spiega: “le nuove disposizioni superano di fatto alcune criticità che avevano caratterizzato il precedente bando, sia attraverso il superamento della soglia di autoconsumo per gli impianti finanziabili sia attraverso un aumento dell’intensità della percentuale di aiuto finanziabile”.

    “Le nuove regole – continua Piccinini – rispondono alle esigenze che più volte abbiamo rappresentato al Ministero come sistema cooperativo. L’eliminazione del vincolo dell’autoconsumo potrà sicuramente consentire alle nostre imprese di contribuire in modo più marcato alla transizione energetica del nostro sistema paese. Interessante anche la previsione di condivisione dell’energia prodotta tra imprese agricole primarie: su tale principio tuttavia sarà necessario, in fase di redazione del bando, poter disporre di regole chiare e facilmente applicabili per gli operatori”.

    Secondo il presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari Carlo Piccinini è infine opportuno che si proceda a costituire un tavolo di concertazione sulle regole del nuovo bando che definisca anche le tempistiche di emanazione, per consentire la più ampia partecipazione possibile da parte delle imprese interessate.

    Le novità del bando

    Il nuovo Decreto Parco Agrisolare 2023 programma le risorse residue destinate dal PNRR per interventi di efficientamento e solarizzazione degli edifici agricoli, zootecnici e agroindustriali. Parliamo di un milione di euro sugli 1,5 totali inseriti nel Piano.

    Entrando nel dettaglio il DM assegna circa 775 milioni di euro a favore delle aziende agricole di produzione primaria su tutto il territorio nazionale suddividendo le risorse tra: 

    • contributi a fondo perduto pari all’80% della spesa, con vincolo di autoconsumo, anche nella nuova formula “condivisa” (700 milioni in tutto); 
    • contributi a fondo perduto pari al 30% senza vincolo di autoconsumo ma con possibilità di vendita al mercato energetico (i restanti 75 milioni). In quest’ultimo caso sono previste maggiorazioni per le PMI e le aree svantaggiate.

    Altri 150 milioni sono destinati alle imprese di trasformazione di prodotti agricoli. Per queste realtà il Decreto Parco Agrisolare 2023 prevede fino all’80% di contributo a fondo perduto con la possibilità di valorizzare l’energia prodotta sul mercato. Le restanti risorse sono per le imprese della trasformazione da agricolo in non agricolo per le quali è previsto un contributo a fondo perduto pari al 30%, anche in questo caso senza vincolo dell’autoconsumo. E con premi maggiorativi per per piccole e medie imprese in aree svantaggiate.


  • Regolamenti su imballaggi e fitofarmaci: Le cooperative di Italia, Francia e Spagna chiedono un cambio radicale

    le cooperative ortofrutticole di Francia, Italia e Spagna hanno chiesto alla Commissione Ambiente del Parlamento europeo un cambiamento radicale nell’approccio delle proposte legislative sugli imballaggi e sulla riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari.

    Attraverso i portavoce Jean Michel Delannoy (Felcoop), Davide Vernocchi (Alleanza Cooperative Italiane settore ortofrutta) e José Manuel Fernandez (Cooperativas Agro-alimentarias de España), le cooperative ortofrutticole di Francia, Italia e Spagna hanno chiesto alla Commissione Ambiente del Parlamento europeo un cambiamento radicale nell’approccio delle proposte legislative sugli imballaggi e sulla riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari. Lo rende noto la stessa Alleanza delle Cooperative Italiane.

    Regolamento arbitrario, sproporzionato e discriminatorio

    I rappresentanti delle principali cooperative ortofrutticole dei tre Paesi produttori hanno illustrato agli eurodeputati presenti all’incontro, organizzato dall’europarlamentare francese Irene Tolleret, i numerosi progressi che il settore ortofrutticolo europeo ha già compiuto nella riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari e nell’ottimizzazione dell’uso degli imballaggi e del loro riutilizzo.

    Le organizzazioni cooperative hanno ribadito il loro netto giudizio negativo sulle proposte normative presentate dalla Commissione europea derivanti dalla strategia Farm to Fork, a partire dal nuovo divieto di utilizzo degli imballaggi per le confezioni inferiori a 1,5 kg, definito “arbitrario, sproporzionato e discriminatorio” dimostrando, con prove concrete basate sulla loro esperienza, che l’imballaggio continua a essere fondamentale per portare sul mercato prodotti deperibili come frutta e verdura, soddisfacendo le aspettative dei consumatori in termini di qualità, sicurezza e prezzo.

    L’imballaggio svolge inoltre una serie di funzioni che vanno dalla protezione del prodotto dai danni al prolungamento della durata di conservazione e alla corretta informazione dei consumatori sul metodo di produzione, sul Paese o sulla regione di origine. Le nuove regole contraddicono anche altri obiettivi considerati strategici dalla stessa Commissione, come la riduzione degli sprechi alimentari, la promozione del consumo di frutta e verdura come base di una dieta sana e l’aumento del valore e della differenziazione dei prodotti ortofrutticoli. Per questo motivo le cooperative hanno chiesto un regolamento comune dell’UE basato su basi scientifiche, anziché sulla percezione, e orientato alla riduzione, alla razionalizzazione, alla migliore gestione degli imballaggi e non a un drastico divieto che punisca ingiustamente il settore ortofrutticolo.

    Le cooperative hanno inoltre contestato la riduzione del 50% dell’uso dei prodotti fitosanitari, dichiarandolo «irrealistica e non realizzabile a livello economico, perché non si basa su alcun dato scientifico e non tiene conto degli sforzi già compiuti, né dei vari studi di impatto che convergono tutti nel prevedere un inevitabile calo della produzione. L’Europa abbandoni la logica punitiva e punti invece a salvaguardare un’agricoltura europea competitiva e la sovranità alimentare dei suoi consumatori, evitando le importazioni da Paesi terzi meno sostenibili».

    Le richieste delle Cooperative europee

    Le tre cooperative hanno chiesto tempi più lunghi, ben oltre l’orizzonte temporale del 2030, per la realizzazione di studi d’impatto adeguati e l’effettiva disponibilità di strumenti alternativi che la scienza e la ricerca saranno in grado di mettere a disposizione del settore, insieme alle nuove tecnologie (nuove tecniche genomiche, applicazione di droni, varietà più resistenti, ecc.). Inoltre, le cooperative hanno chiesto alla Commissione di evitare l’ingresso nell’Ue di qualsiasi prodotto ortofrutticolo proveniente da un Paese in cui è consentito l’uso di prodotti fitosanitari vietati nell’Ue e mettere in pratica “il principio di reciprocità” attraverso un regolamento ad hoc.

    Le cooperative hanno inoltre sottolineato che la Commissione «dovrebbe astenersi dall’introdurre politiche comunitarie eccessive che finiscono per generare costi aggiuntivi» considerando che il settore agricolo e ortofrutticolo sono già molto provati dagli eventi climatici (gelate nel 2022, siccità e alluvioni nel 2023), squilibri di mercato e aumento dei costi di produzione come conseguenza delle varie crisi geopolitiche o sanitarie che hanno colpito l’Ue (Brexit, guerra in Ucraina, post Covid). Tutti fattori che incidono negativamente sul reddito degli agricoltori e delle loro cooperative.


  • Necessarie azioni di contrasto per combattere il falso made in Italy agroalimentare

    Il mercato del falso Made in Italy agroalimentare sta causando un danno economico considerevole alle imprese che producono il vero Made in italy.

    Il mercato del falso Made in Italy agroalimentare sta causando un danno economico considerevole alle imprese che producono il vero Made in italy.

    Il fatturato dell’export dei prodotti agroalimentari percepiti come italiani vale oltre 129 miliardi di euro, di questi solo il 40% va alle imprese che producono vero made in Italy, il resto alimenta l’industria del falso.

    La denuncia viene dal workshop “La cooperazione agroalimentare tra tutela e valorizzazione del cibo italiano. L’export alla prova dei mercati e dell’Italian Sounding”, organizzato da Confcooperative nel corso della prima giornata del Festival dell’Economia a Trento.

    In Giappone, Brasile e Germania, solo per citare i primi tre paesi più interessati dal fenomeno dell’Italian Sounding, 7 prodotti agroalimentari italiani su 10 non hanno nulla a che vedere con il vero made in Italy agroalimentare – ha sottolineato il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini – Il mercato del falso nel made in Italy agroalimentare vale più del totale dell’export veramente italiano, nonostante quest’ultimo abbiamo superato la barriera psicologica dei 50 miliardi di controvalore. A fronte di questo risultato il falso made in Italy ha fatto registrare un fatturato poco meno di 80 miliardi, il 60% in più. Un paradosso che produce un notevole danno economico per i produttori e di immagine per l’intera economia del nostro Paese”

    “Supportare l’export – ha aggiunto Carlo Piccinini, presidente di Confcooperative Fedagripesca – non significa solamente promuovere, incentivare. Significa anche tutelare, direttamente nei mercati esteri, le quote di mercato che abbiamo conquistato con il grande impegno dei nostri esportatori, proteggendo le nostre eccellenze dalle imitazioni. Significa fare chiarezza su cosa è veramente Made in Italy prima di tutto a casa nostra nell’ottica della massima trasparenza che il consumatore merita”.

    I prodotti maggiormente falsificati sono Ragù, Parmigiano e Aceto Balsamico: 6 su 10 di quelli venduti all’estero sono italian fake food, prodotti che di italiano hanno solo il nome, eppure vengono percepiti come tali da chi li acquista. 

    Secondo Marco Grazioli, presidente di The European House Ambrosetti, per combattere il fenomeno del falso Made in Italy agroalimentare, occorre muoversi su due piani: uno culturale e uno normativo.

    “Sul primo fronte occorre senza dubbio favorire la consapevolezza del consumatore straniero verso le valenze distintive delMade in Italy agroalimentare. Dal punto di vista, normativo invece, è necessario puntare su nuovi accordi dilibero scambio, su intese bilaterali più favorevoli per le imprese agroalimentari stabilendo anche clausole chevietino l’evocazione dell’italianità e dare impulso alla tracciabilità sfruttando la tecnologia di blockchain e smart labeling e, in generale, contribuire a dare supporto tecnologico alle PMI italiane”.

    Imporre soluzioni normative e tecnologiche, sommate all’impegno delle realtà produttive, potrebbe mandare un segnale positivo e concreto nel contrasto alla contraffazione.


  • Gardini Confcooperative

    «La “messa a terra” del GREEN DEAL, permeato da un ambientalismo ideologizzato, sta generando forti preoccupazioni nel settore agroalimentare. Le principali minacce alla competitività delle imprese del settore agroindustriale, oggi, sono rappresentate dalla proposta di regolamento in materia di imballaggi, dall’applicazione della direttiva SUP, dalle proposte normative in materia di etichettatura nutrizionale e ambientale». Così Maurizio Gardini presidente di Alleanza Cooperative intervenendo, anche a nome dei copresidenti Gamberini e Schiavone, al tavolo Agroindustria aperto dai ministri Urso e Lollobrigida al ministero delle Imprese e del Made in Italy. 

    Imballaggi: sulla proposta di regolamento europeo il rischio concreto è che vengano travolte intere filiere strategiche del made in Italy. A subire i danni peggiori sarebbero le nostre imprese e le cooperative agroalimentari cuore pulsante dell’economia nazionale e trainante del nostro export. Abbiamo manifestato la nostra preoccupazione alla Presidente Meloni. Riteniamo indispensabile eliminare l’obbligo per i produttori di vino di utilizzare una quota di imballaggi da immettere nel circuito del riuso impatterebbe sui costi delle aziende, non garantirebbe adeguatamente gli standard di sicurezza alimentare e il riuso comporterebbe un notevole impatto ambientale. 

    Direttiva SUP: semprein tema di imballaggi è necessario che il Governo intervenga per evitare l’obbligo della cosiddetta “membrana sigillante” in plastica. Per determinati contenitori questo sistema non è applicabile se non con una modifica estremamente onerosa degli impianti di confezionamento e con rischi collegati alla salubrità del prodotto.  

    Etichettatura: la diffusione del Made in Italy nel mondo è un fattore strategico che abbiamo il dovere di supportare perché genera un valore indispensabile per la tenuta della nostra economia, i consumi interni sono fermi al palo, l’export è una leva competitiva irrinunciabile.Dobbiamo vigilare attentamente sulla presenza di quei fattori che minano la concorrenza prima di tutto tra Paesi UE, facendosi portavoce di una maggiore uniformità nelle regole del mercato unico. Si pensi alle conseguenze dell’etichettatura come il Nutri-score e all’etichetta irlandese sulle bevande alcoliche.  

    Logistica: gioca un ruolo primario nel rendere le aziende realmente competitive sui mercati globali. È fondamentale potenziare i sistemi di logistica aziendale e rimediare, anche attraverso il PNRR, aumentando la dotazione finanziaria del bando già emanato per permettere il finanziamento di ulteriori progetti di buona qualità oltre a quelli già previsti, al gap infrastrutturale che da sempre connota la movimentazione delle merci nel nostro Paese, rendendo lento e difficoltoso l’approdo sui mercati internazionali.  

    Lavoro: la ripresa dell’occupazione sconta, da un lato, il traino dei contratti a termine e, dall’altro, la mancanza di lavoratori in alcuni settori driver di questa delicata fase economica. È necessario un intervento strutturale di alleggerimento del costo del lavoro attraverso la riduzione del cuneo fiscale e contributivo, tenuto conto che si apre una stagione di rinnovi contrattuali in cui l’inflazione giocherà un ruolo importante.  

    Credito d’imposta e interventi di filiera: supportare l’accesso al credito delle nostre imprese per evitare che siano preda di criminalità o dello shopping straniero. Utilizzare risorse Pnrr per i progetti di filiera che mancano dalla “legge quadrifoglio”. Sarebbe fondamentale riproporre la misura del credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative per incentivare le imprese agroalimentari che investono in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi.  

    Made in Italy: siamo il Paese delle eccellenze. L’enogastronomia ha contribuito a rendere il Made in Italy uno dei brand più apprezzati nel mondo. La cooperazione agroalimentare svolge un ruolo fondamentale nella misura in cui è capace di dare massimo valore alle risorse naturali, umane ed economiche dei territori in cui opera. Oltre il 30% del nostro export dipende da tre Paesi (Germania, Stati Uniti e Francia) e il 61% è riconducibile a non più di 10 mercati. Serve perciò promuovere nuovi sbocchi commerciali, attraverso nuovi Accordi di Libero Scambio e più missioni internazionali alle quali la cooperazione chiede di partecipare. È necessario, poi, investire sul sistema fieristico nazionale che faccia da vetrina internazionale per il Made in Italy, in modo da competere con le altre grandi manifestazioni europee, come il SIAL di Parigi o l’ANUGA di Colonia.