Categoria: StartUp


  • Prima unione regionale in Italia di Confcooperative per numero di cooperative giovanili (21,9% delle associate).

    Nell’ultimo report di Fondo Sviluppo (Studi&Ricerche 141 – Maggio 2021), dedicato alle cooperative di giovani under 40 iscritte a Confcooperative, emerge un dato che per una volta può renderci orgogliosi di essere calabresi. Infatti, la nostra associazione vanta a livello nazionale il maggior tasso di imprese nate da Under 40 in rapporto al numero di associate. Dai dati emerge come in Calabria nel corso del 2020, funestato dalla Pandemia, sono nate ben 37 cooperative di giovani; un segnale incoraggiante non solo per il comparto della cooperazione regionale, ma tutto il settore delle imprese e StartUp, che evidenzia come il modello cooperativo  che mette al centro persone e territori è attrattivo per tanti giovani. Inoltre, ben 4 delle cinque province calabresi (Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia), assieme a sole altre tre in tutta Italia, hanno un’età media degli amministratori delle cooperative inferiore ai 50 anni.

    Confcooperative Calabria 21% di Cooperative Giovanili

    “Questi numeri dimostrano come il modello cooperativo sia capace di coinvolgere e attivare i giovani dei territori calabresi. – Spiega Rocco Sicoli, Vice Presidente di Confcooperative Calabria con delega a Giovani e innovazione – La cooperativa con al centro la persona, il principio della “porta aperta” e la territorialità, dimostra di essere uno strumento imprenditoriale valido e moderno. Sicuramente, continueremo a lavorare nella promozione del modello tra i giovani, sia attraverso la nostra collaborazione con Progetto Policoro Calabria sia intercettando giovani nei territori. Grande merito di questo risultato va a chi lavora quotidianamente in Confcooperative Calabria e nei territori per promuovere il modello cooperativo.”

    Attenzione al territorio, dialogo con università e associazioni, sono la nostra arma vincente per avvicinare i giovani calabresi alla vera cooperazione. – sottolinea ancora Sicoli -. Quelli che emergono sono numeri lusinghieri per la nostra regione, ed in particolare per la nostra associazione, poiché per una volta il nome Calabria e la parola giovani sono legate da un evento positivo e non da fenomeni di emigrazione. Questo per noi è però un incoraggiamento e non di sicuro un traguardo. Il modello cooperativo in Calabria è ancora poco conosciuto tra giovani e giovanissimi, nel corso di questo e dei prossimi anni sicuramente aumenteremo le attività di animazione sul territorio. Mi auguro che dopo la fine della Pandemia, la nostra Regione riparta dal modello cooperativo per dare opportunità ai giovani e generare valore aggiunto che resti ad arricchire il nostro territorio. Questa sarebbe la scelta politica più responsabile e auspicabile per una vera ripartenza.

     


  • growitup-startup

    Il Ministero dello Sviluppo Economico ha presentato al Parlamento la Relazione annuale 2016 sullo stato di attuazione della normativa su startup e PMI innovative. 

    Sono passati ormai più di quattro anni dall’approvazione del Decreto Crescita 2.0, ovvero il provvedimento con il quale lo Stato italiano ha iniziato a promuovere la diffusione di startup innovative, provando a colmare il gap – esistente ancora oggi – con le altre nazioni europee.
    Ogni anno il Mise relaziona al Parlamento e mostra l’andamento dell’ecosistema innovativo nel nostro Paese. Negli ultimi anni ci sono stati ulteriori interventi legislativi. L’ultimo in ordine di tempo riguarda la Legge di Stabilità, approvata lo scorso dicembre, che cerca di incentivare gli investimenti nelle startup, aumentando le detrazioni per gli investitori e inserendo altre agevolazioni, come l’iper-ammortamento su beni 4.0.

    growitup-startupSecondo i dati del Ministero dello Sviluppo economico, al 31 dicembre 2016, sono iscritte nel Registro speciale della Camera di Commercio 6.745 startup innovative, un numero in crescita del 31% su base annua e del 112% rispetto a due anni fa. Come era facile prevedere, dunque, il ritmo di crescita è abbastanza sostenuto.
    L’area territoriale che cresce in maniera più spedita è il Nord-Ovest (+30,7%). Nel 2016, inoltre, abbiamo un risultato per certi versi storico: per la prima volta, infatti, una provincia italiana supera quota mille startup innovative. Si tratta, ovviamente, di Milano che può annoverare 1.040 startup, corrispondenti al 15% del totale nazionale.
    Se guardiamo, invece, all’incidenza delle startup sulle società di capitali, la prima regione è il Trentino Alto Adige, dove 10 società di capitali su 1000 sono una startup innovativa.

    Per quanto riguarda, invece, i settori di attività, il 75% opera nel campo dei servizi: nello specifico il 41% è attivo nel settore dei servizi informatica e software, il 27% nei servizi R&S e attività professionali e tecniche ed il restante 7% rientra nella categoria “altri servizi alle imprese”.
    In settori dedicati principalmente alla ricerca di soluzioni innovative, come quello della ricerca e sviluppo, troviamo un’incidenza maggiore delle startup sulle società di capitali. Nei servizi R&S, infatti, ogni 100 società di capitali 25 sono startup innovative.

    L’universo innovativo cresce anche in materia di capitale umano. In totale, infatti, ci sono 25.622 soci (in media 4,12 per startup) e 9.169 dipendenti (3,49 per impresa), per un totale di 34.979 persone che operano nel settore delle startup innovative, con una crescita del 44,8% nell’ultimo anno.
    Anche le PMI innovative presentano un andamento simile, se non addirittura migliore delle startup. Come riporta il Mise, infatti, oggi in Italia ci sono 434 PMI innovative. La crescita è ancora più imponente rispetto alle startup, basti pensare che il 30 giugno 2016 erano solo 204 le PMI innovative registrate. Come rileva il Ministero dello Sviluppo, la maggior parte sono ex-startup innovative che hanno deciso di passare da un registro ad un altro della Camera di Commercio.


  • internet-italia

    Dallo scorso 20 luglio è possibile costituire una startup innovativa compilando un modulo online e applicando ad esso la firma digitale dei membri dell’impresa nascente. 

    Dopo un inizio stentato (solo 25 startup innovative costituite con la nuova procedura dopo i primi due mesi) il nuovo metodo adesso sembra decollare. Secondo il rapporto fornito dal Ministero dello Sviluppo Economico, al 31 dicembre 2016 sono 225 le startup innovative che hanno utilizzato la nuova procedura di costituzione, di queste 25 sono ancora in fase di iscrizione mentre 200 sono già ufficialmente costituite.
    internet-italiaL’obiettivo della novità normativa, che ha scatenato la protesta dei notai, è diminuire gli adempimenti burocratici per le startup abbattendo tempi e costi. Prima del 20 luglio per aprire una startup era obbligatorio effettuare un atto pubblico dal notaio.
    Oggi, invece, basta compilare un modulo online, fermo restando che gli imprenditori possono comunque scegliere di rivolgersi ad un notaio. La procedura online è gratuita e, secondo il Mise, consente di verificare l’identità dei soci attraverso la firma digitale, rispondendo così ai dubbi esposti dal mondo notarile in merito ai controlli delle identità degli imprenditori e alle conseguenti possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nelle startup.

    Secondo il rapporto del Mise, inoltre, una piccola quota (33 startup) si è affidata alla Camera di commercio della propria provincia per completare la procedura d’iscrizione, mentre 167 hanno provveduto in maniera autonoma. Per quanto riguarda, invece, la distribuzione territoriale, la prima regione per numero di startup innovative costituite con la nuova modalità è la Lombardia con 48, il 26% del totale. In seconda posizione c’è il Veneto con 22 (il 12%) e in terza la Sicilia con 15 (8,3%).
    Il 78,9% delle startup costituite con la nuova modalità opera nel campo dei servizi alle imprese, di queste la metà si occupa di “produzione di software e consulenza informatica”. Il 18%, invece, è attivo nel settore manifatturiero e meno del 3% rientra nella categoria “commercio”.


  • next-energy

    L’industrial design è sempre più diffuso non solo nelle grandi aziende ma anche nelle startup. Una ricerca effettuata dalla NEA (New Enterprise Associate), realizzata su un campione di 400 imprese provenienti da tutto il mondo, appartenenti a settori differenti e situate in fasi diverse di crescita aziendale, mette in luce quante startup mettono il design al centro della loro attività e soprattutto che tipo di risultati economici porta questa scelta strategica. 

    Dall’indagine è emerso che l’87% delle startup intervistate crede che il design sia importante per l’attività aziendale e addirittura l’85% dei CEO o fondatori delle next-energystartup sono coinvolti nel processo decisionale inerente l’attività di design.
    L’aspetto più rilevante della ricerca riguarda però la valutazione dell’impatto economico del disegno industriale. La maggior parte degli intervistati sostiene che puntare sul design significhi aumentare le vendite per via di un migliore e maggiore ascolto delle esigenze dei clienti.
    Un’azienda di questo tipo è alla costante ricerca di soluzioni innovative e vicine ai gusti dei consumatori, non interrompendo mai il processo creativo.
    La customer experience è ormai al centro di qualsiasi decisione strategica, di conseguenza anche la parte dedicata all’estetica non può che assumere un ruolo sempre più rilevante.

    Questo porterà inevitabilmente ad un aumento del numero di designers assunti. La maggior parte delle startup ascoltate, infatti, dichiara di voler aumentare la propria squadra di disegno industriale almeno del 50%.
    Ma quali sono le figure professionali maggiormente richieste? Come è facile immaginare a spuntarla è il product designer, seguito da altre categorie professionali come il visual designer ed il marketing/brand designer. Per quanto riguarda invece l’attività più richiesta, al primo posto c’è ovviamente lo sviluppo del brand, dove la parte creativa ed estetica è dirimente. Bene anche il product marketing e le operazioni di comunicazione.
    Prepariamoci dunque ad assistere ad una vera e propria rivoluzione estetica.



  • La Legge di Stabilità 2017, approvata la scorsa settimana in via definitiva, prevede una serie di interventi per il mondo delle startup e delle PMI innovative. 

    L’intento della manovra finanziaria è favorire gli investimenti privati sia nelle imprese ad alto contenuto tecnologico che in quelle a vocazione sociale. Per raggiungere questo obiettivo la legge di bilancio modifica il quadro delle agevolazioni e ri-finanzia alcuni bandi.
    Una delle novità più importanti riguarda l’innalzamento dell’aliquota di detrazione per i soggetti che investono nelle startup. Viene infatti alzata dal 19 al 30% l’aliquota della detrazione del capitale investito per i soggetti Irpef, mentre per i soggetti Ires la deduzione dal reddito passerà dal 20% attuale al 30%, uniformando così il regime fiscale per entrambe le categorie.

    Il nuovo quadro fiscale non riguarderà solo le startup tecnologiche, ma anche quelle a vocazione sociale e quelle ad alto contenuto tecnologico in ambito energetico.  Per queste ultime l’aliquota attuale è del 25% per le detrazioni e del 27% per le deduzioni.
    La Legge di Stabilità non si limita a modificare le aliquote ma alza anche l’importo massimo detraibile, portandolo per i soggetti Irpef da 500mila euro e 1 milione di euro. Per quelli Ires, invece, viene mantenuta la soglia di 1,8 milioni di euro.

    La finanziaria prova a dare una mano anche a quelle startup che operano in settori ad elevato rischio fallimento. Viene data loro la possibilità di cedere le proprie perdite fiscali relative solo ai primi tre esercizi ad una società quotata in borsa, purché quest’ultima detenga almeno il 20% delle quote azionarie della startup.
    In questo modo le imprese che operano in mercati particolarmente complessi potranno gestire meglio le pressoché inevitabili perdite dei primi mesi di vita, il tutto sotto il vigile controllo del mercato azionario.

    Le novità per l’ecosistema innovativo non si fermano qui. Abbiamo parlato del cambiamento della normativa sull’equity crowdfunding attraverso il quale viene estesa a tutte le PMI, e non solo dunque alle startup e alle PMI innovative, la possibilità di reperire capitale attraverso i portali online.
    La Legge di Stabilità riduce ulteriormente i costi per le startup innovative, esonerandole dal pagamento delle imposte di bollo e dei diritti di segreteria successivi all’atto costitutivo. Si tratta di un ulteriore passo verso la semplificazione delle procedure burocratiche dopo l’introduzione della firma digitale per dare avvio ad una startup.
    Vengono infine rifinanziati alcuni bandi come Nuove imprese a tasso zero, che riceverà ulteriori 47 milioni di euro sia per il 2017 che per il 2018, e Smart & Start, per il quale sono previsti 100 milioni di euro per i prossimi due anni.


  • unicredit start lab 2016

    Il Piano Industria 4.0 è quel programma del Governo che intende favorire gli investimenti privati in innovazione attraverso una serie di incentivi di natura orizzontale. 

    Tra le misure maggiormente reclamizzate c’è sicuramente la conferma del super-ammortamento al 140% per l’acquisto di beni strumentali e l’introduzione dell’iper-ammortamento al 250% per l’acquisto di beni tecnologici.
    Industria 4.0 interviene però anche su uno degli elementi di maggiore debolezza dell’ecosistema innovativo italiano: gli investimenti dei venture capitalist.
    Al momento, in Italia, la spesa del cosiddetto capitalismo di rischio è ferma a quota 130 milioni di euro. Gli investitori decidono spesso e volentieri di dirottare le proprie risorse all’estero, non tanto per lo scarso livello di innovazione delle startup italiane, ma per un contesto fiscale ed amministrativo poco favorevole.
    In Spagna, ovvero un paese con livelli innovazione simili all’Italia, il mercato del venture capitalism è di 534 milioni di euro.

    Attraverso il piano Industria 4.0 il Governo ha quindi deciso di favorire gli investimenti in startup. Lo farà attraverso una serie di agevolazioni che dovrebbero unicredit start lab 2016spingere, nelle idee dell’esecutivo, gli investitori a scommettere nelle imprese innovative italiane.
    Vengono innanzitutto innalzate dal 19 al 30% le detrazioni sugli investimenti in startup e PMI innovative, aumentando anche la soglia massima detraibile da 500mila euro a 1 milione di euro. In sostanza, un’azienda o una persona fisica potrà investire fino ad un milione di euro in un’impresa ad alto contenuto innovativo beneficiando di una detrazione del 30%.
    L’obiettivo ambizioso del Governo è portare entro il 2020 gli investimenti in capitale di rischio a quota 1 miliardo di euro.

    Tra le altre misure finanziarie a supporto dei venture capitalist e delle startup, c’è anche la possibilità che le perdite di una startup nei suoi primi quattro anni di vita possano essere assorbite da una società “sponsor”. Per favorire inoltre lo sviluppo di startup 4.0 ci sarà un programma specifico per gli acceleratori e verrà istituito un fondo venture capitalist per start-up I4.0 in co-matching.
    Si cercherà, infine, di agevolare l’industrializzazione delle idee e dei brevetti ad alto contenuto tecnologico con dei fondi specifici.


  • startup-finanza

    La chiamano open innovation, ovvero quel modello di business adottato da diverse imprese che decidono di aprire (“open”) ad altre realtà. Per competere al meglio sul mercato, non bastano le risorse interne, ma è necessario attingere alle competenze e ai servizi di startup, centri di ricerca ed università. 

    La contaminazione tra società già affermate e piccole realtà che propongono soluzioni innovative deve essere il presupposto di un ecosistema imprenditoriale che startup-finanzavuole essere innovativo e dinamico. Ma oggi quante persone e quante aziende investono realmente nelle startup? Secondo il Primo Osservatorio sui modelli italiani di Open Innovation e di Corporate Venture Capital, promosso da Assolombarda, Italia Startup e Smau, sono 34.963 le persone fisiche che possiedono una quota di partecipazione in una startup iscritta nel registro speciale della Camera di Commercio.
    Le aziende che investono nelle startup sono invece 5.149, raccogliendo il loro capitale in 1.901 startup.

    Chi decide di effettuare un investimento di questo tipo è spesso una realtà avviata, con un fatturato superiore a 50 milioni di euro. Il 60% degli investitori infatti è rappresentato dalle cosiddette large corporate; le PMI che possiedono quote societarie delle startup sono invece solo 400 e le micro-imprese sono 31.
    Uno dei problemi più noti del mondo dell’innovazione italiana è la debolezza del venture capitalism, che presenta livelli di capitale di rischio irrisori, soprattutto se rapportati ai numeri di altri paesi come la Gran Bretagna.
    Un rapporto proficuo di collaborazione e scambio di risorse e conoscenze tra le grandi aziende e le startup può essere, però, una via alternativa allo sviluppo dell’ecosistema innovativo. “Per le startup – ha dichiarato Marco Bicocchi Pichi, Presidente di Italia Startup – è infatti fondamentale l’accesso ai mercati e ai canali distributivi delle imprese medie e grandi e l’investimento nel capitale da parte di queste stesse imprese. I modelli operativi che emergono dallo studio possono aiutare ad accelerare la diffusione della conoscenza e l’adozione di modelli virtuosi di contaminazione tra le imprese, seguendo l’esempio delle più attive, anche in relazione alla grande opportunità di Industria 4.0″.
    Lo studio rivela anche che la maggior parte delle large corporate decide di investire in startup che si occupano di R&D o di produzione di software e servizi informatici.
    Un aspetto interessante della ricerca riguarda, infine, la distribuzione geografica degli investimenti. Il 59% dei soci corporate investe in startup che operano fuori dalla propria regione d’appartenenza. Questo vuol dire che molte delle risorse vengono drenate verso le realtà del Centro e del Sud, attivando così un processo di contaminazione di portata nazionale e non confinata solamente nei distretti industriali.


  • startup-online

    A partire dal 20 luglio per costituire una startup non è più obbligatorio effettuare un atto pubblico dal notaio, ma basta compilare un modulo online ed applicare la firma digitale dei componenti dell’impresa. 

    La nuova procedura ha scatenato subito la protesta dei notai che, tramite il Consiglio nazionale del notariato, hanno fatto ricorso al Tar (fissata l’udienza per il 15 febbraio 2017). A detta dei notai, la nuova legge favorirà i fenomeni del riciclaggio e le infiltrazioni della criminalità nelle startup, non essendo garantito il controllo dell’identità dei componenti dell’azienda.
    startup-onlineSecondo il Mise, al contrario, la nuova modalità presenta diversi aspetti positivi come l’abbattimento dei costi per gli startupper e la semplificazione degli oneri burocratici, garantendo allo stesso tempo la verifica dell’identità dei sottoscrittori attraverso la firma digitale.
    Dopo i primi mesi di sperimentazione, il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato i dati sulle startup innovative che hanno deciso di adottare questa procedura. Fin qui sono 57 le imprese che hanno utilizzato la modalità online, di queste 23 sono in corso di iscrizione e 34 sono già diventate ufficialmente startup.
    In generale, chi ha scelto di non passare dal notaio ha svolto l’intera procedura in maniera autonoma; solo tre aziende, infatti, hanno chiesto l’ausilio delle Camere di Commercio.

    Per quanto riguarda, invece, i profili delle suddette startup, la maggior parte sono attive nel campo dei servizi, nello specifico 8 si occupano di produzione di software e 7 operano nel settore manifatturiero. Dieci di esse invece hanno un capitale compreso tra i 5mila ed i 10mila euro.
    Le regioni con la maggiore concentrazione di startup costituite online sono la Lombardia (7) e la Toscana (5), mentre nel Mezzogiorno sono 3 (2 in Puglia e 1 in Sicilia) le aziende formate con la nuova modalità.
    Se volete formare una startup e intendete seguire la procedura online, la piattaforma messa a disposizione dal Ministero è Atti Startup ed è necessaria l’iscrizione per poter usufruire dei servizi online.


  • le novità della legge sul lavoro autonomo

    Era prevedibile una svolta legale di questo tipo e infatti è puntualmente arrivata: il Consiglio nazionale del Notoriato ha deliberato di presentare ricorso al Tar della Lazio contro il decreto ministeriale 17 febbraio 2016 che consente di costituire una startup attraverso una semplice firma digitale. 

    Negli ultimi giorni vi abbiamo parlato di come questa decisione rappresenti una svolta per i soci delle startup, portandoli a risparmiare ingenti risorse di tempo e denaro (poco meno di 1.000 euro).
    startup-notaioDal 20 luglio è già operativa la piattaforma online Atti Startup attraverso la quale è possibile avere il proprio statuto ed atto costitutivo in pochi minuti e senza muoversi da casa. Si tratta di un importante passo verso la semplificazione e la digitalizzazione dell’economia, una scelta che però ha trovato la forte opposizione dei notai.
    Fino al mese scorso, infatti, per dare avvio ad una startup era necessario stipulare un atto notarile. Oggi viene comunque mantenuta questa possibilità, ma è facile ipotizzare che la maggior parte dei soci delle startup decidano di affidarsi alla più veloce e meno costosa procedura digitale. Tra l’altro Infocamere ha messo a disposizione degli utenti anche una guida che consentirà loro di utilizzare al meglio la nuova piattaforma e di compilare il form per la costituzione della nuova impresa senza commettere errori.

    I notai, dal canto loro, ritengono che l’eliminazione dell’obbligatorietà dell’atto notarile possa portare a fenomeni di riciclaggio e all’infiltrazione della criminalità organizzata nelle startup, venendo limitati i controlli verso chi decide di iniziare un’attività imprenditoriale. La questione dei fenomeni illeciti e dei furti d’identità, possibili con il nuovo sistema digitale, dovranno essere senza dubbio affrontati dal governo per garantire maggiore trasparenza e sicurezza.
    Quello di implementare un meccanismo digitale e semplificato per la costituzione delle startup resta una scelta da valutare positivamente perché darà modo agli startupper di risparmiare risorse fondamentali soprattutto nella fase di lancio di un’impresa.


  • cooperative energia

    Sono 614 le startup italiane che si occupano di energia, circa il 10% dell’intero sistema innovativo nostrano. 

    Lo rivela il Rapporto annuale sull’innovazione energetica realizzato dall’Istituto per la competitività (I-Com) e presentato in occasione del convegno “L’INNOVAZIONE AL CUBO. Energia, mobilità, territori”.
    cooperative energiaIl tema della sostenibilità ambientale sta diventando centrale soprattutto all’interno delle imprese, specie in quelle che intendono avere un forte impatto sociale. Sono nello specifico 16.237 le organizzazioni censite dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, di queste 421 sono cooperative.
    Negli ultimi anni cresce il numero di imprese che vuole applicare soluzioni innovative in questo settore così come sono sempre di più le aziende agricole che richiedono impianti di biomassa e biogas per conciliare produzione e rispetto ambientale.
    Veicolare valori come quelli della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente, inoltre, contribuisce a migliorare l’immagine di un’azienda. Ecco spiegata la crescita delle startup attive nel campo dell’energia.

    Secondo il rapporto di I-Com, il contributo al PIL nazionale delle startup energetiche potrebbe arrivare fino a 173 milioni di euro all’anno, corrispondente a circa il 10% del contributo dell’intero universo delle startup in Italia, stimato attorno ai 1.855 milioni di euro.
    In termini assoluti il contributo economico maggiore lo forniscono le startup dell’energia attive al Nord con 105 milioni di euro. Si tratta di imprese per lo più di piccola dimensione se è vero che circa il 70% ha un fatturato inferiore a 100.000 euro.
    Se allarghiamo, infine, lo sguardo al numero di brevetti depositati, scopriamo dei dati interessanti. Le due regioni che mostrano un rendimento migliore sono infatti Molise e Sardegna, dove circa la metà delle startup ha depositato un brevetto o registrato un software contro ad esempio il 29% della “regina delle startup”, ovvero la Lombardia.


  • growitup-startup

    Da ieri è possibile creare una startup attraverso una semplice firma digitale. Addio, dunque, o meglio arrivederci all’atto notarile, perché sarà comunque possibile costituire una nuova impresa recandosi dal notaio. 

    Con il nuovo procedimento invece basterà invece seguire tutti i passaggi della nuova piattaforma digitale di Infocamere inaugurata proprio ieri. Si chiama Atti Startup e consente a tutti, anche agli utenti non registrati, di costituire la propria impresa online. Basta inserire tutti i dati richiesti come quelli sui soci, la denominazione, la sede legale ed il capitale sociale ed in pochi minuti si potrà avere il proprio atto costitutivo ed il proprio statuto attraverso dei file firma digitaleXML. Entrambi gli atti dovranno essere registrati fiscalmente da parte dell’Agenzia delle Entrate dopodiché dovrà sarà necessaria l’iscrizione della startup al Registro Imprese con una pratica di Comunicazione Unica.
    Fino al 30 settembre 2016 la Camera di Commercio fornisce assistenza gratuita alle imprese, aiutandole a compilare correttamente la nuova modulistica e ad effettuare tutti i passaggi necessari per dare avvio all’attività.
    Infocamere, inoltre, mette a disposizione una guida dettagliata su come usare la nuova piattaforma.
    L’introduzione della firma digitale per la costituzione delle startup è sicuramente una novità rilevante che consentirà di abbattere molti costi, aiutando, ad esempio, quei soci che si trovano in località lontane tra di loro e che non dovranno così sostenere nessuna spesa per recarsi dal notaio.
    Tanto, però, va ancora fatto per ridurre la tassazione e gli adempimenti burocratici in capo alle startup.


  • startup errori

    Crescono i fondi del Ministero dello Sviluppo Economico per le startup innovative. A comunicarlo è il Mise stesso attraverso la pubblicazione dell’8° rapporto bimestrale sull’accesso al Fondo di Garanzia di startup e incubatori. 

    Il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (FGPMI) favorisce l’accesso al credito delle startup mettendo a disposizone una garanzia sui prestiti bancari startup errorifino all’80% del credito erogato dalla banca e fino ad un massimo di 2,5 milioni di euro. Dal 2013 ad oggi sono stati concessi 1.653 finanziamenti per 1.065 startup.
    L’importo medio del finanziamento ricevuto ammonta a 252.868 euro e la durata media è di 54,2 mesi.
    Rispetto ai dati rilevati il 30 aprile 2016, negli ultimi due mesi si registra un cospicuo incremento in termini di startup beneficiarie dello strumento (+128), di totale cumulativo erogato (+55,81 milioni euro), di importo garantito (+44,03 milioni euro) e di operazioni totali effettuate (+226).
    Rimane, invece, piuttosto stabile sia l’entità del prestito medio che la sua durata media.

    Se spostiamo la nostra analisi sui profili territoriali, in termini assoluti la regione che ha ottenuto il maggior numero di finanziamenti da parte del Fondo di Garanzia per le proprie startup innovative è la Lombardia (430), davanti ad Emilia Romagna (204) e Veneto (184). Per quanto riguarda, invece, l’incidenza del numero di startup innovative garantite dal FGPMI in percentuale del numero di startup innovative presenti in ciascuna Regione, al primo posto troviamo il Trentino Alto Adige, che precede il Friuli Venezia Giulia e la Valle d’Aosta. In generale il Nord presenta una capacità di attrarre finanziamenti molto più alta del Mezzogiorno, che vede nella Campania la regione leader sia per numero di finanziamenti ricevuti (91) che per importo complessivo erogato (15.909.470 euro).