Sono 669 le richieste di adesione al “bollino etico”, la certificazione per le imprese agricole che applicano regolari contratti di lavoro per i lavoratori stagionali e non. Di queste solo 207 sono state ammesse, 399 sono in attesa di documentazione, 51 quelle sottoposte ad ulteriore documentazione e 12 quelle respinte.
Lo strumento è stato istituito tre mesi fa con l’obiettivo di contrastare il fenomeno del caporalato, valorizzando le aziende che non hanno condanne penali in materia di lavoro, legislazione sociale ed imposte e che non hanno ricevuto sanzioni amministrative negli ultimi tre anni.
Insieme al “bollino etico” è stata creata anche la Rete del Lavoro agricolo di qualità, un sistema in grado di tutelare le imprese che applicano il giusto prezzo ai prodotti agricoli e che non sfruttano il lavoro nero.
In questi primi mesi di attività, però, le misure messe in campo dall’Inps si sono rivelate un fallimento. Come riporta il Corriere della Sera sono un’impresa su mille ha ottenuto il bollino etico e soprattutto sono ancora molte quelle che non l’hanno neppure richiesto, forse a causa di un’informazione poco efficiente e per la certezza di non riuscire ad entrare in questa rete virtuosa.
Il presidente dell’Alleanza delle Cooperative agroalimentari, Giorgio Mercuri, è stato uno dei primi ad ricevere la certificazione etica per l’attività all’interno della sua cooperativa foggiana.
In un’intervista al Corriere della Sera, Mercuri individua nelle richieste della grande distribuzione una delle cause della scarsa adesione all’iniziativa: «Quando noi vendiamo ad imprese del Nord Europa o della Svizzera – commenta il vertice della centrale di rappresentanza cooperativa – queste non ritirano il prodotto se non dimostriamo che lavoriamo in regola e sono disposte per questo a pagarlo un po’ di più. Da noi, invece, la grande distribuzione da una parte ha inviato una circolare ai fornitori invitandoli ad iscriversi alla Rete del lavoro agricolo di qualità, ma dall’altra continua ad acquistare il prodotto fresco a chi offre di meno».
Il fenomeno del caporalato, dunque, è una questione che riguarda la legalità, ma abbraccia anche le caratteristiche attuali del mercato italiano, sempre più orientato verso la competitività dei prezzi con conseguenti ripercussioni sulla qualità e sul regolare svolgimento dei rapporti di lavoro degli addetti del settore agricolo.