• I Big Data sono probabilmente la più grande realtà dell’economia digitale. I metodi analitici di raccolta, elaborazione ed applicazione dei dati sono diffusi in ogni campo della vita sociale ed economica.
    Anche l’agricoltura è coinvolta nei processi della rivoluzione digitale, ma non c’è ancora un uso intensivo e soprattutto aggregato dei big data.

    A proposito di questo argomento un interessante articolo di Business Insider ci offre la possibilità di effettuare alcune riflessioni soprattutto sul contesto italiano, dove l’eventualità di un utilizzo di tecnologie di questo tipo è ancora piuttosto remota.
    L’innovazione, in Italia, è applicata principalmente ai metodi produttivi piuttosto che all’analisi dei prodotti e del contesto fisico e meteorologico.
    Negli Stati Uniti d’America, big data agricolturacome riporta Business Insider, il 60% delle aziende agricole possiede un sistema di analisi dei dati e l’80% delle telecamere e dei sensori sono posizionati sui trattori.
    In questo modo è possibile effettuare dei veri e propri report sul tipo di fertilità del terreno, sulle caratteristiche di determinate sostanze chimiche o anche sugli effetti delle condizioni atmosferiche sulla qualità dei prodotti. Per non parlare dell’utilità dei sensori che rilevano eventuali perturbazioni o ondate di caldo che possono provocare gravi danni alle coltivazioni.
    Questo tipo di analisi, anche se abbastanza diffusa negli Stati Uniti, risulta essere relegata alle singole aziende: i dati elaborati dai vari sistemi, infatti, non vengono aggregati; non c’è un effettivo scambio di informazioni tra produttori che renderebbe i big data ancora più efficienti.
    Le aziende, infatti, vivono i dati in loro possesso quasi come un segreto aziendale, per cui hanno difficoltà a diffonderli impedendo così all’intero sistema agricolo americano di essere più performante.

    Ovviamente, per implementare questi sistemi sono necessari ingenti investimenti, che non tutte le aziende agricole italiane possono permettersi, soprattutto in una fase di recessione.
    Un investimento tecnologico di questo tipo potrebbe essere, però, affrontato, dalle grandi cooperative e dai consorzi che uniscono diversi produttori e associati. Una condivisione dei dati tra soci produttori operanti in diverse zone d’Italia rappresenterebbe certamente un salto di qualità, sia in termini di visione aziendale che di efficacia della produzione.
    Allo stato attuale, se escludiamo alcune intuizioni di pochi isolati imprenditori, la nostra agricoltura fatica a ragionare in questi termini, ma il rischio di avere degli svantaggi competitivi nel medio periodo è palpabile.
    Ecco perché è quanto mai necessario quantomeno iniziare a discutere di queste tematiche e farle conoscere a chi fa impresa nel nostro Paese.