Qual è il contesto economico nel quale si trova ad operare l’agricoltura calabrese?
Un ambiente non dei più facili, stando a quanto emerge dall’analisi effettuata dal Gruppo di Ricerca Economica e Sociale di Confcooperative Calabria.
L’agroalimentare può rappresentare una risorsa enorme per la Calabria, agendo da vero e proprio volano per lo sviluppo del territorio e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Ma i risultati delle politiche agricole degli ultimi sette anni sono stati fallimentari. L’inizio dell’era del Piani di Sviluppo Rurale, con conseguenti risorse derivanti dall’Unione Europea, non ha contribuito alla crescita del comparto, né dal punto di vista degli investimenti né da quello del valore aggiunto.
Confcooperative Calabria mette a confronto i dati Istat dell’Italia e quelli del Calabria dell’anno 2007 ed il 2014, cercando di individuare le maggiori differenze.
In italia, tra il 2007 ed il 2014, la produzione di beni e servizi dell’agricoltura è aumentata del 10%, mentre in Calabria è addirittura diminuita del 20%.
Una dinamica simile la troviamo nell’analisi del valore aggiunto del settore agricolo, dove nello stesso periodo di riferimento l’Italia guadagna 6 punti percentuali mentre la regione calabrese perde ben 29 punti.
Anche gli investimenti in agricoltura sono protagonisti di un vero e proprio crollo dal 2007 al 2014, con 56,5 punti percentuali persi in soli sette anni.
È evidente come un simile quadro macroeconomico renda impossibile la crescita di un settore strategico per l’economia, perché l’agricoltura, con il 13,4% di occupati, rimane il secondo comparto in termini occupazionali della regione Calabria.
Risulta, dunque, di difficile comprensione come e perché le istituzioni locali abbiano deciso di ridurre gli investimenti o di dirottare le risorse su progetti fallimentari, seguendo il modus operandi tipico italiano del “finanziamento a pioggia”.
Ma l’aspetto più sorprendente dell’analisi di Confcooperative è che, nonostante la riduzione degli investimenti, l’agricoltura calabrese sia riuscita a mantenere pressoché inalterati i livelli occupazionali, adeguando persino il reddito dei lavoratori ed incentivando il lavoro regolare.
In base al confronto tra i dati italiani e quelli calabresi, in Italia, dal 2007 al 2014, gli occupati in agricoltura sono diminuiti del 3,5% contro una variazione del 2,4% in Calabria. Il settore agricolo calabrese, dunque, in termini occupazionali si è dimostrato maggiormente resistente alla crisi rispetto quello nazionale. Un risultato confermato dalle elaborazioni sul reddito da lavoro dipendente in agricoltura, cresciuto del 12% in Italia e del 10% in Calabria.
Il contesto calabrese ha dimostrato, infine, di compiere dei passi in avanti in termini di implementazione del lavoro regolare, in un quadro molto difficile, considerata la persistenza delle pratiche di caporalato e di lavoro nero.
Mentre l’Italia, dal 2007 al 2013, vedeva aumentare il proprio tasso di irregolarità relativo al comparto agricolo del 9%, la Calabria nello stesso periodo faceva registrare una riduzione del lavoro irregolare del 6%.
Tutti gli altri settore economici calabresi, invece, hanno visto un aumento anche abbastanza corposo del lavoro nero.
Il mondo dell’imprenditoria agricola calabrese, dunque, sembra essersi distinto negli ultimi anni per comportamenti virtuosi, a dispetto di un contesto economico e politico dei più difficili.
Confcooperative Calabria, nelle conclusioni dello studio svolto, si augura che l’analisi pubblicata dia un nuovo impulso alla discussione, innanzitutto, e poi all’attuazione quotidiana e concreta delle scelte politiche, per avviare una netta e repentina inversione di tendenza.