Dal 2011 al 2015 sono stati creati, in Italia, 49 workers buyout, capaci di generare un fatturato di 178 milioni di euro e di occupare 1.173 addetti.
Sono questi i dati delle cooperative nate dalle ceneri di aziende sulla via del fallimento e salvate dagli stessi lavoratori. Il fenomeno dei workers buyout è in forte crescita e si sta affermando non solo al Centro-Nord, storica patria delle coop, ma anche al Sud, dove la Regione Campania ha istituito un fondo rotativo apposito o in Calabria, dove la Regione ha da poco creato un meccanismo per finanziare le cooperative attraverso i fondi europei.
In assoluto, però, la regina dei workers buyout è l’Emilia Romagna che ha visto nascere 16 coop negli ultimi 5 anni sotto l’impulso dei lavoratori che hanno investito i propri risparmi ed il proprio trattamento di fine rapporto per salvare la propria azienda.
I wbo emiliani generano oggi un fatturato di 72 milioni di euro e danno lavoro a 386 persone, distribuendosi in maniera uniforme su tutto il territorio regionale (2 a Rimini; 8 a Reggio Emilia; 3 a Ravenna; 1 a Parma; 4 a Modena; 2 a Ferrara; 30 a Forlì-Cesena; 6 a Bologna). La Regione Emilia Romagna ha creato un portale sui workers buyout, che fornisce ai lavoratori una serie di informazioni su quali sono i passaggi da effettuare e le norme da seguire per dare vita ad un’impresa cooperativa.
È fondamentale, ovviamente, anche l’aspetto finanziario. Come riportato nell’edizione odierna de Il Sole 24 ore, i lavoratori investono in media tra i 12 ed i 15 mila euro e grazie anche all’aiuto delle associazioni di rappresentanza delle cooperative e ai relativi fondi per la promozione cooperativa, riescono in poco tempo a portare il capitale dell’azienda su ottimi livelli.
Da trent’anni è attivo il CFI (Cooperazione finanza e impresa), la società cooperativa lanciata da Agci, Legacoop e Confcooperative, per promuovere le imprese cooperative ed i workers buyout. Come dichiarato da Maurizio De Santis, consigliere di CFI, a Il Sole 24 Ore, “tra 2007 e 2014 gli investimenti veicolati da CFI hanno generato un ritorno per lo Stato pari a 6,8 volte il capitale impiegato: con 84 milioni di capitale di rotazione gestito da CFI, sono ritornati alla collettività 576 milioni tra dividendi, interessi attivi, oneri sociali, Irpef e imposte versate dalle coop“.
I workers buyout, dunque, non sono solo uno strumento anti-crisi, ma anche fattore di crescita per le comunità locali e lo Stato.