Le politiche di sviluppo del Mezzogiorno devono fare i conti con una quantità di incentivi per le imprese meridionali piuttosto scarsa.
In base ad un’indagine condotta da il quotidiano Il Mattino sui dati del Rapport Svimez 2015, è emerso che solamente il 16% degli incentivi statali arriva al Sud.
La maggior parte delle risorse viene drenata al Nord, per effetto soprattutto della presenza di imprese di grandi dimensioni.
Il Fondo strategico italiano, ad esempio, destina il 100% dei 4,4 miliardi disponibili alle grandi aziende del Nord.
Ma non è solo un problema di dimensioni, se consideriamo che solo il 3% delle risorse del Fondo italiano investimenti per le piccole imprese (1,2 miliardi) arriva al Sud.
Un altro strumento importante è l’Ace (Aiuto di crescita economica) che destina 4,2 miliardi per agevolazioni Ires e 890 milioni di sgravi fiscali Irpef. Anche in questo caso solo l’11% arriva nelle realtà aziendali meridionali.
E non basta l’esistenza di Fondi creati appositamente per il Sud come il Piano Sud Ice, Smart&Start e i contratti di sviluppo, per migliorare il tessuto imprenditoriale meridonale.
Si tratta, infatti, di investimenti piuttosto limitati, se paragonati a quelli del Fondo strategico e del Fondo Investimenti.
Il Piano Sud Ice, ad esempio, ha una dotazione finanziaria di 50 milioni di euro, mentre Smart&Start dispone di 75 milioni di euro.
Subito dopo l’uscita del rapporto Svimez, si era fatta strada l’ipotesi di un taglio dell’Ires per le Pmi meridionali, da inserire nella Legge di Stabilità.
Un provvedimento che non ha mai visto la luce, anche per evitare il possibile richiamo dell’Ue che vieta agevolazioni fiscali circoscritte a macro-aree territoriali.
Manca, ad ogni modo, nella Legge di Stabilità 2016 un intervento specifico per le imprese meridionali, destinate così ad aumentare il proprio gap competitivo con le aziende del Centro Nord e con le altre realtà europee.