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    L’Italia gode della fiducia dell’Unione Europea. E questa è già una notizia, considerato il recente passato.
    La Commissione ha valutato positivamente gli interventi presenti nella Legge di Stabilità e crede nelle riforme proposte dal Governo Renzi.
    I risultati in termini di produttività e di diminuzione del tasso di disoccupazione faticano, però, ad arrivare.
    Nonostante ciò l’Ue intravede nell’operato del nuovo esecutivo un piano ben preciso, volto a modernizzare l’intero paese.

    eurogruppoI segnali di fiducia verso l’Italia sono stati evidenti in questi mesi. Dal quantitative easing all’aumento della flessibilità nell’interpretazione del Patto di Stabilità.
    Bruxelles prova a porgere la mano a quei paesi che stanno provando ad attuare le riforme richieste, seppur tra le mille difficoltà inevitabili in periodo di recessione.
    Ma c’è di più. L’Unione Europea è persino obbligata a concedere fiducia a stati, come l’Italia, che chiedono maggiore flessibilità nel raggiungimento degli obiettivi di natura contabile.
    Le ultime elezioni europee hanno parlato in maniera chiara: gli “euro-populismi” sono dietro l’angolo, urge un’inversione di tendenza nelle politiche economiche e monetarie dell’Unione Europea.
    Il tempo della spending review senza crescita è terminato.

    Nonostante il clima di fiducia imperante e diffuso nei confronti dell’Italia, la Commissione non esita comunque a redarguirla attraverso i rilievi sulla Legge di Stabilità: “Povertà ed esclusione sono ampiamente cresciute, mentre il sistema di protezione è frammentato”.
    Una situazione di disagio ancora più evidente al Sud: le disuguaglianze territoriali in Italia sono diventati ormai strutturali.
    La povertà e le differenze tra Nord e Sud sono da tempo una questione problematica per il nostro paese.
    Il finanziamento da parte dell’Ue di fondi destinati a territori disagiati, come appunto il Mezzogiorno, non ha portato i frutti sperati.
    Al contrario, il cattivo utilizzo di queste risorse ha provocato reazioni sdegnate da parte delle istituzioni europee, facendo paventare la possibilità concreta di una riduzione degli investimenti per il Sud.
    L’Italia dovrà intervenire, dunque, per ridurre le disuguaglianze territoriali ed economiche.
    Le riforme da sole non basteranno, dovranno essere accompagnate da un preciso piano di investimenti, in grado di rilanciare l’economia dal basso e di colmare il gap con le realtà europee più floride.