• Nei primi sette mesi del 2015 sono stati stipulati 286.126 contratti a tempo indeterminato in più rispetto allo stesso periodo del 2014.
    A riportarlo è l’Inps che ha fornito oggi i dati dettagliati sulla forme contrattuali a tempo indeterminato, quelle a termine, di apprendistato e le trasformazioni in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

    I primi sette mesi del 2015, secondo l’Inps, sono stati particolarmente positivi per effetto delle decontribuzioni fino a 8mila per i nuovi assunti a tempo indeterminato e per merito del Jobs Act.
    Sono aumentate allo stesso tempo anche le cessazioni (+41.006). Il saldo, però, tra attivazioni e cessazioni è positivo: siamo renzi inpsa 3.298.361 nuovi rapporti di lavoro contro 2.592.233 interruzioni. C’è, dunque, una variazione positiva di +706.128 contro il +470.604 dei primi sette mesi del 2014.
    Se circoscriviamo il confronto ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, il saldo tra attivazioni e cessazioni è di +140mila unità. In tutto da gennaio a luglio sono stati stipulati 1.093.584 nuovi contratti a tempo indeterminato, il 35,4% in più dell’anno precedente.
    La modifica dell’articolo 18, quindi, ha aumentato la flessibilità all’interno del rapporto, ma ha portato i privati ad assumere nuovi addetti.
    Il contratto a tempo indeterminato è diventato il nuovo baricentro normativo: un’azienda che decidere di istituire un nuovo rapporto ha un vantaggio fiscale nell’adottare questo tipo di contratto, a maggior ragione se può interrompere precocemente il suddetto rapporto senza essere costretta alla reintegra in seguito alla pronuncia del giudice.
    I dati dell’Inps sono quelli che il Governo ed il Premier Matteo Renzi si attendevano. Il Primo Ministro ha subito commentato con soddisfazione queste elaborazioni su Twitter: “Il Jobs Act ha prodotto 286mila stabilizzazioni dall’inizio del 2015. Più diritti e meno precariato, come promesso #italiariparte”.

    Non ci sono, però, solo notizie positive. All’incremento del lavoro subordinato a tempo indeterminato corrisponde la diminuzione del numero di nuove partite Iva aperte.
    A comunicarlo è il Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo il quale c’è stata una variazione negativa del -6,9% rispetto a luglio 2014. Diminuisce, dunque, il numero di nuovi professionisti, ma c’è una spiegazione chiara.
    Nell’ultima Legge di Stabilità è stato inserito un aumento dei contributi per le partite Iva ed i freelance che arriveranno dal 27% attuale al 33%; è stato modificato anche il regime dei minimi per cui i professionisti che guadagnano 15.000 euro dovranno pagare un 15% di tasse.
    Il precedente regime prevedeva , invece, una tassazione agevolata, corrispondente al 5% del reddito, per tutti i professionisti con un guadagno annuo inferiore a 30.000 euro.
    L’aumento delle imposte è stato, dunque, rilevante e nonostante le promesse del premier in merito ad un cambiamento della nuova normativa ancora nulla è stato fatto.
    Il risultato ovvio è la netta diminuzione dell’apertura di partite Iva, con molti professionisti che hanno trovato più conveniente instaurare rapporti di lavoro subordinato.