• Sentenza storica a favore del lavoro etico

    Pasquale Natuzi - il Ci sono voluti tre anni di indagini, interrogatori, controinterrogatori, dibattimenti e, finalmente, la sentenza è arrivata.

    Il Tribunale di Forlì ha condannato in primo grado otto persone, quattro imprenditori, due artigiani e altre due persone straniere non meglio qualificate nella loro attività, per aver abbassato i costi di produzione violando sistematicamente le norme sulla sicurezza del lavoro.

    Una sentenza storica, nata grazie all’iniziativa di Pasquale Natuzzi, il “re dei divani”, e di altre due imprenditrici emiliane: Elena Ciocca e Manuela Amadori, le prime a denunciare nel 2009 questo scandalo. Scandalo che ha avuto la sua eco anche attraverso una puntata di Report dedicata alla vicende delle due artigiane romagnole costrette a chiudere le loro attività proprio a causa di questa forma di concorrenza sleale.

    La sentenza non solo ha condannato l’accordo intercorso tra gli imprenditori italiani e quelli cinesi, quello che ha favorito i minori costi di produzione legati allo sfruttamento della mano d’opera, ma che ha anche riconosciuto i danni alla Camera di Commercio e ai Comuni di Forlì, Bertinoro e Castrocaro costituitisi parte civile.

    La “storicità” della stessa è imputabile al fatto che per la prima volta viene riconosciuto lo sfruttamento del lavoro quale meccanismo contorto del mercato in vista di una diminuzione dei costi di produzione. Un fenomeno triste di cui in nostro Bel Paese è intriso, soprattutto in molte aree del sud, nell’assoluto silenzio di sindacati, istituzioni e, talvolta, degli stessi e delle stesse operai e operaie.

    Non si tratta solo di un problema di sicurezza sul lavoro quanto, piuttosto, di quella eticità spesso annunciata e tante volte, purtroppo, sottesa. Un fenomeno che non risparmia nessun settore produttivo: dal tessile a quello manifatturiero, dall’agricoltura al facchinaggio, dalla ristorazione alla produzione di giocattoli o di calzature. Persino nella produzione di alimenti.

    Cosa fare? Consumare eticamente. È possibile ed è un dovere per ciascuno di noi: talvolta basta soffermarsi con attenzione sull’etichetta dei beni acquistati o informarsi sulle aziende produttrici. Sono molte le associazioni di consumatori che possono esserci di aiuto su questo fronte.

    Natuzzi per festeggiare la storica sentenza ha acquistato una pagina su un quotidiano nazionale. Noi non aspiriamo a tanto. Ci basta promuovere una cultura della legalità facendo bene i nostri acquisti: quelli di prima necessità e quelli voluttuari. Quotidianamente.