• Il Rapporto coop 2015 analizza la situazione economica italiana, concentrandosi su diversi aspetti: dal grado di mobilità sociale al livello di povertà, passando per le stime sul Pil e le abitudini alimentari e gli stili di vita degli italiani.
    Ne viene fuori un quadro completo sulla realtà italiana post crisi: un contesto economico e sociale profondamente cambiato dagli effetti della recessione e ancora più dalla rivoluzione digitale e dai nuovi tipi di consumi.

    Secondo il rapporto realizzato dall’Ufficio Studi Ancc-Coop, con la collaborazione scientifica di REF Ricerche e il supporto d’analisi di Nielsen e Coop Italia, il nostro paese presenta segnali di ripresa, evidenziati non tanto dalle stime sul Pil (dato in crescita dello 0,7% entro fine anno), ma dal cambiamento del sentiment della popolazione.
    Il 52% dei cittadini italiani (contro il 41% di un anno fa) dichiara, infatti, di considerare invariata o addirittura migliorata la propria situazione economica.
    Uno stato d’animo ed una convinzione che deve, però, fare i conti con un contesto sociale dei più difficili. La crisi ha causato la lenta ed inesorabile erosione della rapporto coop 2015classe media: il 42% degli italiani si definisce appartenente a questa classe sociale contro il 53% del 2008.
    Si è invece rafforzata in termini numerici la classe operaia, se è vero che il 52% dichiara di sentirsi un operaio (era il 41% nel 2008).
    C’è, dunque, una sempre maggiore concentrazione della ricchezza verso l’alto testimoniata anche dal fatto che il 20% delle famiglie detiene il 38% del reddito complessivo del Paese ed un terzo della popolazione è a rischio povertà.
    A questi problemi si aggiunge l’ormai cronico sottosviluppo del Sud e le evidenti differenze economiche e sociali tra aree estremamente ricche come il Trentino Alto Adige ed altre in grave difficoltà come la Calabria.
    Basti pensare che tra la spesa mensile media nella città di Trento e quella calabrese ci sono addirittura 1000 euro di differenza. È fuori dubbio, dunque, che l’Italia sia un paese che viaggia a due, se non a tre velocità ed è inconcepibile che questo divario territoriale aumenti anziché diminuire.

    L’Italia post crisi, però, si mostra cambiata anche negli stili di vita e nella tipologia di consumi effettuati.
    La rivoluzione digitale sembra attrarre gli italiani più degli altri cittadini europei. Siamo, infatti, il popolo più connesso con 6 ore al giorno su Internet tra pc e smartphone e uno dei più affascinati dalla vendita di cibo online (il 70% considera la rete un canale alternativo per l’acquisto di generi alimentari) e dall’utilizzo dei robot domestici (il 17% degli italiani lo possiede, primi in Europa).
    Nonostante, dunque, il nostro paese presenti dei gravi ritardi in tema di economia digitale, innovazione e banda larga, i cittadini spingono per la digitalizzazione del Paese.
    Ma non è solo la rivoluzione digitale ad avere cambiato le abitudini degli italiani, ma anche i consumi alimentari. L’italiano medio è molto più attento all’alimentazione salutare e al cosiddetto cibo della rinuncia: il 10%, infatti, è vegetariano (percentuale più alta in Europa) ed il 2% è vegano.
    C’è, inoltre, una crescita esponenziale del cibo biologico (+20% rispetto al 2014 con il mercato che ha raggiunto un valore pari a 2,5 miliardi di euro) ed una riduzione dei vizi (fumo ed alcool). Questa tendenza a curare in maniera attenta la propria salute ci porta ad essere la nazione con più palestre in Europa (oltre 12.000) e con i cittadini più magri di tutto il Vecchio Continente.