I sindaci sono responsabili in via solidale con gli amministratori quando, in caso di perdite che superano il capitale sociale, non convocano l’assemblea per gli opportuni provvedimenti. Il danno risarcibile va imputato in solido a tutti gli amministratori e sindaci che si erano succeduti negli esercizi nei quali le perdite si sono
prodotte. È quanto emerge dalla sentenza di Cassazione civile n. 10452 del 14 marzo 2014 depositata il 14 maggio.
Il curatore fallimentare di una cooperativa a responsabilità limitata conveniva in giudizio tutti gli amministratori e sindaci succedutesi nella gestione della società durante gli esercizi in cui la perdita aveva completamente eroso il capitale sociale. L’obbligo di adottare gli opportuni provvedimenti, che il codice prevede in dette situazioni, doveva già essere assolto alla chiusura del bilancio relativo al 1979 (ultimo bilancio approvato dai vecchi sindaci poi sostituti), in cui il capitale risultava completamente eroso per perdite, ed inoltre le perdite erano continuate negli esercizi sociali relativi al 1980 e 1981. Il danno imputato solidalmente ad amministratori e sindaci (euro 206.582 oltre rivalutazione e interessi) è stato quantificato dal giudice di prime cure pari alla perdita realizzata dalla società negli esercizi 1980 e 1981.
La Suprema corte, respingendo ogni motivo di ricorso, ribadisce alcuni concetti ormai pacifici nella giurisprudenza di merito e di legittimità (si veda Trib. Milano 3 febbraio 2010; Cass. 6 settembre 2007, n. 18728 ; Cass. 24 marzo 1999, n. 2772). La sentenza della Cassazione, confermando le pronunce di primo e di secondo grado, individua nella «prosecuzione dell’attività, malgrado le perdite dell’intero capitale sociale, la condotta illecita degli amministratori e, nella mancata assunzione di iniziative, la fonte di responsabilità dei sindaci». Secondo i giudici non rappresenta una causa di esclusione della responsabilità, per i sindaci subentranti, il fatto che alcune irregolarità (in particolare la perdita che erodeva il capitale) già emergessero nei bilanci approvati anteriormente alla loro nomina. Da segnalare, inoltre, che la Corte d’appello di Catania, chiamata in causa nel confermare la decisione di primo grado aveva nella fattispecie ritenuto irrilevante, ai fini del danno imputabile ai nuovi sindaci, il fatto che gli stessi, dopo pochi mesi dal loro subentro avessero segnalato al presidente del cda ammanchi di cassa, poiché la loro colpa era stata quella di non aver vigilato, in conformità agli obblighi della carica, ed evitato il danno con una tempestiva convocazione assembleare (ex art. 2406 c.c.).