E se il 2016 fosse l’anno delle startup? La domanda è legittima, la risposta tutt’altro che scontata.
Il sistema delle startup innovative è, però, in forte crescita anche nel nostro Paese. E non è solo una questione di numeri (il tasso di mortalità delle imprese nascenti dopo il primo anno di attività è ancora troppo elevato in Italia), ma soprattutto un aspetto culturale.
Secondo il 49° Rapporto Censis, uscito non più tardi di un mese fa,nel 2014 sono 941mila i giovani lavoratori autonomi italiani (numero più alto tra i paesi europei) con circa 7.000 giovanissimi titolari d’impresa in più oggi rispetto al 2009 (+20,4%) ed il 15% dei giovani under 30 che sogna di avviare una startup, .
In generale, è in crescita la percentuale di italiani che ritiene che il fenomeno delle startup non sia passeggero, ma che anzi sia destinato a cambiare l’economia italiana.
Pensare, dunque, che il 2016 possa essere l’anno delle startup è un’ipotesi tutt’altro che peregrina, se pensiamo anche che la normativa del decreto crescita 2.0 ha creato un sistema fiscale favorevole alla creazione di nuove imprese.
L’Italia, però, come più volte sottolineato in questa sede, manca ancora di un sistema di equity crowdfunding e di venture capital degno di questo nome.
La maggior parte delle risorse arriva attraverso finanziamenti di amici e parenti o tramite bandi pubblici.
Come sottolinea il portale Inc.com, però, questo sembra essere un momento favorevole per usufruire di risorse provenienti da piattaforme come Kickstarter o ricevere un finanziamento da parte di un business angel. Siamo, infatti, nel momento storico di più grande diffusione di questi due strumenti.
Negli Stati Uniti, per fare un esempio, è estremamente facile ottenere un contributo finanziario da parte di un fondo venture capital, a patto di presentare un business plan credibile ed un’idea realmente innovativa.
Come suggerisce Inc, recenti studi hanno dimostrato, inoltre, che i consumatori preferiscono le piccole imprese alle grandi realtà aziendali. La cultura del “piccolo” è sempre più diffusa: un’azienda di piccole dimensioni viene ritenuta, infatti, più vicina alle comunità locali ed in grado di interpretarne bisogni.
Questo vuol dire che ci sarà sempre più spazio anche per le piccole realtà cooperative, che hanno sofferto gli effetti perversi della crisi, ma che continuano ad operare agendo in funzione della collettività di riferimento.
Creare una propria azienda, inoltre, rende l’imprenditore più felice. Essere datori di lavori di sé stessi viene ritenuta come un’esperienza più appagante rispetto a lavorare alle dipendenze di qualcuno.
Ci sono, dunque, ottime ragioni per credere che il 2016 possa essere a tutti gli effetti l’anno delle startup.