Partiamo da lontano. Dal significato dei termini inglesi “spending review”: revisione della spesa, in altre parole, analisi dei capitoli di spesa nell’ambito dei programmi delle attività che ogni singolo dicastero deve attuare al fine di individuare le voci passibili di tagli, evitando inefficienze e sprechi di denaro.
È il modo più immediato per tenere sotto controllo la spesa pubblica a favore di un bilancio, quello dello Stato, più efficiente.
Monti lo aveva annunciato e lo ha fatto e su questo non possiamo dire di non esser stato di parola: sette ore di Consiglio dei Ministri sono servite per tagliare in modo netto la spesa per i prossimi tre anni. 4,5 miliardi in questo anno, 10,5 nel 2013 e 11 miliardi nel 2014: complessivamente 26 miliardi in vigore da oggi.
Ce né per tutti: entro il prossimo anno spariranno le Province più piccole con l’obiettivo di dimezzarle. Entro l’1 gennaio vengono istituite dieci città metropolitane; tagli sugli statali del 20% degli uffici dirigenziali e del 10% del personale. Stessa sorte anche gli organici dei militari; tagli progressivi a Comuni e Provincie sulle risorse dovute dallo Stato a questi enti; 3 miliardi in meno anche per la sanità. Via 18mila posti letto entro novembre. Appalti tagliati del 5%; idem per 37 tribunali e 38 procure. Chiusura per tutte le 220 sezioni distaccate.
Un risparmio doloroso che, d’altra parte, nasconde qualche virtù. La pagella per gli statali al fine di valutare organizzazioni e persone tra i dipendenti pubblici; riduzione della spesa per le auto blu; pagelle e note on line e iscrizioni alle scuole di ogni ordine e grado; 90milioni in più alle Università per prestiti d’onore e borse di studio da ripartire tra le regioni; dipendenti di polizia sotto i 32 anni utilizzati in servizi operativi; commissari liquidatori di enti pubblici con incarichi non superiori a tre anni; buoni pasto non superiori a 7 euro; tagli anche ai costi delle intercettazioni.
Risparmi che serviranno per sostenere le popolazioni colpite dal terremoto; per coprire la spesa degli ulteriori 55mila lavoratori esodati oltre ai primi 65mila già interessati e per libri gratis per la scuola dell’obbligo. E, “notiziona”, tutto ciò consente il rinvio dell’aumento dell’iva (due punti) al primo luglio 2013.
Occorreva intervenire e così è stato. Tuttavia più di un dubbio assale il cittadino comune, quello che giorno per giorno fa i conti con le necessità quotidiane.
Tagli indiscriminati, anche senza consultazioni, colpiscono le fasce più deboli della popolazione aumentando le diseguaglianze tra la popolazione. Ne sanno qualcosa gli operatori dei servizi sociali, le famiglie dei militari vittime dell’uranio impoverito, diverse realtà territoriali pervase dalla delinquenza (più o meno organizzata) che si vedono private di tribunali e procure.
E la casta? Tutti quei privilegi (benefit, stipendi e pensioni d’oro), che cozzano contro ogni logica di parità e di risparmio, per quanto “poco” incidano sulla spesa pubblica, perché non toccarli? Perché non mandare alla povera gente un segnale chiaro e forte anche in quella direzione?
Sarà, probabilmente, populismo di bassa lega, ma nei sentimenti della gente fa male. Eccome se fa male!