Con una recente sentenza, la n. 6835 del 24.03.2014, la Cassazione ha chiarito quali siano i presupposti per la fallibilità di una cooperativa.
Secondo quando disposto dall’art. 2545 terdecies c.c. “Le cooperative che svolgono attività commerciale sono soggette anche al fallimento”. Si rende quindi necessario individuare gli elementi che permettano di imputare ad una cooperativa lo svolgimento di una attività commerciale, ovvero quando l’impresa possa essere qualificata come “commerciale”: sul punto bisogna verificare la presenza, oltre che dell’autonomia gestionale, finanziaria e contabile, del perseguimento di un c.d. lucro oggettivo, ossia il rispetto del criterio di economicità della gestione, quale tendenziale proporzionalità di costi e ricavi, in quanto questi ultimi tendano a coprire i primi (almeno nel medio-lungo periodo); ne deriva una nozione di imprenditore ai sensi dell’art. 2082 c.c. intesa in senso oggettivo, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, il quale riguarda il movente soggettivo che induce l’imprenditore ad esercitare la sua attività. Pertanto, anche la natura commerciale dell’attività svolta da una società cooperativa deriva esclusivamente dalla circostanza obiettiva che essa eserciti (o abbia esercitato) questo tipo di attività: è pacifico in giurisprudenza che la società cooperativa può ben avere anche uno scopo di lucro (ad esempio è stata qualificata come imprenditore commerciale la cooperativa edilizia che venda a terzi gli alloggi realizzati).
Con la sentenza sopra indicata la Suprema Corte ha affermato il seguente principio: “Lo scopo mutualistico di una società cooperativa non è inconciliabile con quello di lucro, quale obiettiva economicità della gestione, potendo i due fini coesistere ed essere rivolti al conseguimento di uno stesso risultato: pertanto, ai fini dell’applicabilità dell’art. 2545 terdecies cod. civ., che prevede la possibilità del fallimento delle cooperative, per l’accertamento della sussistenza del fine predetto occorre avere riguardo alla struttura ed agli scopi di essa”.
Nel caso concreto portato all’attenzione degli ermellini la ricorrente dichiarata fallita aveva la veste societaria di società cooperativa per azioni inquadrata nell’ambito della disciplina comunitaria volta a favorire, mediante rapporti di tipo associativo, la concentrazione dell’offerta di prodotti agricoli: di qui, le disposizioni volte a promuovere le c.d. OPA, organizzazioni di produttori in agricoltura.
Nella specie la cooperativa non ha dimostrato né la propria natura agricola né ha dimostrato la mutualità della propria attività: la S.C., rigettando il ricorso e confermando quindi la dichiarazione di fallimento, ha infatti accertato la correttezza della ricostruzione operata dai giudici di merito, i quali avevano verificato “la sussistenza di positivi indici della natura commerciale dell’attività svolta, consistenti nella forma legale di s.p.a., nell’esistenza di una partita i.v.a., nell’oggetto sociale volto alla commercializzazione verso terzi di prodotti agricoli conferiti dai soci, dei quali la società incassa prezzo, nell’esistenza di un rapporto di lavoro con un dipendente”.