Categoria: Economia


  • Nel terzo trimestre del 2016 il Prodotto Interno Lordo è aumentato dello 0,3% rispetto al precedente trimestre e dello 0,9% nel confronto con il terzo trimestre del 2015. 

    A riportarlo è l’Istat, secondo la quale la variazione positiva del Pil è determinata dall’aumento del valore aggiunto dei settori dell’industria e dei servizi, mentre va registrata una diminuzione del valore aggiunto dell’agricoltura. Per quanto riguarda, invece, la domanda, c’è finalmente un apporto positivo della domanda interna.pil italia
    Al momento, qualora nell’ultimo trimestre ci dovesse essere una variazione nulla, il Prodotto Interno Lordo dovrebbe presentare un +0,8% per tutto il 2016. Sembra, dunque, avvinarsi l’obiettivo posto dal Governo, che nell’ultimo aggiornamento del Def ha previsto una crescita dello 0,8 per il 2016 e dell’1% per il 2017. Quest’ultimo dato è stato definito da più parti, in primis da Bankitalia, come un obiettivo ambizioso soprattutto se consideriamo i mutamenti della situazione internazionale.
    Eurostat, invece, ci fornisce i dati relativi agli altri paesi membri dell’Unione Europea. Stupisce, ad esempio, il rallentamento dell’economia tedesca il cui Pil è cresciuto dello 0,2% nel terzo trimestre contro le previsioni che vedevano una variazione positiva dello 0,3%. A contribuire negativamente sul rendimento tedesco c’è il commercio estero. Ad ogni modo la crescita teutonica su base annua dovrebbe essere sostenuta: al momento, infatti, nel 2016 la Germania fa registrare una crescita del Pil dell’1,7%.
    Imponente, invece, la variazione del Prodotto Interno Lordo britannico con una crescita del 2,2% nel 2016; bene anche la Francia con 1,1 punti percentuali in più rispetto ad un anno fa. Nell’area Euro, invece, il Pil è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente ed dell’1,6% nel confronto con lo stesso trimestre del 2015.


  • svimez 2016

    Inizia finalmente la ripresa nelle regioni meridionali dopo una crisi profonda che eroso i livelli occupazionali e fatto sprofondare i principali indicatori relativi a Pil, investimenti e consumi. 

    Lo rivela l’edizione 2016 del Rapporto Svimez, presentato oggi a Roma. Nel 2015, in base alle elaborazioni di Svimez, il Pil del Mezzogiorno è cresciuto dell’1%, recuperando parzialmente la caduta dell’anno precedente (-1,2%) e mostrando una crescita maggiore rispetto al resto del Paese (+0,7%).
    La strada per tornare ai livelli pre-crisi è però lunghissima. Dal 2007 in avanti, infatti, il Pil meridionale ha perso addirittura dodici punti percentuali contro il -7% del resto d’Italia. Il Sud deve fronteggiare un gap enorme nel confronto con il resto d’Europa. C’è un dato più di tutti gli altri che spiega il rendimento economico del Meridione negli ultimi anni: dal 1996 al 2015 il gap cumulato nella crescita con la media dell’Unione Europea è stato pari a 29 punti percentuali. La differenza con la Spagna, per citare un paese con caratteristiche e problemi simili al Mezzogiorno, è addirittura del 50%.

    Ad ogni modo, vanno sottolineato i primi segnali positivi fatti pervenire dall’economia meridionale. Detto del Prodotto Interno Lordo, aumentano anche i consumi, gli svimez 2016investimenti ed il Pil pro capite. Sono particolarmente interessanti i dati regionali relativi proprio a quest’ultima variabile. Nel 2015 la regione più dinamica è stata la Basilicata, che ha visto una crescita del Pil pro capite del 5,9%. Quella più povera è invece la Calabria, il cui reddito pro capite è di 16.659 euro, seguono Puglia e Campania.
    Rimangono abissali le differenze con le regioni più ricche. Il confronto con il Trentino Alto Adige, ad esempio, è impietoso, dal momento che il Pil pro capite di quest’ultimo è di 37.561 euro, circa 21mila euro in più di quello calabrese.

    A trainare l’economia meridionale sono stati soprattutto due comparti: l’agricoltura ed il turismo. Il 2015 si è rivelato un anno particolarmente prolifico per il settore agricolo: il valore aggiunto è aumentato del 7,3% (+1,6% nel Centro-Nord), così come sono in crescita le esportazioni (+15,5% contro il +7,3% dell’Italia). Per quanto riguarda l’export, è doveroso però segnalare che la quota più alta delle vendite all’estero ha riguardato la Gran Bretagna, il che porta le aziende agricole meridionali a temere rilevanti variazioni del saldo commerciale in seguito alla Brexit.
    L’agricoltura cresce anche in termini di occupazione: nel 2015 sono 19,6 mila unità in più gli occupati in questo settore, pari a 2,2%. Oltre 18 mila dei nuovi occupati si collocano al centro sud, che conferma il suo ruolo di preminenza con il 55% dei lavoratori nel settore primario.
    Bene anche i servizi, con particolare riferimento al turismo, merito soprattutto dalle crisi geopolitiche dell’area del Nord Africa e della fine del ciclo di finanziamenti europei, che ha portato le regioni meridionali ad accelerare nei processi di spesa e di investimento.
    Sono meno positivi, invece, i dati sull’andamento demografico e sul rischio di povertà. Nel 2015 i nuovi nati al Sud sono stati solo 170mila, ovvero il numero più basso dall’Unità d’Italia. Rimangono preoccupanti i numeri sulla povertà: secondo lo Svimez, infatti, 10 meridionali su 100 risultano in condizioni di povertà assoluta, contro poco più di 6 nel Centro-Nord, con un rischio di povertà assoluta tre volte più forte rispetto al resto dell’Italia.


  • produzione industriale istat

    Il settore dell’industria manifatturiera chiuderà il 2016 con un aumento del fatturato complessivo dell’1,2%, 7 miliardi in meno rispetto a quanto era stato previsto a maggio. 

    Lo riporta Prometeia, la società di consulenza che effettua diverse analisi e previsioni di natura economica. Le cause della minore crescita sono il clima di incertezza primaverile che ha condizionato la domanda interna e soprattutto il calo della domanda estera.
    produzione industriale istatL’Italia, ad ogni modo, ha mostrato un buon rendimento sui mercati esteri. Nei primi sei mesi del 2016, infatti, il nostro Paese ha aumentato la propria quota sul totale del commercio mondiale, dimostrando di saper resistere meglio di altre nazioni alla crisi dei consumi, mentre trova maggiori difficoltà nelle fasi espansive dell’economia.
    Nei prossimi due anni Prometeia prevede una crescita media del manifatturiero dell’1,5% per effetto soprattutto di un miglioramento della domanda interna.

    Per quanto riguarda, invece, i singoli settori, il comparto trainante si conferma quello delle automotive, grazie all’ottimo rendimento della domanda interna, seguito dal Largo consumo (cosmesi e detergenza casa e persona) e dagli Altri intermedi (carta, gomma, plastica, legno).
    I settori che presentano variazioni negative sono invece la Moda e gli Elettrodomestici.
    Se da una parte Prometeia sottolinea il miglioramento della redditività industriale del manifattueriero, che nel 2018 dovrebbe tornare ad avere un ROI medio superiore al 6%, dall’altra evidenzia la situazione di stallo degli investimenti.
    Per i prossimi anni, però, la società di consulenza si attenda una crescita degli investimenti, grazie alla maggiore presenza di imprese composte prevalentemente da giovani e alla situazione fiscale e creditizia più favorevole, con le agevolazioni del piano Industria 4.0 che potrebbero portare le imprese a tornare ad immettere risorse sul mercato.


  • patrol-line

    Secondo i dati elaborati dall’Istat, nel mese di Agosto 2016 l’Italia fa registrare un aumento congiunturale sia delle importazioni (+4,4%) che delle esportazioni (+2,6%). 

    A trainare l’export, nel confronto con il mese precedente, sono le vendite di beni verso i mercati Ue (+3,9%), con un aumento più contenuto di quelle verso i paesi patrol-lineextra-europei (+0,9%). L’aumento delle esportazioni è determinato principalmente dalla crescita delle vendite di beni strumentali (+3,9%), di beni intermedi (+2,1%) e di beni di consumo non durevoli (+1,7%).
    È particolarmente positivo il rendimento delle esportazioni su base annua. Ad agosto 2016, infatti, è da registrare un aumento tendenziale delle vendite all’estero dell’11,4%. Il risultato è, però, influenzato dal calendario che ha visto quest’anno, ad agosto, un giorno lavorativo in più. Al netto degli effetti del calendario la crescita dell’export è del 6,8%.

    In questo caso a spingere le nostre esportazioni sono soprattutto i paesi asiatici. Crescono, infatti, le esportazioni verso la Cina (+28,2%), il Giappone (+24,3%) e i paesi ASEAN (+21%). Perdono otto punti percentuali, invece, le vendite di beni verso la Russia. Rimangono positivi i rapporti commerciali con i partner tradizionali italiani. C’è, infatti, un aumento tendenziale dell’export di quasi due punti percentuali, derivato sopratutto dall’aumento delle vendite di metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti verso la Germania, di macchinari e apparecchi n.c.a. verso gli Stati Uniti e di autoveicoli verso Germania, Francia e Stati Uniti.
    Per quanto riguarda, invece, l’import, l’Istat segnala un forte incremento degli acquisti da Turchia (+35,3%), Repubblica ceca (+32,9%), Stati Uniti (+24,9%), Svizzera (+20,5%) e Regno Unito (+20,3%).


  • legge-di-stabilita-imprese

    Prende forma la Legge di Stabilità 2017, presentata nella giornata di sabato dal premier Matteo Renzi e dal ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan.

    La manovra vale circa 27 miliardi di euro e contiene diverse misure per favorire gli investimenti delle imprese. Come ribadito più volte da Renzi, l’intento del Governo è creare un contesto favorevole agli investimenti dei soggetti privati attraverso una serie di agevolazioni e la riduzione delle imposte.
    Ma vediamo nel dettaglio quali sono gli interventi che interessano da vicino le aziende.

    • Riduzione dell’Imposta sul Reddito delle Società (Ires) dal 27,5 al 24%;
    • Introduzione dell’Iri al 24% per commercianti e artigiani. L’obiettivo della misura è uniformare la tassazione sul reddito delle società. Le imprese legge-di-stabilita-impreseindividuali e le società di persone saranno sottoposti alla stessa aliquota dell’Ires. Nello specifico, il reddito prelevato dal titolare di una ditta individuale rimarrà soggetto all’Irpef (può arrivare fino al 43%); la parte di reddito non prelevata o reinvestita nell’impresa stessa, invece, sarà tassata al 24%.
      L’imposta, inoltre, verrà pagata al momento dell’incasso della fattura e non quando questa viene emessa.
    • L’aspetto più importante della Legge di Stabilità per le imprese è probabilmente il pacchetto competitività, che contiene tra le altre cose anche il Piano Industria 4.0. Vengono stanziati in tutto 20 miliardi di euro su più anni per favorire gli investimenti delle aziende.
      Per aumentare la spesa privata l’esecutivo ha previsto una serie di incentivi. Viene confermato il super-ammortamento al 140% per l’acquisto di nuovi beni strumentali utili per l’esercizio della propria attività. La manovra inserisce anche un iper-ammortamento al 250% per gli investimenti in innovazione. Viene inoltre rifinanziata la Sabatini e rafforzato il credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo: il limite massimo di credito passerà da 5 a 20 milioni di euro e l’aliquota per le spese interne passerà dal 25 al 50%.
    • Eliminazione dell’Irpef agricola.
    • Investimento di 100 milioni sul Made in Italy con l’obiettivo di aumentare di 1 miliardo il fatturato realizzato all’estero dalle imprese italiane.
    • Esonero totale dei contributi previdenziali per i primi tre anni per gli under 40 che decidono di aprire un’azienda agricola.
    • Proroga dal 2016 al 2019 delle agevolazioni fiscali per chi ristruttura una casa o migliora l’efficienza energetica degli edifici. Il bonus viene esteso anche ai condomini e agli alberghi.
    • Detassazione al 10% dei premi di produttività che saliranno dagli attuali 2mila euro a 4mila euro e saranno validi per gli impiegati, i quadri e parte della dirigenza con un reddito lordo annuale fino a 80mila euro.


  • Quasi 2.000 operazioni di garanzia per StartUp innovative in Italia. A guidare la classifica ci sono Lombardia ed Emilia Romagna, ma per impatto nell’accesso al fondo media Italiana spiccano il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige con un 163% rispetto alla media.

    Buoni risultati quelli del fondo di Garanzia per le PMI innovative, con quasi 2.000 interventi effettuati in tutto il Paese per un valore di garanzia erogate pari a 490 milioni di euro, con una media di garanzia richiesta per quasi 250.000 euro e restituzione del prestito erogato in un tempo medio di 60 mesi, cioè i classici 5 anni che consentono ad un’azienda di poter investire e respirare. La regione con il maggior numero di operazioni è la Lombardia con 515 startup garantite per un valore medio di 351 mila euro.

    schermata-2016-10-14-alle-11-09-31Da segnalare, che le startup innovative di Friuli Venezia-Giulia e Trentino-Alto Adige presentano un’incidenza nell’accesso al Fondo di Garanzia sensibilmente più elevata rispetto alla media nazionale. Fanalini di coda in questa seconda “classifica” sono Sardegna, Calabria e Toscana. Stranissimo trovare in fondo una regione come la Toscana che può vantare un alto numero di startup innovative, che probabilmente hanno trovato garanzie e finanziamenti in altri ambiti senza sfruttare le possibilità offerte dal fondo di garanzia istituito a fine 2012 e gestito da Mediocredito Centrale.

    Buoni anche i dati sulla “restituzione” delle garanzie, quasi tutte in normale ammortamento o già concluse, mentre solo in 5 casi il Fondo ha dovuto di fatto erogare la garanzia per un valore di quasi 1 milione e mezzo di euro. Quest’ultimo dato evidenzia che le startup innovative hanno mostrato una maggiore capacità di tenere il mercato, che si può dedurre dal fatto la percentuale di sofferenze è molto più bassa rispetto alla media delle startup tradizionali.

    Nel rapporto scopriamo inoltre che sono 13 gli incubatori certificati e finanziati per quasi 12 milioni di euro, dunque, non mancano anche le realtà pronte ad investire e scommettere sull’ecosistema dell’innovazione italiana. Segnali positivi che possono essere indicatori di una crescita sana del settore, oltre che spunto di riflessione per chi vuole avviare la propria impresa, oppure, ha la possibilità di investire e vuole avere maggiore cognizione dello stato attuale dell’ecosistema delle startup italiane.



  • Nel mese di agosto 2016, secondo i dati pubblicati oggi dall’Istat, la produzione industriale è aumentata dell’1,7% rispetto a luglio e addirittura del 4,1% rispetto ad un anno fa. 

    Si tratta di un vero e proprio boom del settore industriale che in pochi si aspettavano. Le previsioni di Intesa San Paolo, ad esempio, davano addirittura una variazione negativa dello 0,1% a livello congiunturale. Così evidentemente non è stato, ma la stessa Istat invita ad analizzare i dati con cautela in quanto trattasi produzione industriale istatdi “variazioni realizzate in un mese tipicamente caratterizzato da livelli di produzione molto bassi“.
    L’aumento della produzione industriale nel trimestre giugno-agosto è infatti solo dello 0,4% nel confronto con lo stesso periodo del 2015. Bisognerà, dunque, aspettare i dati di settembre e soprattutto quelli degli ultimi mesi dell’anno per stabilire se il comparto manifatturiero ha intrapreso effettivamente in maniera decisa la strada della ripresa.

    I settori economici più dinamici sono quelli della fabbricazione di mezzi di trasporto (+19,2%), della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+13,6%) e della fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a.(+11,7%). Il comparto delle auto, in particolare, può godere di un momento particolarmente positivo da qualche mese a questa parte per effetto della grande richiesta all’estero.
    Meno bene, invece, il settore dell’attività estrattiva (-17,7%), della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-5,3%) e delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-5,0%).
    Un dato, invece, abbastanza preoccupante è quello riguardante la produzione di beni di consumo che presenta una variazione negativa dello 0,5% su base congiunturale e dell’1,3% su base annua e che riflette una crisi sempre più acuta della domanda interna e della riduzione di nuovi ordini.
    Bene, invece, ad agosto la produzione di beni strumentali e beni intermedi. I primi fanno registrare una variazione positiva del 6,6% rispetto al mese precedente e del 12,5% rispetto ad un anno fa. Più contenuto l’aumento della produzione dei beni intermedi (+3,1% a livello congiunturale e +7,6% su base annua).


  • venture-capital-italia

    Pierre Moscovici da Washington sembra sposare le tesi del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, in tema di flessibilità in Europa. Seppur con dei paletti ben precisi,  evidenzia come serva supportare i Paesi che vogliono investire per la crescita e il miglioramento infrastrutturale.

    La Flessibilità in Europa come tutti ricorderete è stata la causa della rottura tra l’Italia e Francia e Germania al vertice di Bratislava, con Renzi che aveva sbattuto la porta e parlato a muso duro contro le politiche europee troppo austere ed incapaci di dare risposte in questo momento di crisi migratoria, soprattutto, per un Paese di frontiera come l’Italia.

    Le parole del commissario Pierre Moscovici arrivano a margine di una riunione del Fondo Monetario Internazionale, un luogo simbolo delle politiche economiche globali e, dunque, non può essere casuale che queste parole arrivino proprio lì ed ora. Certo tutto dovrà come sempre passare al vaglio della Commissione Europea, ma forse l’Italia potrà beneficiare di maggiore flessibilità soprattutto per rispondere alle due emergenze più impellenti: la ricostruzione post-sisma del Centro Italia e l’accoglienza dei migranti, che sicuramente in questi ultimi giorni di mare buono tornerà a salire.

    Vedremo se quella che sembra un’apertura di fatto agli investimenti italiani, in alcuni settori strategici vista l’emergenzialità, si tramuterà poi in una risposta chiara della commissione europea, che da qui ad un mese dovrà vagliare ed approvare i piani di economia e finanza degli stati membri.



  • Nella giornata di ieri il Governo ed i sindacati hanno trovato l’accordo sulle modifiche da apportare al sistema pensionistico. Le parti sociali, rappresentate da Susanna Camusso (Cgil), Annamaria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uil), hanno firmato un documento condiviso con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ed il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Tommaso Nannicini. 

    Nei prossimi mesi, le parti dovranno determinare i dettagli delle singole misure, provando, tra le altre cose, a garantire una pensione adeguata ai giovani che hanno un reddito basso.
    pensionatiLa novità principale è rappresentata dal cosiddetto Ape (Anticipo Pensionistico), un istituto che consentirà ai lavoratori nati tra il 1951 ed il 1953 di andare in pensione tre anni e sette mesi prima del raggiungimento dell’età pensionabile.
    Chi sceglierà di andare in pensione anticipatamente subirà un taglio dell’assegno previdenziale del 6% per ogni anno di pensione anticipata. È previsto anche il cosiddetto Ape social, chiamato così perché rivolto alle categorie deboli come disoccupati senza ammortizzatori sociali, disabili, lavoratori con disabili a carico e persone che svolgono attività «gravose». Per le persone appartenenti a queste categorie e che ricevono un assegno inferiore ai 1.300 euro non si sarà alcun taglio della pensione.

    Le novità, però, non si fermano qui. Ci sarà, ad esempio, un aumento della quattordicesima, ovvero quell’assegno da 500 euro che viene erogato ai pensionati che percepiscono un assegno basso. Nonostante le dichiarazioni del Premier dei giorni scorsi, che aveva parlato di un possibile raddoppio della quattordicesima, quest’ultima verrà portata solamente a 650 euro.
    Cambierà in maniera sostanziale, invece, il sistema di ricongiunzione dei contributi, definito dall’Inps come “quell’istituto che permette, a chi ha posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, di riunire, mediante trasferimento, tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione, allo scopo di ottenere una sola pensione“. Allo stato attuale chiedere che tutti i periodi contributivi vengano trasferiti in un unico Fondo comporta degli oneri notevoli.
    L’accordo tra l’esecutivo e le parti sociali prevede che la ricongiunzione possa avvenire in maniera gratuita per tutte le tipologie di lavoratori: dipendenti, autonomi e gli iscritti alle gestioni separate. Non ci sarà, però, più la possibilità di scegliere il metodo di calcolo dell’assegno pensionistico: si prenderanno in considerazione i metodi di ciascun ente.
    Cambiano, infine, i requisiti per chi svolge lavori usuranti e vuole chiedere il pensionamento anticipato fino a cinque anni prima del raggiungimento dell’età pensionabile. Non sarà più obbligatorio avere svolto la suddetta attività l’anno prima della richiesta, ma basterà averla svolta in sette degli ultimi dieci anni.


  • legge piccoli comuni

    È arrivata alla Camera la legge che istituisce un fondo da 100 milioni di euro, valevole dal 2017 al 2023, a favore dei comuni con meno di 5.000 abitanti. 

    Il provvedimento dovrebbe essere votato entro la fine del mese, prima di passare al Senato. Dopo il terremoto che ha colpito piccoli borghi come Amatrice, uno degli argomenti al centro del dibattito pubblico è stata la scarsità di risorse a disposizione dei piccoli comuni, letteralmente schiacciati dagli obblighi del Patto di legge piccoli comuniStabilità.
    La legge prevede contributi per il miglioramento delle infrastrutture e del patrimonio immobiliare e paesaggistico dei piccoli borghi. Uno dei punti chiave del provvedimento è, ad esempio, la semplificazione burocratica per la dotazione della banda ultralarga, considerata dal primo firmatario della legge, Ermete Realacci (Pd), come una fonte di sviluppo e di iniziative economiche.
    Grande attenzione ovviamente anche alla riqualificazione degli immobili e alla prevenzione contro il dissesto idro-geologico. Vengono stanziate risorse per la manutenzione delle scuole, la ristrutturazione degli immobili, la promozione della filiera corta dell’agroalimentare e ci sarà inoltre la possibilità di acquisire case cantoniere e tratti di ferrovie dismesse da rendere disponibili per attività turistiche.
    Il provvedimento, sottolinea Realacci, riguarda ben 10 milioni di italiani che vivono in queste zone ed interessa da vicino le eccellenze del Made in Italy agroalimentare: il 90% dei prodotti Dop e Igp, infatti, proviene dai piccoli comuni e dalle aree rurali.


  • innovazione sociale

    Per arrivare alla piena digitalizzazione dell’industria italiana, il Governo ha previsto un programma di incentivi ed investimenti denominato “Piano Industria 4.0”.

    Per Industria 4.0 si intende quell’insieme di processi ed innovazioni tecnologiche che dovrebbe portare alla produzione completamente automatizzata ed interconnessa. L’Italia, attraverso il piano presentato ieri, proverà a diventare una nazione all’avanguardia nel settore delle nuove tecnologie, stimolando gli investimenti ed investendo nella formazione delle nuove generazioni.
    Il Governo punta ad aumentare gli investimenti privati in ricerca ed innovazione di 10 miliardi. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo l’esecutivo darà vita ad una serie di incentivi, che non saranno più messi a disposizione delle imprese attraverso dei bandi, ma tramite un sistema di incentivi orizzontali che consentirà a chi possiede determinati requisiti di accedere direttamente alle agevolazioni. Per controllare il corretto funzionamento di questo meccanismo, il Mise istituirà una cabina di regia che, secondo Calenda, effettuerà una “verifica spietata” sui beneficiari.

    Ma veniamo nel dettaglio agli incentivi previsti. La prima buona notizia per gli imprenditori è la conferma del super-ammortamento al 140% per l’acquisto innovazione socialedi nuovi beni strumentali. La scadenza viene prorogata di un anno, quindi rientreranno nel beneficio quei beni acquisiti di qui al 31 dicembre 2017.
    Ma uno degli aspetti più importanti di Industria 4.0 è l’introduzione di un super ammortamento al 250% sugli investimenti in tecnologia, agrifood ed impianti che consentono un minor consumo energetico.
    Il Governo ha calcolato che per un milione di spesa, il risparmio passerà dai 96 mila euro attuali del super ammortamento a 360mila euro grazie all’iper ammortamento. Si tratta, dunque, di un’opportunità notevole per le aziende che vogliono investire in tecnologia e che puntano sugli ambiti emergenti dell’industria manifatturiera come i big data, l’internet delle cose o la robotica.

    Le opportunità per le imprese non si fermano qui. Verrà, infatti, rifinanziata la Sabatini e rafforzato il credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo: il limite massimo di credito passerà da 5 a 20 milioni di euro e l’aliquota per le spese interne passerà dal 25 al 50%.
    Agli incentivi va aggiunto il miglioramento delle cosiddette infrastrutture abilitanti, ovvero quei fattori che possono aumentare la produttività di un’azienda. Una di queste è sicuramente la banda ultra-larga. Il Governo ha assicurato che entro il 2020 tutte le aziende saranno coperte da una connessione fino a 30 mega ed il 50% di esse avrà una copertura fino a 100 mega.
    A tal proposito lo Stato investirà 3 miliardi di euro nelle cosiddette aree grigie, ovvero quelle zone con un solo operatore che porta la banda larga e che ospitano, però, il 69% delle imprese.
    Non riguardano in maniera diretta le aziende, ma sono di uguale importanza, le detrazioni previste per le startup. Il piano Industria 4.0 prevede, infatti, detrazioni fiscali al 30% per chi investe in startup e Pmi, provando così a stimolare gli investimenti di venture capitalist anche in Italia.
    Credere in un’azienda, significa anche accettare i suoi passi falsi, almeno nella fase iniziale della sua vita imprenditoriale. Ecco perchè il Governo darà la possibilità ad una società esterna di assorbire le perdite di una startup nei suoi primi quattro anni di vita.
    Ci saranno, infine, dei fondi per i venture capitalist che investono nelle startup dell’Industria 4.0 e altri per l’industrializzazione di idee e brevetti ad alto contenuto tecnologico. 


  • poletti legacoop

    Il Sostegno di inclusione attiva è una misura di lotta alla povertà adottata nel 2013 dal Enrico Giovannini, allora Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del Governo Letta.

    In questi anni è stata portata avanti la sperimentazione in undici grandi città italiane (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, poletti legacoopTorino, Venezia e Verona), prima di entrare in vigore su larga scala a partire dallo scorso 2 settembre.
    Si tratta di uno strumento di sostegno al reddito rivolto alle famiglie con un Isee inferiore a 3mila euro e con la presenza all’interno del nucleo familiare di un minore, di un disabile o di una donna in stato di gravidanza.
    Non potranno avere accesso al Sostegno di inclusione attiva quelle famiglie che percepiscono indennità previdenziali superiori a 600 euro o indennità di disoccupazione.

    Ciascun membro del nucleo familiare riceverà 80 euro, ma la misura potrà riguardare fino a massimo 5 membri della famiglia. Le risorse verranno accreditate ogni due mesi su una carta di pagamento, ricaricabile solo dallo Stato, che i beneficiari potranno utilizzare nei negozi alimentari, nei supermercati, nelle farmacie e per pagare le bollette di luce e gas.
    Per poter accedere alla misura bisognerà recarsi nel Comune di appartenenza, il quale provvederà ad inoltrare tutta la documentazione all’Inps; i richiedenti potranno anche rivolgersi ad un Caf. Se la domanda viene presentata entro il 31 ottobre, c’è la possibilità di avere il primo accreditamento già entro la fine del 2016.

    Come ci tiene a sottolineare il ministro Poletti, il Sostegno di inclusione attiva non è una misura meramente assistenziale, ma si pone come obiettivo quello di far uscire dalla condizione di povertà assoluta i soggetti coinvolti. Questi ultimi, infatti, oltre a ricevere la somma pattuita, dovranno seguire dei percorsi personalizzati di inserimento lavorativo con l’aiuto dei Centri per l’impiego, pena la perdita del sussidio.
    Per l’anno 2016 sono stati stanziati 750 milioni di euro, risorse che aumenteranno fino ad 1 miliardo nel 2017. Le stime parlano del coinvolgimento di 180-200mila famiglie. Il periodo di sperimentazione nelle grandi città, però, non è stato particolarmente positivo, sia per il basso numero di soggetti coinvolti che per la debolezza dei percorsi di inclusione attiva.
    Tra i possibili beneficiari, ad esempio, mancano i giovani senza famiglia o gli immigrati. Questi ultimi, infatti, sono ammessi solo se in possesso di carta di soggiorno.