Tra le le novità normative più discusse dalle associazioni degli industriali ci sono senza dubbio il reverse charge e lo split payment.
Con il primo si intende un’inversione dell’onere di pagamento dell’Iva, che viene spostato dal fornitore all’acquirente.
Sarà, dunque, quest’ultimo a versare l’imposta direttamente nelle casse dello Stato senza passare dai fornitori.
Il reverse charge nasce con l’obiettivo di combattere l’evasione fiscale. Era usanza ricorrente, infatti, che i fornitori, una volta ricevuta la somma spettante, non pagassero l’imposta, comportando così gravi danni al bilancio pubblico.
Con la nuova legge essi potranno semplicemente chiedere un rimborso allo Stato sotto forma di credito d’imposta.
Lo stesso procedimento riguarda lo split payment. In questo caso, però, i soggetti coinvolti non sono due privati, ma un’azienda fornitrice di beni e servizi ed una Pubblica Amministrazione, la quale dovrà pagare l’Iva direttamente all’erario.
L’azienda, anche qui, può solamente richiedere un credito d’imposta allo Stato.rà
Le norme in questione hanno provocato, però, enormi polemiche, soprattutto all’interno delle grandi catene di distribuzione alimentari. Eliminare il gettito dell’Iva, sostituendolo con un credito d’imposta, significa diminuire ulteriormente la liquidità disponibile per le imprese, in un periodo di per sé molto critico da questo punto di vista.
I ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione sono notori: più volte l’Italia è stata sanzionata per questo motivo in sede europea.
I fornitori rischiano così di rimanere per anni creditori delle P.A. senza che questi debiti possano essere effettivamente estinti.
Nei giorni scorsi è arrivata la notizia di un ricorso presentato da Confindustria davanti alla Commissione europea, dove l’associazione di rappresentanza degli industriali chiederà l’eliminazione del reverse charge .
Forte opposizione allo split payment arriva, invece, dal Coordinamento unitario del Settore Forestale dell’Alleanza delle Cooperative Italiane. L’attività dei consorzi forestali si realizza per un 40% con le amministrazioni pubbliche: è ovvio come una norma di questo tipo possa causare loro enormi danni in termini di liquidità disponibile.
“Il provvedimento” ha dichiarato Gianni Tarello, neo coordinatore del Settore Forestale dell’Alleanza delle Cooperative Italiane “comporterà infatti un forte ammanco di liquidità nelle casse dei Consorzi e delle cooperative forestali, a causa del sommarsi dei rimborsi IVA, che lo Stato paga con ritardi di anni, a quelli che già vedono lo Stato in qualità di committente, debitore di alcuni miliardi di euro verso le imprese”.
C’è il rischio così che i costi possano diventare insostenibili, causando la chiusura dei consorzi e la perdita di numerosi posti di lavoro.