Il Rapporto 2015 sull’Industria dei quotidiani in Italia dimostra un fatto appurato: il settore dell’editoria vive una fase di crisi acuta dalla quale sarà difficile uscire in breve tempo.
L’informazione italiana paga innanzitutto il crollo dei ricavi pubblicitari; nel 2011 essi rappresentavano il 58% degli introiti complessivi dei quotidiani, mentre oggi si attestano attorno al 38,5%.
Stesso discorso per i listini pubblicitari: dal 2008 al 2014 hanno perso 29 punti percentuale in termini di spazi e addirittura il 50% in quanto a fatturato.
Sono numeri emblematici che spiegano alla perfezione come i quotidiani italiani, allo stato attuale, dipendano quasi solo esclusivamente dalle vendite delle copie in formato cartaceo.
Si tratta di un vero e proprio controsenso nell’era della digital information; il settore dell’editoria italiano paga da questo punto di vista un ritardo abissale rispetto alle compagnie estere.
La crisi dei ricavi pubblicitari e le deboli strategie digitali, con dei costi per gli abbonamenti ancora troppo alti, hanno portato inoltre alla contrazione delle retribuzioni e ad un calo cospicuo dei livelli occupazionali.
Il settore dell’editoria non può più rimanere fermo: la chiusura nel breve periodo delle edizioni cartacee non è un’ipotesi remota. Per questo motivo andranno incentivate le strategie digitali anche attraverso un intervento del Governo; l’esecutivo dovrà inoltre modificare la normativa sui ricavi pubblicitari, sui finanziamenti pubblici ai giornali e sulla razionalizzazione sei resi.
Sono tutti aspetti essenziali per avere un sistema editoriale nazionale più efficiente e realmente competitivo.