• In Europa, solo una persona con disabilità su due riesce a trovare un impiego. Un dato che, nella Giornata dei diritti delle persone con disabilità, evidenzia la necessità urgente di un cambiamento radicale. Ed è proprio l’Italia a poter offrire un modello virtuoso, grazie al lavoro svolto dalle cooperative sociali di inserimento lavorativo, capaci di integrare decine di migliaia di persone con disabilità nel tessuto produttivo e comunitario.

    Un modello italiano da replicare in tutta Europa
    “Oggi, in Europa, abbiamo 42,8 milioni di persone con disabilità in età lavorativa, ma solo la metà di queste è effettivamente impiegata,” sottolinea Stefano Granata, presidente di Confcooperative – Federsolidarietà. “Il modello italiano può rappresentare un esempio replicabile in tutti gli Stati membri dell’UE. Nel nostro Paese, più di 20.000 persone con disabilità lavorano nelle cooperative sociali d’inserimento lavorativo, dimostrando che produttività e inclusione possono andare di pari passo.”

    Le cooperative sociali italiane non si limitano a offrire un impiego, ma costruiscono percorsi personalizzati che valorizzano le capacità di ogni individuo. Questo approccio innovativo ha consentito, nel tempo, di abbattere barriere strutturali, culturali e sociali, restituendo dignità e autonomia a chi rischiava di rimanere ai margini della società.

    Un impegno riconosciuto dalle istituzioni europee
    Il ruolo pionieristico svolto dall’Italia in questo ambito è stato già riconosciuto dall’Unione Europea, in particolare attraverso le direttive del 2014 su appalti e concessioni, che incentivano la partecipazione delle persone con disabilità nel mercato del lavoro. In questa direzione va anche la presenza di Confcooperative Federsolidarietà all’annuale “Giornata europea delle persone con disabilità” (EDPD) organizzata dalla Commissione europea, a cui ha partecipato Giorgia Sordoni, presidente di Confcooperative Federsolidarietà Marche.

    Numeri e servizi: la forza della cooperazione sociale
    Le cifre testimoniano l’impatto di questo modello inclusivo: oltre 2.800 cooperative sociali aderenti a Confcooperative Federsolidarietà forniscono servizi di welfare a persone con disabilità e alle loro famiglie, gestendo centri diurni, comunità residenziali, servizi di assistenza domiciliare e scolastica. Negli ultimi anni, un’attenzione particolare è stata rivolta ai progetti “Dopo di noi” e alla promozione della “Vita indipendente”, che consentono alle persone con disabilità di costruire percorsi autonomi e integrati nel tessuto sociale.

    Dalle parole ai fatti: gli impegni del G7 e dell’UE
    “È tempo di rendere concreti gli impegni presi con la Carta di Solfagnano durante il G7 Inclusione e Disabilità del 14 ottobre ad Assisi,” afferma Granata. “Gli Stati partecipanti si sono impegnati ad adottare tutte le misure necessarie per garantire la piena partecipazione delle persone con disabilità alla vita civile, sociale, economica, culturale e politica.”

    A fornire una bussola in questa direzione sono le linee guida adottate dalla Commissione europea il 20 novembre, per promuovere il diritto delle persone con disabilità a una vita indipendente e pienamente inclusa nella comunità. Questi principi, uniti alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e alla Strategia europea 2021-2030, fissano obiettivi chiari da tradurre in politiche concrete.

    In conclusione, la cooperazione sociale italiana rappresenta una via maestra: un esempio tangibile di come si possano creare condizioni di lavoro dignitose e inclusive per le persone con disabilità, rispondendo così a un’esigenza cruciale sia per i singoli individui, sia per l’intera società europea. L’auspicio è che l’Unione Europea, gli Stati membri e gli attori della società civile adottino questo modello come punto di riferimento, trasformando le parole in azioni efficaci e durature.