Il termine “spending review” è certamente uno dei più utilizzati nel lessico politico degli ultimi anni.
L’imponente macchina statale non riesce più a reggere i propri costi: il debito pubblico è diventato insostenibile, ragion per cui le istituzioni europee hanno imposto ai singoli stati di rivedere le proprie spese, tagliando i fondi alla burocrazia.
Anche l’Italia è impegnata in questa operazione di revisione della spesa pubblica, iniziata in maniera sistematica dal governo Monti, proseguita con quello Letta e persistente con l’esecutivo guidato da Matteo Renzi.
Il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, ha lavorato alacremente in questi mesi, cercando di individuare margini di manovra per poter risanare le casse dello Stato.
Cinque mesi fa sono arrivate le sue dimissioni e a distanza di mesi sono state pubblicate le 19 relazioni del gruppo di lavoro, che mettono in luce i possibili provvedimenti da prendere per effettuare un’efficiente spending review.
Sono tantissimi gli spunti di riflessioni ed i temi affrontati. Tra i più discussi vi è certamente quello dei costi della politica e della razionalizzazione degli enti locali, con particolare riferimento ai Comuni.
La proposta del commissario Cottarelli è quella di accorpare tutti i comuni inferiori a dieci mila abitanti, oltre ad una riduzione del 20% del numero di assessori e consiglieri, un taglio ai loro emolumenti e l’eliminazione del Tfr per i sindaci.
Questa serie di provvedimenti comporterebbe un risparmio di 255 milioni di euro l’anno.
Lo stesso discorso interessa le Regioni; per quanto riguarda il finanziamento pubblico ai partiti c’è una vera e propria stoccata da parte del gruppo di lavoro nei confronti del Governo.
Secondo Cottarelli ed il suo gruppo di lavoro, il rifiuto dell’esecutivo di approvare alcuni degli emendamenti presentati, tra i quali l’abolizione delle scuole di partito, ha impedito allo Stato di recuperare ulteriore 65 mln di euro nei prossimi tre anni.
La questione dei costi della politica è stata sicuramente centrale nel dibattito pubblico degli ultimi anni, diventando una vera e propria issue in grado di mobilitare i cittadini e spostare voti da un partito all’altro.
Ci sono, però, altre tematiche ugualmente importanti che andavano affrontate in maniera più attenta; ci sarà, comunque, tempo e modo per discuterne, a partire da domani quando comincerà il processo di approvazione della riforma della pubblica amministrazione.
Proprio la P.A. è al centro dei dossier del gruppo di studio sulla spending review. Oltre ad una razionalizzazione di enti e agenzie, il gruppo di lavoro propone l’eliminazione della fasce per i dirigenti ed un’incentivazione della mobilità obbligatoria e volontaria, adottando il criterio dei fabbisogni standard all’interno di ogni pubblica amministrazione.
Viene inoltre sponsorizzato l’utilizzo di strumenti telematici per l’acquisto di beni e servizi da parte della P.A, che porterebbero ad un risparmio stimato dai 94 ai 313 milioni di euro.
Non per ultimo Cottarelli propone una riforma del sistema degli appalti pubblici e delle partecipate, indicando come possibile criterio operativo il divieto per lo Stato di partecipare a quelle società la cui quota pubblica è inferiore al 10-20%.