Categoria: eGovernement


  • Prosegue la strada verso l’identità digitale. L’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid) ha firmato oggi un accordo con il Mise ed il Mibact per la creazione di una rete wi-fi unica su tutto il territorio nazionale, alla quale si potrà accedere attraverso lo Spid (Sistema pubblico di identità digitale). 

    Il protocollo d’intesa rappresenta il punto di partenza per la costruzione di servizi digitali in tutta Italia che consentano un migliore accesso al patrimonio agenda-digitaleculturale, artistico e naturale italiano. L’assenza di una rete wi-fi pubblica realmente efficiente è una debolezza enorme dal punto di vista delle infrastrutture digitali, uno degli elementi che colloca l’Italia dietro le grandi potenze europee nella classifica sull’economia digitale.
    La speranza è che i bandi indetti di recente dal Mise per l’implementazione della banda larga possano portare benefici a tutti i cittadini italiani in termini di accesso ad Internet.
    Sempre oggi l’Agid ha annunciato l’accreditamento di due nuovi identity provider per il nuovo Sistema di identità digitale: si tratta di  Aruba PEC S.p.A e Sielte S.p.A che si aggiungeranno quindi a InfoCert, Poste Italiane e Telecom Italia Trust Technologies. A partire dal mese di settembre potranno fornire le credenziali dello Spid a tutti i cittadini e le imprese che le richiederanno.
    Ricordiamo che il Sistema di identità digitale, ancora in fase embrionale, consentirà ai cittadini di accedere con un unico account ed un’unica password ai servizi online della pubblica amministrazione e di alcune imprese certificate. Al momento – fa sapere l’Agid – hanno aderito allo Spid 292 amministrazioni e sono disponibili 648 servizi online.
    Si tratta di un grande passo verso la semplificazione e la digitalizzazione della PA. Bisognerà però fare uno sforzo ulteriore per diffondere al meglio le innovazioni recenti e rendere gli utenti consapevoli delle opportunità offerte da un sistema unico per tutti i servizi della PA, che permetterà ai cittadini di identificarsi sul sito dell’amministrazione in questione e di pagare le multe o di compilare una domanda per una borsa di studio.


  • venture-capital-italia

    Nel solo mese di marzo 2016, sono state emesse quasi 3 milioni di fatture digitali nei confronti della pubblica amministrazione. 

    A riportarlo è il portale Fatturapa.gov.it, che mostra come in un anno le imprese che abbiano colto i vantaggi di un simile strumento, inviando venture-capital-italiaquotidianamente le proprie fatture alla Pa in formato elettronico.
    Dopo un anno di sperimentazione è possibile valutare anche l’impatto in termini di risparmi economici sia per la Pa che per le aziende.
    Come dichiarato da Lilliana Fratini Passi, direttrice generale di Cibi, a La Stampa, ogni fattura digitale emessa comporta un risparmio di 14-17 euro per il minor utilizzo di manodopera e di 3 euro per la riduzione dei materiali e dello spazio utilizzato.
    È stato calcolato che il risparmio per la Pa in un anno dovrebbe essere addirittura di 1 miliardo di euro per via di una maggiore velocità nei tempi di esecuzione e di un processo che risulta essere in generale più accurato ed efficiente.
    Sono cospicui anche i vantaggi economici per le imprese, che dovrebbero risparmiare in un anno circa 600 milioni di euro.
    L’Italia, dunque, nel suo complesso dovrebbe recuperare dalla fatturazione elettronica risorse per un miliardo e 600 milioni.
    È questo l’”indotto” della digitalizzazione.


  • pin-unico-pa

    É attivo da ieri lo Spid, il Sistema pubblico di identità digitale, che fornisce ai cittadini un Pin unico per accedere ai servizi della pubblica amministrazione. 

    Per adesso siamo ancora in una fase di sperimentazione che dovrebbe concludersi nel 2017, quando tutte le Pa implementeranno il sistema e quando anche molti privati, tra i quali aziende, banche ed assicurazioni, si uniranno alla rivoluzione telematica.
    Dal 15 marzo, per l’appunto, è possibile richiedere il Pin unico. Vediamo nel dettaglio come funziona il sistema, quali sono i livelli di sicurezza ed i servizi disponibili e quali sono gli enti accreditati al rilascio.

    Sono tre i livelli di sicurezza dello Spid, solo due, però, saranno a disposizione fin da subito. Il primo prevede un semplice username con una password, il secondo aggiunge anche una password usa e getta, mentre il terzo, che verrà implementato nei prossimi mesi, rende necessario anche il possesso di una smart card con il chip. In generale questo ultimo livello interesserà solamente le aziende e quelle organizzazioni che dovranno effettuare operazioni più complesse come pin-unico-pail trasferimento di fondi.
    Quali sono, invece, gli enti accreditati al rilascio del Pin Unico? L’Agenzia per l’Italia digitale, per adesso, ha accredito solamente Tim, Poste italiane e Infocert.
    Per attivare lo Spid bisogna fornire nome, cognome, data e luogo di nascita, documento d’identità, telefono, indirizzo di posta elettronica e domicilio (codice fiscale o partita Iva, sede legale e ragione sociale nel caso il richiedente sia un’azienda).
    Dopo la fase di verifica, le credenziali verranno inviate via posta, sms o email. Come abbiamo detto qui, i soggetti che possono richiedere il Pin sono ancora pochi e le procedure di rilascio non sono certo delle più efficienti, quindi bisognerà ancora attendere diversi mesi per vedere i primi risultati dell’innovazione.
    C’è, però, ad esempio, la possibilità per chi già possiede di un Pin per i servizi di una Pa, come il Pin Inps, di richiedere agli enti certificati di riconoscerlo come Spid, il che dovrebbe aumentare la platea di persone che potranno disporre sin da subito dello Spid.

    Per quanto riguarda, infine, i servizi disponibili sono ancora piuttosto limitati: sono circa 300 alla data odierna e dovrebbero arrivare a 600 entro giugno.
    Allo stato attuale, le pubbliche amministrazioni che hanno attivato lo Spid sono solamente Inps, Inail, la Regione Toscana e la Regione Emilia Romagna.
    A breve, però, anche l’Agenzia delle Entrate, il Comune di Firenze, Comune di Venezia, Comune di Lecce, Regione Liguria, Regione Friuli Venezia e Giulia, Regione Lazio e Regione Piemonte “abbracceranno” il Pin Unico.
    Così, attraverso un unico nome utente e password, valido per tutte le Pa, sarà possibile pagare la Tasi, iscrivere in un asilo pubblico il proprio bambino, partecipare ai bandi, richiedere agevolazioni e cambiare la propria residenza.
    Ci vorrà ancora del tempo affinché il processo di semplificazione e digitalizzazione venga portato a termine, ma nel medio periodo i vantaggi in termini di velocità ed efficienza dovrebbero essere notevoli.


  • pin-unico

    È stato presentato ieri Spid, il sistema pubblico per l’identità digitale che consentirà ai cittadini di accedere ad oltre seicento servizi della pubblica amministrazione con un solo nome utente e una sola password.

    Da mesi ormai si parla dell’introduzione del Pin unico valido per tutti i servizi della PA. Dal 15 marzo l’innovazione sarà operativa, anche se ci vorranno ancora diversi mesi per completare il processo di semplificazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione.
    In questa prima fase di sperimentazione sono ancora pochi gli enti che hanno deciso di introdurre il sistema Spid e sono, per la precisione, l’Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Comune di Firenze, Comune di Venezia, Comune di Lecce, Regione Toscana, Regione Liguria, Regione Emilia Romagna, Regione Friuli pin-unicoVenezia e Giulia, Regione Lazio e Regione Piemonte.
    Entro 24 mesi, però, tutte le pubbliche amministrazioni dovranno adeguarsi e fornire ai propri utenti questo servizio che velocizzerà in maniera enorme le procedure amministrative. Tra l’altro anche alcune imprese private potranno utilizzare la nuova tecnologia per consentire ai clienti di usufruire di alcuni loro servizi.
    Si viene a creare così un circuito virtuoso tra enti pubblici, privati e cittadini.
    Ma come si può ottenere il Pin Unico e quali sono gli enti autorizzati a concederlo agli utenti?

    Per adesso sono solo tre i fornitori delle identità digitali: Poste Italiane, Tim e Infocert. Nei prossimi mesi anche altre organizzazioni potranno richiedere all’Agenzia per l’Italia Digitale l’autorizzazione per diventare fornitori.
    Per quanto riguarda Poste italiane “I clienti che già dispongono di strumenti di identificazione – spiega Poste – come lettore BancoPosta, numero di telefono certificato su carta Postepay o Libretto Smart, APP PosteID, possono accedere ad una procedura di registrazione semplificata completamente online. I cittadini in possesso di Carta Nazionale dei Servizi/Carta d’identità elettronica attiva Carta d’identità elettronica o Firma Digitale possono acquisire la nuova identità digitale PosteID attraverso la medesima procedura di registrazione per i clienti di Poste Italiane“.
    In mancanza di questi requisiti bisognerà recarsi fisicamente negli uffici postali abilitati al rilascio del Pin unico, anche se ancora non è stato comunicato l’elenco degli uffici abilitati.
    Tim, invece, fa sapere che Spid sarà attivo solo per chi possiede la firma digitale o la Carta nazionale dei servizi. Infocert, infine, offre la possibilità di ricevere il Pin unico solo a chi dispone di firma digitale o Carta nazionale dei servizi o Carta d’identità elettronica.
    Si può, infine, riceverla recandosi alle sedi di Roma, Milano e Padova ad un costo di 15 euro.
    Capiamo benissimo, dunque, come il sistema sia ancora in fase embrionale e come pochi cittadini, almeno in un primo periodo, potranno usufruire di questo servizio, nella speranza che il processo di attivazione sia il più veloce possibile e possa davvero avvenire quella rivoluzione digitale della PA tanto reclamizzata, ma mai realmente avvenuta.


  • carta d'identità elettronica

    Potete dire addio alla vecchia carta d’identità in formato cartaceo.
    Dal mese di Marzo, infatti, in 153 Comuni verrà sperimentata la Carta d’Identità Elettronica (CIE).

    Si tratta di un documento di riconoscimento che, oltre a certificare l’identità del soggetto, consente anche di accedere ai numerosi servizi online del Pubblica Amministrazione, realizzando così un passo verso l’effettiva semplificazione e digitalizzazione del rapporto Stato-cittadini. In futuro, infatti, potranno essere carta d'identità elettronicapagate online multe, bollette e ticket sanitari utilizzando il riconoscimento elettronico garantito dal documento.
    La nuova Carta d’Identità Elettronica, inoltre, aumenta i livelli di sicurezza attraverso una serie di strumenti come le impronti digitali, ologrammi, sfondi di sicurezza e microscritture che rendono più difficile la contraffazione.
    Oltre ai classici dati anagrafici e agli elementi biometrici primari e secondari, il richiedente dovrà inoltre depositare la propria firma digitale e lasciare un riferimento, che sia il numero di telefono, l’indirizzo di posta elettronica o l’indirizzo Pec.
    È possibile, inoltre, rilasciare una dichiarazione facoltativa relativa alla donazione degli organi nella quale si specifica il proprio assenso o diniego alla donazione.
    Come comunicato dall’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) entro il 2018 la Carta d’Identità Elettronica sarà disponibile su tutto il territorio italiano.
    Per il momento il Ministero dell’Interno ha reso noto l’elenco dei 153 comuni sperimentatori, che a partire da Marzo potranno fornire ai cittadini il nuovo strumento.
    Vi proponiamo di seguito la lista dei comuni. Scoprite se è presente anche il vostro:

    1. AGORDO
    2. ALBIGNASEGO  
    3. ALESSANDRIA  
    4. ANCONA
    5. AOSTA
    6. ASSISI
    7. ASTI
    8. ATRIPALDA
    9. AURONZO DI CADORE
    10. AVELLINO
    11. BAGNASCO
    12. BARI
    13. BASTIA UMBRA 
    14. BELLUNO
    15. BIELLA
    16. BOLOGNA
    17. BOLZANO
    18. BORCA DI CADORE
    19. BORGO SAN MARTINO
    20. BOVALINO
    21. BRESCIA
    22. BRINDISI
    23. BROLO
    24. BUGLIO IN MONTE 
    25. BUSSOLENGO
    26. CAMPIONE D’ITALIA
    27. CAMPOBASSO
    28. CAMPODARSEGO 
    29. CANELLI
    30. CARAFFA DI CATANZARO
    31. CASALE MONFERRATO
    32. CASTEL SAN PIETRO TERME
    33. CASTELLARANO
    34. CASTEL NUOVO DI PORTO
    35. CATANIA
    36. CATANZARO
    37. CAULONIA
    38. CEFALU’
    39. CENTO
    40. CESENA
    41. CHIUSI
    42. CITTADUCALE
    43. CIVITAVECCHIA
    44. COLLECCHIO
    45. CONEGLIANO
    46. CORTINA D’AMPEZZO
    47. CREMONA
    48. DOMEGGE DI CADORE
    49. FARA IN SABINA  
    50. FAVIGNANA
    51. FELTRE
    52. FIRENZE
    53. FIUMICINO
    54. FLERO
    55. FLORIDIA
    56. FOGGIA
    57. FORTE DEI MARMI
    58. FOSSACESIA
    59. FRASCATI  
    60. GENOVA
    61. GIAVENO
    62. GORIZIA
    63. GROSSETO
    64. GROTTAFERRATA
    65. IESOLO
    66. IGLESIAS 
    67. IMOLA
    68. IMPERIA
    69. JESI  
    70. LAMON
    71. L’AQUILA
    72. LENTIAI
    73. LIVOO
    74. LOCRI
    75. LULA
    76. MACERATA
    77. MACOMER
    78. MANTOVA
    79. MARTONE  
    80. MILANO
    81. MODENA
    82. MOGLIA 
    83. MONTALTO DI CASTRO
    84. MONTECHIARUGOLO 
    85. MONTE PORZIO CATONE
    86. MONTEGIORGIO  
    87. MONTEGRANARO
    88. NAPOLI
    89. NIBIONNO
    90. NICOLOSI
    91. ORIO AL SERIO
    92. PADOVA
    93. PALMI
    94. PARMA
    95. PERAROLO DI CADORE
    96. PERUGIA
    97. PESARO
    98. PESCARA
    99. PIACENZA
    100. PIANORO
    101. PIEVE D’ALPAGO
    102. PIEVE DI CADORE
    103. PISA
    104. POGGIO MIRTETO 
    105. POGGIO MOIANO 
    106. PORDENONE
    107. POTENZA
    108. PRATO
    109. RAGUSA 
    110. RAVENNA
    111. RIMINI
    112. ROCCA PIETORE
    113. ROCCELLA JONICA
    114. ROMA
    115. ROSA’
    116. ROSIGNANO MARITTIMO  
    117. SAN BENEDETTO DEL TRONTO
    118. SAN DONA’ DI PIAVE 
    119. SAN DONATO MILANESE 
    120. SANTA MARIA A MONTE 
    121. SAN TOMASO AGORDINO
    122. SAN VITO AL TAGLIAMENTO  
    123. SASSARI
    124. SCAFATI
    125. SCALEA
    126. SCHIO 
    127. SEDICO
    128. SEGRATE
    129. SEREGNO 
    130. SIENA
    131. SPECCHIA
    132. SPERLONGA
    133. TAMBRE
    134. TAORMINA
    135. TARANTO
    136. TORINO
    137. TRAPANI
    138. TRAVAGLIATO  
    139. TRENTO
    140. TREVIGNANO 
    141. TRICHIANA
    142. TRIESTE
    143. VALLADA AGORDINA  
    144. VARESE
    145. VAS
    146. VENEZIA
    147. VENTIMIGLIA
    148. VERONA
    149. VIGEVANO
    150. VIGONZA
    151. VILLAFRANCA DI VERONA
    152. VITERBO
    153. ZOPPE’ DI CADORE


  • Un decreto del Ministero dell’Interno (emanato con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e con il Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione) del 23 dicembre 2015 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2015 n. 302, definisce i criteri e le modalità di ottenimento della nuova Carta d’Identità elettronica (CIE).

    Si tratta di un documento d’identità che conterrà tutti le informazioni biometriche sulla persona e, per i maggiorenni, ci saranno persino le proprie impronte digitali.
    carta-d'identitàTutti i dati saranno contenuti all’interno di un microchip che sarà in grado di rilevare l’autenticità della CIE e l’identità del titolare attraverso elementi comparativi direttamente disponibili ed escludendo confronti in modalità “uno a molti”.
    Il richiedente dovrà fornire al Comune o al Consolato che si occupa della produzione del documento le seguenti informazioni:

    • elementi biometrici primari;
    • elementi biometrici secondari;
    • firma autografa nei casi previsti;
    • dato relativo all’autorizzazione o meno all’espatrio;
    • dato facoltativo relativo alla volontà di donazione o di diniego di organi e/o tessuti;
    • eventuali indirizzi di recapito della CIE o di contatto del richiedente per ricevere comunicazioni inerenti allo stato di avanzamento della pratica di rilascio della CIE.

    Il Comune o il Consolato rilascerà alla fine una ricevuta di richiesta del documento con il numero della pratica e la prima parte dei PIN/PUK associato alla CIE, che servirà ad accedere ai servizi digitali della P.A.
    La seconda parte del PIN/PUK verrà comunicata al momento della consegna della Carta d’Identità Elettronica, prevista entro sei giorni lavorativi.



  • Il Governo Renzi sta portando avanti tanti provvedimenti per la digitalizzazione del paese: la fatturazione elettronica, il 730 precompilato, il piano per l’implementazione della connessione a banda larga ed altre iniziative che vanno verso la strada delle pratiche digitali.
    All’interno della Legge di Stabilità 2016 è presente, però, un articolo, il 29, che disciplina un taglio di 3 miliardi di euro alla spesa informatica della P.A. e della sanità pubblica, che equivale a circa il 50% delle risorse.

    Un provvedimento di questo tipo invita a porci una serie di interrogativi su quali siano le reali intenzioni del Governo in tema di digitale.
    cookie lawI fornitori di materiale Ict alle pubbliche amministrazioni sono costretti da anni ad operare tra mille difficoltà, tra le quali registriamo le gare al massimo ribasso ed i ritardi cronici nei pagamenti da parte delle P.A, che hanno portato la Commissione europea ad avviare una procedura d’infrazione nei confronti del nostro paese.
    Ridurre ulteriormente le già scarse risorse per la digitalizzazione delle amministrazioni significa gettare al vento le belle parole sulla volontà di questo esecutivo di colmare il gap digitale con gli altri paesi.
    L’evoluzione tecnologica viaggia a ritmi sfrenati. Con un approccio di questo tipo è impossibile stare al passo con i cambiamenti delle nuove tecnologie e rendere più efficiente l’intero apparato burocratico.
    La sensazione è che ci sia in atto un taglio quasi indiscriminato delle risorse alla pubblica amministrazione, dettato da necessità di spending review e da un’opinione pubblica stanca degli sperperi e del lassismo di alcuni enti pubblici.
    In questo modo, però, si rischia semplicemente di mortificare un settore vitale per l’economia del nostro Paese, per cui senza un P.A. digitale ed efficiente anche le imprese faticheranno ad investire sui territori e a restare competitivi sul mercato internazionale.



  • È possibile rendere la Pubblica Amministrazione più digitale e più vicina ai cittadini, magari consentendo a questi ultimi di finanziare i progetti ed i servizi utili per l’intera comunità?
    Questa pratica così complessa da attuare e così affascinante ha un nome: crowdfunding civico. Si tratta di uno straordinario strumento di partecipazione e di coinvolgimento diretto dei cittadini nella vita della propria collettività, un modo per contribuire alla crescita della città ed aumentare la qualità della vita dei suoi abitanti.

    In Italia abbiamo già qualche esempio di crowdfunding civico, uno su tutti è la ristrutturazione del portico di San Luca, a Bologna, avvenuta attraverso le donazioni volontarie di 7.111 cittadini: un bell’esempio di democrazia partecipata e di senso civico.
    Ma bastano pochi esempi vincenti per far diventare il crowdfunding civico una prassi all’interno di ogni amministrazione pubblica?
    Allo stato attuale sembra un’impresa impossibile e lo è soprattutto dal punto di vista culturale.
    Manca in Italia una concezione dello Stato come erogatore di servizi per la collettività e come grande contenitore dei bisogni comuni.
    Del resto gli scandali, anche recenti, legati al mondo della politica e della P.A. non hanno certamente contribuito a cambiare la nozione di uno Stato autoreferenziale ed in alcuni casi anche corrotto.
    Chiedere ai cittadini un finanziamento, anche in forma libera, di un progetto di interesse collettivo verrebbe comunque visto come una sorta di appropriazione pubblica del denaro privato e un’ulteriore tassa da pagare.
    Questo è uno dei tanti motivi per cui gli strumenti di smart city e di economia digitale faticano ancora ad affermarsi nel nostro Paese e difficilmente lo faranno prima che la cultura digitale e quella politica trovi spazio nelle aule scolastiche e nelle arene pubbliche.
    Solo a quel punto, forse, il crowdfunding civico potrà diventare una realtà possibile.



  • La digitalizzazione della società italiana è un fenomeno di grande rilevanza. Interessa vari ambiti ed una volta compiuto in maniera efficace può portare ad enormi miglioramenti dell’economia italiana.
    Le classifiche stilate di recente in materia di economia e cultura digitale relegano l’Italia agli ultimi posti su scala europea, mentre i paesi dell’Europa del Nord sono i leader pressoché incontrasti.
    C’è un settore, in particolare, attraverso il quale è possibile misurare il grado di civiltà di una nazione ed è quello della giustizia. Troppo spesso il nostro paese è stato ammonito in sede europea per l’eccessiva lunghezza dei nostri processi e più in generale per un apparato burocratico farraginoso che finisce per non fornire agli imputati le dovute garanzie.

    14112014Secondo la Commissione Europea, però, sono riscontrabili nel nostro paese dei parziali miglioramenti nell’ambito della giustizia digitale. Anche il settore giudiziario, infatti, è interessato dai processi di innovazione tecnologica che stanno rivoluzionando l’intera società.
    La digitalizzazione della giustizia può portare importanti miglioramenti in termini di velocità dei processi e di efficienza degli stessi.
    A partire dal 2010 in poi, secondo la Commissione, l’Italia ha migliorato i propri indicatori in materia di giustizia digitale. Il riferimento è in particolare all’uso della tecnologia per la gestione e la registrazione dei casi.
    Il nostro paese è ancora lontano dai vertici di questa specifica graduatoria, dove svettano Danimarca, Estonia e Francia, ma con un punteggio di 3,5 migliora il proprio score e si posiziona a metà classifica.
    In miglioramento anche la comunicazione elettronica tra i tribunali e le parti, dove l’Italia passa da un punteggio di 2,5 dell’anno 2010 a 3 punti ottenuti nel 2013. L’Italia fa registrare il massimo punteggio in merito alla possibilità del pubblico di accedere alle informazioni sul sistema giudiziario, mentre si trova all’ultimo posto insieme a Danimarca e Svezia per l’opportunità di accedere gratuitamente alle sentenze civili e commerciali.
    In via definitiva l’implementazione delle nuove tecnologie per la gestione e la comunicazione degli atti processuali è ancora in itinere, ma i miglioramenti riscontrati negli ultimi anni fanno ben sperare in vista di una maggiore efficacia ed una durata inferiore dei processi.



  • Il Networked Readiness Index è un indicatore che ci permette di valutare lo stato di avanzamento delle tecnologie digitali nei singoli paesi ed il loro impatto sui rispettivi tessuti economici e sociali.
    Si tratta di uno dei tanti strumenti utilizzati all’interno del World Economic Forum’s Global Information Technology Report 2015: ICTs for Inclusive Growth, un rapporto dettagliato sull’economia digitale di ben 143 paesi in tutto il mondo.
    Ne viene fuori un report molto accurato ed interessante che conferma alcune tendenze emerse negli ultimi anni.

    Se prendiamo in considerazione l’NRI (Networked Readiness Index), troviamo un netto predominio dell’Europa del Nord nelle prime posizioni. Ci sono, infatti, ben sette paesi europei nei primi dieci posti della graduatoria. Dietro a Singapore, classificatosi primo, abbiamo, infatti, Finlandia, Svezia, Olanda, Norvegia e Svizzera.
    Poco più indietro ci sono la Gran Bretagna (8°) e la Germania (13°). I paesi europei si confermano, dunque, all’avanguardia in materia di diffusione delle tecnologie ICT, implementazione delle relative strutture di connettività veloce e soprattutto il relazione al loro impatto sulla crescita economica delle singole realtà economiche.

    digitalNon gode dello stesso splendore tecnologico l’Italia. Il nostro paese è relegato, infatti, ad un misero 55° posto, facendo registrare in una scala da 1 a 7, un punteggio di 4.3.
    La Finlandia, per fare un esempio, ha un NRI di 6 punti, lo steso score di Singapore primo.
    Ma quali sono i problemi del nostro paese in tema di digitale? Lo studio riportato analizza il ruoto delle tecnologie ICT in base a quattro dimensioni: il contesto regolatore, la cultura digitale, il grado di utilizzo delle nuove tecnologie ed il loro impatto sulla situazione economica e sociale del paese.
    Se analizziamo nel dettaglio gli indicatori appena elencati, notiamo come l’Italia faccia registrare il proprio score migliore per quanto riguarda la cultura digitale (33° posto con un punteggio di 5.5).
    Merito soprattutto dei costi limitati delle nuove tecnologie e delle abilità digitali degli italiani che risultano essere nella media europea.
    Lo stesso ragionamento non può essere esteso agli altri indicatori. L’Italia, addirittura, viene collocata al 102° posto in relazione alla capacità del contesto politico di facilitare lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie all’interno della società italiana.
    Il nostro paese ottiene degli score molto bassi anche in merito all’utilizzo istituzionale degli strumenti digitali ed al loro impatto sociale, con particolare riferimento alla formazione scolastica, alla salute, al benessere sociale ed in generale a tutti i servizi offerti ai cittadini.
    L’Italia, a conti fatti, ha bisogno di politiche pubbliche che incentivino l’innovazione e che sfruttino il potenziale delle nuove tecnologie nella crescita economica del paese.



  • Scatta oggi l’operazione fatturazione elettronica. A partire dalla data odierna, tutte le pubbliche amministrazioni saranno tenute ad effettuare o ricevere dei pagamenti emettendo la relativa fattura in un formato strutturato e firmato digitalmente.
    Si tratta di una vera e propria rivoluzione che opera nel senso della digitalizzazione, semplificazione e riduzione dei costi dell’apparato burocratico.
    Lo strumento della fatturazione elettronica è già operativo da giugno per tutte le amministrazioni centrali: ministeri, enti previdenziali, presidenza del consiglio, forze di polizia, ecc. hanno già sperimentato l’efficacia di questo meccanismo.
    Dal 31 marzo sono coinvolti dalla misura anche le amministrazioni periferiche. con particolare riferimento agli enti locali. I nuovi soggetti coinvolti sono 12.450, per un totale di 21.500 enti pubblici e 46.076 uffici che saranno obbligati a redigere la fattura elettronica.

    agenda-digitaleL’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano, in occasione del convegno “31 Marzo 2015 – Fatturazione Elettronica: ultima chiamata!”, ha fornito alcuni dati interessanti sull’impatto prepotente che avrà la fatturazione elettronica nel mondo della pubblica amministrazione italiana.
    Secondo l’osservatorio sono già 2,2 milioni le fatture elettroniche inviate al Sistema di Interscambio, il sistema informatico che fa da tramite tra le P.A. ed in fornitori analizzando i documenti inviati. Quando lo strumento entrerà a regime si calcola che saranno addirittura 50 milioni le fatture che ogni anno passeranno dal sistema di interscambio, per un valore complessivo di 135 miliardi di euro.

    Si tratta, dunque, di numeri esorbitanti che testimoniano la rilevanza delle rivoluzione che porterà questo meccanismo sia all’interno delle P.A. che tra i fornitori.
    L’implementazione della fatturazione elettronica renderà più trasparenti e semplificati i rapporti tra cittadini ed enti pubblici e, cosa ancora più importante, comporterà un enorme risparmio di risorse per i conti pubblici e per le casse delle stesse aziende fornitrici.
    L’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, infatti, ha calcolato che le P.A risparmieranno circa 17 euro per ogni documento elettronico ricevuto: 14 euro sono dovuti alla riduzione dei costi della manodopera per l’approvazione delle fatture, la protocollazione ed il registro; 3 euro, invece, sono per la gestione e l’archiviazione dei dati.
    Ci sarà un risparmio notevole anche per i fornitori, attestato attorno ai 6-8,5 euro per ogni fattura emessa, dovuti al minor costo della manodopera e alla riduzione del materiale utilizzato e dello spazio occupato nella conservazione della fattura.
    In totale si parla addirittura di una riduzione dei costi per la P.A. stimata attorno ad 1 miliardo di euro l’anno.
    Abbattimento dei tempi di pagamento, diminuzione dei costi, digitalizzazione e maggiore trasparenza dei rapporti tra pubblica amministrazione ed imprese: la fatturazione elettronica rappresenta un passo importante verso la reale innovazione del sistema amministrativo italiano.



  • Semplificazione e digitalizzazione nei rapporti tra cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione. Sono queste le linee direttive lanciate dal Governo e auspicate dalle istituzioni europee.
    L’Italia presenta uno degli apparati amministrativi meno efficienti d’Europa: tantissimi adempimenti burocratici, lunghe file d’attesa negli uffici pubblici, scarsa implementazione dei servizi online e ritardi ancestrali nel pagamento dei debiti nei confronti delle imprese.
    Proprio a causa di quest’ultima mancanza l’Italia è stata sottoposta a numerose procedure d’infrazione in sede europea, che hanno costretto il nostro paese a riformare il sistema dei pagamenti alle imprese.

    agenda-digitaleL’introduzione della fatturazione elettronica agisce in tal senso. A partire dal 31 marzo, il meccanismo già in vigore per le amministrazioni centrali, sarà esteso anche alle P.A a livello locale.
    Tutti i rapporti di fornitura di beni e servizi tra imprese private e pubbliche amministrazioni dovranno essere regolati attraverso una fattura sotto forma di documento digitale.
    Addio, dunque, agli scontrini fiscali e spazio agli strumenti di naturale digitale, con la speranza di semplificare l’apparato burocratico, velocizzare i tempi di pagamento e ridurre l’evasione fiscale.
    Obiettivi ambiziosi, ma raggiungibili nel lungo periodo con un attento lavoro di implementazione di questi meccanismi su scala nazionale.

    La misura è rivolta in primo luogo alle aziende. La fatturazione elettronica obbligherà, infatti, le P.A. a saldare i propri debiti entro il termine massimo di un mese: in questo modo le piccole realtà imprenditoriali italiane potranno far fronte con maggiore facilità ai problemi di liquidità che hanno costretto addirittura numerose Pmi a chiudere i battenti.
    Ogni impresa e P.A. dovrà inviare la propria fattura digitale ad un sistema di interscambio, il quale procederà a valutarne correttezza ed eventuali criticità. Una volta effettuati i dovuti controlli, la invierà al destinatario.
    La presenza di un intermediario tra aziende e pubbliche amministrazioni servirà a rendere il processo di fornitura di beni e servizi più celere e sottoposto a più rigidi controlli.
    Ovviamente non tutte le amministrazioni e non tutte le piccole imprese sono pronte all’innovazione imminente.
    Per questo motivo risulta fondamentale l’operato che stanno svolgendo i digital champions a livello locale attraverso una campagna di informazione e di consulenza molto dettagliata.
    Per avere ulteriori informazioni di carattere tecnico vi invitiamo a rivolgervi ai digital champions di riferimento sul vostro territorio o a consultare il sito dell’Agenda digitale italiana.