Categoria: StartUp

  • unicredit start lab 2016

    Alla fine del mese di giugno 2016 sono 5.943 le startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese, con una variazione positiva di 504 unità (+9,2%) rispetto a marzo 2016. 

    Infocamere ha pubblicato oggi il rapporto sulle startup innovative in Italia nel secondo trimestre 2016, fornendo informazioni sul numero delle imprese, la loro unicredit start lab 2016composizione, la diffusione territoriale ed i settori di appartenenza.
    Si conferma in crescita per il numero di startup nel nostro Paese, il cui sviluppo è favorito soprattutto da un ecosistema normativo maggiormente favorevole.
    Per quanto riguarda i settori di riferimento il 71,3% delle startup innovative fornisce servizi alle imprese (la maggior parte delle quali si occupa di produzione software e consulenza informatica, 30%; attività di R&S, 14,8%; attività dei servizi d’informazione, 8,2%), il 18,9% opera nei settori dell’industria in senso stretto (su tutti: fabbricazione di computer e prodotti elettronici e ottici, 3,7%; fabbricazione di macchinari, 3,4%; fabbricazione di apparecchiature elettriche, 2,1%); il 4,4% delle startup opera nel commercio. Mostrano ancora dati deludenti settori dal grande potenziale per l’economia italiana, ovvero il turismo e l’agricoltura, ambiti nei quali possiamo contare rispettivamente 35 e 26 startup.

    È interessante analizzare la composizione delle imprese innovative e la loro distribuzione sul territorio italiano. La startup innovativa è la forma d’impresa più diffusa tra i giovani e lo dimostrano anche i dati di Infocamere. Quelle a prevalenza giovanile (under 35), infatti, sono 1.323, il 22,3% del totale, una quota pari a più di tre volte rispetto a quella delle società di capitali con prevalenza giovanile (6,7%). Le società, invece, in cui almeno un giovane è presente nella compagine societaria sono 2.290 (38,5% del totale startup, contro un rapporto del 13,2% se si considerano le società di capitali con presenza giovanile).
    Non si può dire lo stesso per le donne, se è vero che le startup a componente prevalente femminile sono solamente 813, il 13,7% del totale delle startup innovative contro un rapporto del 16,8% delle società di capitali a prevalenza femminile sul totale delle società di capitali.
    Per quanto riguarda, invece, le aree territoriali, la palma della regione con più startup spetta ancora una volta alla Lombardia con 1.285 imprese, corrispondenti addirittura al 21,5% del totale delle startup italiane.  Seguono l’Emilia-Romagna con 703 (11,8%), il Lazio 601 (10,1%), il Veneto 450 (7,6%) e il Piemonte 387 (6,5%).
    Tra le province domina Milano con 874 startup, davanti a Roma con 520, Torino 291, Napoli 190 e Bologna 178.
    Non sono ancora disponibili i dati sul profilo occupazionale nel secondo trimestre 2016 che vengono rilasciati dall’Inps tre mesi dopo la pubblicazione di Infocamere. Possiamo dire, però, che a fine marzo 2016 le 2.356 startup con dipendenti impiegano 8.193 persone (in aumento di 1.669 unità rispetto a fine dicembre, +25,58%).

     


  • venture-capitalist-italia

    Il capitale di rischio rappresenta una risorsa fondamentale per le startup. In Italia gli investimenti da parte dei venture capitalist sono ancora piuttosto limitati, anche se presentano dei picchi interessanti in determinate regioni. 

    Il Sole 24 Ore ha pubblicato i dati dell’Aifi, l’Associazione italiana del venture capital, private equity e private debt, sulle risorse drenate verso le startup nel periodo 2013-2015.
    venture-capitalist-italiaComplessivamente negli ultimi tre anni sono stati investiti 185 milioni di euro. Al primo posto troviamo la Lombardia che ha attirato 48 milioni di euro; seconda, in maniera sorprendente, è la Sardegna con 36 milioni di euro, corrispondenti al 20% delle risorse investite in startup. Terza, invece, l’Emilia Romagna (25 milioni).
    Se analizziamo, invece, il numero di operazioni effettuate nell’ultimo triennio, ci sono state in tutto 362 operazioni, la maggior parte delle quali (103) realizzate in Lombardia. Molto più indietro la seconda e la terza classificata, ovvero Campania e Sardegna, che sono state protagoniste rispettivamente di 36 e 35 operazioni.
    Spicca in negativo il numero limitato di investimenti effettuati nelle regioni del Sud: Puglia e Molise, ad esempio, sono addirittura a quota zero, mentre Basilicata e Calabria fanno registrare rispettivamente una e cinque operazioni.

    Per quanto riguarda, invece, i settori coinvolti negli investimenti in capitale di rischio, svetta quello dei computer con 81 operazioni, seguito da quello dei servizi non finanziari (51) e dal medicale (39).
    In generale l’Italia è ancora poco attraente verso gli investimenti privati. Basta dare una rapida occhiata ai dati dell’Europa e del Regno Unito (il paese europeo con il numero più alto di risorse investite in startup hi-tech) per renderci conto dello stato di arretratezza nel quale verso il nostro Paese.
    Secondo Kpmg e CB Insights, solo nell’anno 2015, gli investimenti da parte dei venture capitalist in Europa hanno raggiunto quota 13 miliardi. Il 48% delle operazioni ha riguardato le imprese operative nel settore Internet.
    La Gran Bretagna ha ricevuto addirittura 4,7 miliardi di euro di euro, più di un terzo del totale degli investimenti fatti registrare nel Vecchio Continente.


  • questionario-startup

    Il decreto direttoriale dell’1 Luglio 2016  sancisce la possibilità di costituire una startup con una semplice firma digitale.

    Non sarà più, dunque, obbligatorio stipulare un atto pubblico dal notaio, semplificando così enormemente la procedura di costituzione di una nuova impresa. La nuova questionario-startupregolamentazione riguardante l’“Approvazione delle specifiche tecniche per la struttura di modello informatico e di statuto delle società a responsabilità limitata start-up innovative” entrerà in vigore il 20 luglio e renderà operativo il decreto del 17 febbraio 2016.
    Il nuovo quadro legislativo consentirà ai membri di società a responsabilità limitata (s.r.l.), avente per oggetto esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, per i quali viene richiesta l’iscrizione nella sezione speciale del R.I. delle start up, di effettuare la suddetta richiesta di iscrizione direttamente online attraverso un modulo tipizzato firmato digitalmente.

    La modulistica dovrà essere firmata digitalmente da ciascuno dei sottoscrittori oppure dall’unico sottoscrittore in caso di società uni-personale.
    Il procedimento di sottoscrizione dei soci dovrà concludersi entro dieci giorni dalla prima sottoscrizione. Una volta terminato il processo di richiesta al registro speciale per le startup della Camera di Commercio, quest’ultima dovrà verificare la presenza di eventuali irregolarità o errori formali entro venti giorni dall’ultima sottoscrizione.
    Come specifica una circolare del Mise la scelta è ricaduta sulle srl per via della “rilevanza numerica delle start-up iscritte in sezione speciale e costituite in forma di s.r.l. (che rappresentano ad oggi oltre l’80% del numero complessivo delle start-up); in secondo luogo, si è tenuto conto del regime particolarmente favorevole, che il legislatore degli articoli 25 e seguenti del D.L. 179 del 2012 ha riservato alle start-up s.r.l. (ex pluribus la disciplina relativa alle diverse categorie di quote, all’equity crowdfunding, …)”.


  • growitup-startup

    Gli scarsi investimenti delle grandi aziende e dei venture capitalist nelle startup italiane è uno dei più grandi problemi dell’ecosistema innovativo nostrano. 

    Nonostante nei primi sei mesi del 2016 siano stati investiti 142 milioni nelle imprese innovative italiane, ovvero la cifra più alta fatta registrare fin qui in Italia, il growitup-startupconfronto con gli altri paesi è abbastanza impietoso. Senza andare a scomodare la Silicon Valley, rimanendo in Europa, paesi come la Gran Bretagna, la Germania e la Francia investono una quantità di risorse di gran lunga superiore all’Italia.
    Come riporta, infatti, il Corriere Innovazione, il Regno Unito investe 4.3 miliardi di euro in startup, mentre Germania e Francia si attestano rispettivamente sui 2.6 e 1.8 miliardi. È evidente, dunque, come ci sia una differenza abissale tra l’Italia e le altre grandi nazioni europee, colpa di un sistema burocratico e normativo poco attraente per gli investitori stranieri e non.
    Per sviluppare l’ecosistema innovativo italiano Microsoft e Fondazione Cariplo hanno deciso, allora, di investire 10 milioni di euro su un nuovo progetto. Si chiama GrowITup ed è un acceleratore collaborativo per le startup del Made in Italy.
    Nello specifico GrowITup intende aiutare le imprese italiane attive nel campo del Food, Fashion & Design, Manufacturing, Energia, Servizi finanziari, Turismo & Entertainment, Health & Well being.

    L’obiettivo è creare 10.000 posti di lavoro nei prossimi tre anni attraendo investimenti anche e soprattutto da imprenditori stranieri per arrivare a quota 1 miliardo di capitale investito in startup entro il 2020.
    GrowITup nasce con un intento ambizioso, ovvero quello di creare un circuito collaborativo tra grandi imprese, startup digitali, venture capitalist, acceleratori ed incubatori e di realizzare così un effettivo scambio di conoscenze, competenze e risorse tra gli attori coinvolti. Per intraprendere la strada dell’economia digitale, le grandi aziende italiane hanno bisogno del know-how delle startup digitali così come queste ultime per crescere necessitano di investimenti corposi anche di soggetti privati e non solo da parte degli investitori pubblici.
    Tra i partner iniziali di GrowITup ci sarannoAlpitour, Barilla, Enel, Generali, Innovation Center di Intesa Sanpaolo, New Hollande Agriculture, Technogym, Accenture, Avanade e Hawlett Packard Enterprise.


  • startup-iva

    29 nomi per un mercato comune delle startup europee. 
    Alcune delle personalità più conosciute in materia di innovazione hanno presentato alla Commissione Europea un progetto per una piattaforma che mette in rete le imprese innovative europee uniformandone il quadro legale. 

    Si chiama a proposta del Single Startup Market ed è stato ideato dall’Unicorn Forum (associazione creata da Gianluca Dettori) e dal Founders Forum. L’obiettivo è costruire un mercato delle startup europee con unico quadro legale.
    startup-ivaAllo stato attuale la legislazione sulle startup presenta differenze enormi di paese in paese, impedendo alle imprese innovative di intraprendere un reale percorso di scalabilità. In Europa ci sono 500 milioni di potenziali consumatori che si rivelano in realtà irraggiungibili a causa delle difficoltà di natura burocratica.

    Il progetto di un Single Startup Market prevede di creare un unico sistema legale in materia di incentivi fiscali, tasse, lavoro, quotazioni in borsa e procedure di fallimento delle startup. Uniformare le regole non significa solamente avere un quadro legislativo più chiaro e coerente di stato in stato, ma soprattutto rende le startup europee maggiormente attrattive agli occhi di eventuali investitori.
    Regole comuni vuol dire avere un regime paneuropeo per oltre 100mila aziende – dichiara Dettori – che a quel punto non avranno più motivo di scegliere una sede legale piuttosto che un’altra. Oltre a questo servirebbe anche per gli investitori che avrebbero un’unica legislazione in un unico mercato a cui fare riferimento“. Senza contare che la nascita del Single Startup Market faciliterebbe la contaminazione tra le imprese innovative a livello europeo, attivando quel processo di scambio di conoscenze e competenze fondamentale per ogni startup.


  • startup-finanza

    Entro la fine del mese il Governo dovrebbe approvare il decreto Finanza per la crescita, un provvedimento volto a favorire la crescita dimensionale e l’internazionalizzazione delle aziende e rendere più agevole l’accesso al credito. 

    Tra le misure più attese ci dovrebbe essere un’azione per le imprese che investono in startup. In Italia sono ancora poche le aziende che decidono di finanziare altre società, per via di una cultura imprenditoriale profondamente diversa rispetto a paesi come gli Stati startup-finanzaUniti, dove investimenti di questo tipo sono all’ordine del giorno, e a causa di una tassazione troppo penalizzante.
    Il ministero dell’economia proverà ad intervenire inserendo nel decreto Finanza per la crescita una misura di detassazione per le aziende che investono in imprese che generano ricavi compresi tra i 50 ed i 200 milioni di euro.
    Il Governo sta ancora valutando le diverse modalità di attuazione. L’ipotesi in ballo in questo momento riguarda la possibilità di ridurre il carico fiscale per le società quotate che acquisiscono una partecipazione in una startup attiva da non più di cinque anni.
    L’investimento sarà con ogni probabilità vincolato ad una serie di parametri ancora da stabilire. Probabile venga disciplinata una durata minima dell’investimento e stabilito un tipo di asset allocation da utilizzare.
    Secondo Il Sole 24 Ore dovrebbe essere ritoccato il prelievo sul capital gain, che attualmente si attesta al 26,5%.
    Si tratta, ad ogni modo, di un passo in avanti nell’ottica della creazione di un ecosistema innovativo che non benefici solamente di investimenti pubblici o di capitali propri, ma che sia in grado di attirare anche investitori privati italiani ed esteri.



  • Sono 5.439 le startup innovative iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese nel primo trimestre 2016. 

    I dati forniti dal Ministero dello Sviluppo Economico certificano la costante crescita del numero delle startup. Nel confronto con il mese di dicembre 2015 c’è una startup-2016variazione positiva del 5,8%, che testimonia una tendenza in atto già da qualche anno.
    Cresce anche il capitale sociale che a fine marzo ammonta a circa 277 milioni di euro complessivi e a 51mila euro di media ad impresa, con un aumento del 7,3% rispetto al periodo ottobre-dicembre 2015.

    Il 72% delle startup fornisce servizi alle imprese; in particolare la maggior parte si occupa di produzione software e consulenza informatica (30%) e attività di ricerca e sviluppo (15,1%). Dal punto di vista della distribuzione territoriale, domina ancora la Lombardia con 1.183 startup (21,8% del totale), seguita da Emilia-Romagna con 625 (11,5%), Lazio 548 (10,1%), Veneto 404 (7,4%) e Piemonte 365 (6,7%).
    La città con il maggior numero di imprese innovative è ancora una volta Milano con 802 (14,8% del totale), davanti a Roma con 475 (8,7%), Torino 273 (5%), Napoli 127 (3,2%) e Bologna 154 (2,8%).

    Per quanto riguarda, invece, la forma cooperativa, come testimonia una recente analisi di Coopstartup, al 18 aprile 2016 il numero delle startup cooperative ammonta a 114, corrispondenti al 2,1% del totale. Nonostante le startup che assumono la forma cooperativa presentino un ritmo di crescita simile, se non maggiore, rispetto alle altre forme d’impresa, si tratta ancora di numeri piuttosto esigui.
    La formula cooperativa non è ancora percepita come lo strumento per migliore per fare impresa e soprattutto per fare startup. Il mondo della cooperazione, in vista dell’imminente unione delle sigle, sarà chiamato ad effettuare un cambio di marcia, migliorando il numero e la qualità dei progetti a favore delle startup cooperative e implementando la comunicazione sui valori e sulle peculiarità della cooperazione.


  • questionario-startup

    L’Italia deve compiere diversi passi in avanti in materia di startup ed innovazione. 
    Si tratta di un dato di fatto, avvalorato spesso e volentieri dai numeri. 

    Questa volta a fare notizia è una rilevazione del Mise, riportata da Il Sole 24 ore, seconda la quale circa 5.000 startup e 23.000 Pmi non sanno di avere i requisiti per essere considerate innovative.
    questionario-startupUna mancanza dettata dalla scorsa conoscenza delle norme e da una comunicazione debole da parte del Ministero circa la normativa sull’universo innovativo e le relative (poche) opportunità per il mondo delle startup e delle Pmi innovative.
    Imprese ed istituzioni appaiono il più delle volte della realtà distanti tra di loro, quasi incapaci di comunicare.
    Per questo motivo il Ministero dello Sviluppo economico ha deciso di inviare a ciascuna delle 28mila startp che secondo il Registro delle imprese possiedono i requisiti per essere considerate innovative, un’informativa sulle opportunità offerte dai due regimi di agevolazione.

    In questi giorni, inoltre, il Mise, in collaborazione con l’Istat, ha elaborato un questionario che verrà inviato a tutte le startup per mapparle nel miglior modo possibile.
    L’indagine è divisa in quattro parti, con domande sul:

    1. capitale umano (numero di dipendenti e loro livello di istruzione, conoscenza delle lingue, ecc);
    2. capitale finanziario (tipologia di finanziamento e quali sono gli investitori);
    3. livello di innovazione (spesa per ricerca e sviluppo);
    4. conoscenza della normativa sulle startup;

    Aldilà delle norme e delle agevolazioni presenti nell’ordinamento italiano, il monitoraggio delle imprese innovative è essenziale per conoscere le loro esigenze ed attivare un canale di dialogo e comunicazione proficuo per entrambe le parti.


  • venture-capital-italia

    Nel 2015 il venture capital italiano ha investito 74 milioni di euro in startup, effettuando in tutto 122 operazioni. 

    Questi numeri sono stati elaborati dall’Aifi (Associazione italiana del private equity e venture capital) e raccontano un quadro abbastanza desolante per l’universo innovativo italiano.
    venture-capital-italiaDel resto, basta effettuare un confronto con i principali paesi europei per renderci conto di quanto l’Italia sia indietro in tema di finanziamenti privati alle imprese nascenti.
    Tra il 2012 e 2014 la Francia ha fornito alle startup 1,7 miliardi di euro, il Regno Unito 1,8 miliardi, la Germania quasi 2 miliardi.
    Sapete quanto ha impiegato il nostro Paese a raggiungere queste cifre? Più di 15 anni.
    Sempre secondo le elaborazioni dell’Aifi, l’Italia ha investito dal 2000 in avanti quasi 1,3 miliardi di euro, cioè meno di quanto abbiano fatto Francia, Germania e Gran Bretagna nel periodo tra il 2012-2014.

    Eppure sembra che il capitale non manchi. Come riporta il Sole 24 Ore, infatti, i cinque fondi di venture capital autorizzati dalla Banca d’Italia (Panakés, P101, United Ventures, Principia, Innogest) vantano un capitale complessivo di 493 milioni. Si tratta di una cifra considerevole
    L’Italia non possiede ancora un numero di venture capital paragonabile a quello di altre nazioni europee, ma ci sono comunque ingenti risorse che possono essere investite.
    Come abbiamo più volte sottolineato in questa sede, allo stato attuale, il capitale delle startup innovative è costituito principalmente da risorse personali degli imprenditori o da fondi provenienti da bandi pubblici.
    Manca ancora quel circuito di investimento venture capital/startup che è la base per lo sviluppo di una moderna economia digitale. Quando si comprenderà appieno la necessità di investire in tecnologia e ricerca, allora l’Italia potrà effettuare un passo decisivo in materia di innovazione.


  • startup errori

    Il Mise intende supportare l’ecosistema innovativo e lo fa anche attraverso una lettera diretta alle startup, nella quale comunica alle imprese gli incentivi di cui potranno disporre nel corso del 2016. 

    Un Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha confermato gli sgravi fiscali già presenti nell’anno appena trascorso.
    È prevista per le persone fisiche come i business angel, che investono in startup innovative, una detrazione Irpef del 19% per un investimento fino 500.000 euro; per le persone giuridiche come i venture capital c’è, invece, una deduzione dall’imponibile Ires del 20% dell’investimento fino a un massimo investito pari a 1,8 startup errorimilioni di euro.
    L’agevolazione aumenta se l’investimento riguarda una startup a vocazione sociale o ad alto contenuto tecnologico in ambito energetico, con una detrazione Irpef del 25% ed una deduzione dell’imponibile Ires del 27%.
    Il decreto approvato nei giorni scorsi presenta altre importanti novità per lo sviluppo delle startup in Italia.

    Il provvedimento innalza, ad esempio, da 2,5 milioni in 4 anni a 15 milioni in 5 anni la soglia di investimento ammissibile per ogni startup; gli investimenti dovranno, inoltre, durare per almeno 3 anni e non 2, pena la perdita delle agevolazioni.
    Forse la novità più importante riguarda, però, la razionalizzazione delle cause di decadenza dell’agevolazione. La nuova normativa stabilisce che le imprese non perderanno le agevolazioni attribuite alle startup a causa della semplice decorrenza dei cinque anni dalla costituzione dell’impresa o per aver raggiunto il tetto di 5 milioni di euro del valore della produzione annua o ancora per essere quotati su una piattaforma multilaterale di negoziazione.
    Le startup che avranno raggiunto soglie di età, dimensionali o di mercato differenti potranno continuare ad usufruire degli sgravi fiscali trasformandosi in Pmi innovative.


  • startup-iva

    La Commissione europea, nell’ambito della strategia del Digital Single Market, sta pensando di ridurre le tasse per le startup e di creare un regime Iva quanto più possibile uniforme per i paesi membri. 

    Allo stato attuale l’imposta per il valore aggiunto varia di paese in paese, passando, ad esempio, dal 15% del Lussemburgo al 25% della Croazia.
    Un regime fiscale così diverso non agevola certamente lo scambio di beni e servizi, soprattutto per quelle startup che operano nel campo dell’e-commerce ed startup-ivaeffettuano sovente delle operazioni transnazionali.
    Sarà impossibile inserire un regime di tassazione Iva completamente uniforme per tutti gli stati membri dell’Unione, ma la Commissione europea intende introdurre delle misure di semplificazione dei pagamenti che contemplino, tra le altre cose, l’inserimento di una sogli Iva minima, valida per tutti gli stati dell’Unione Europea.

    L’obiettivo è migliorare l’accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa, sia per i consumatori che per le imprese. L’introduzione di una soglia minima per le piccole startup del commercio elettronico, come si legge nella comunicazione della Commissione europea sulla strategia per il mercato unico digitale, rappresenterebbe un’innovazione enorme per un mercato che sta crescendo a ritmi sempre più sostenuti.
    L’e-commerce, in Italia come nel resto d’Europa, è una delle risorse principali dell’economia digitale. Prevedere un sistema fiscale maggiormente uniforme e semplificato è un primo passo indispensabile verso la creazione del Digital Single Market.
    La sensibilità di Bruxelles su questo tema appare evidente, se è vero che l’anno scorso ha lanciato una consultazione pubblica per conoscere le esigenze e le posizioni delle aziende e dei privati cittadini e verificare che tipo di interventi potrà e dovrà fare l’Ue per creare un sistema fiscale favorevole all’ecosistema innovativo.


  • startup notaio 2

    Non sarà più necessario recarsi dal notaio per costituire una startup innovativa. 
    Un decreto legge firmato dal Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guida ridefinisce le modalità di costituzione delle imprese a carattere innovativo provando a semplificare le procedure burocratiche. 

    Per formare una startup basterà adesso compilare un modello standard tipizzato con firma digitale, ferma restando la possibilità di costituire la società per atto startup notaio 2pubblico.
    Un successivo decreto direttoriale, fa sapere il Mise, approverà il modello informatico e la modulistica per la trasmissione e iscrizione al Registro delle imprese, direttamente compilabile online.
    La documentazione dovrà essere sottoscritta da tutti i soci; spetterà poi all’Ufficio del Registro delle Imprese autenticare le firme e procedere in tempo reale all’iscrizione della società nell’apposito registro per le startup innovative.
    L’idea, dunque, è di velocizzare e di digitalizzare il processo di formazione delle startup, proseguendo sulla scia lasciata dal decreto Crescita 2.0 che ha previsto una serie di misure di natura fiscale ed amministrativa per facilitare la creazione di un ecosistema innovativo.
    Gli ultimi dati in merito hanno fornito delle risposte positive. Come riportato dal Mise, infatti, sono parlano 5.143 le startup iscritte nella sezione speciale Registro delle imprese a fine dicembre 2015, con una crescita costante sia su base congiunturale che tendenziale.