Categoria: Terzo Settore

  • fiaschi forum terzo settore

    Sarà Claudia Fiaschi la nuova portavoce del Forum Terzo Settore. La sua elezione è arrivata oggi durante l’assemblea nazionale convocata per rinnovare gli organi direttivi.

    Fiaschi, toscana di 52 anni, è attiva da diversi anni nel mondo della cooperazione sociale, ricoprendo, tra le altre cose, diversi ruoli nelle associazioni di rappresentanza delle cooperative. È stata, infatti, Presidente del Gruppo Cooperativo Nazionale CGM, ovvero la più vasta rete italiana di imprese sociali e dirigente del Consorzio Co&So Firenze. Dal 2013 al 2015 ha ricoperto l’incarico di Presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane – Toscana e attualmente è Vicepresidente di Coopermondo, Presidente di Confcooperative Toscana e Vicepresidente di Confcooperative Italiane.

    fiaschi forum terzo settoreFiaschi succederà a Pietro Barbieri, rimasto in carica nel ruolo di portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore dal 2013 fino ad oggi. L’elezione della cooperatrice toscana arriva in un momento decisivo per il futuro del non profit in Italia.
    Siamo, infatti, nella fase di attuazione della riforma del Terzo settore, un impianto normativo che è destinato a rivoluzionare il sociale in Italia, dando più spazio alle imprese sociali e a chi vuole avviare attività di volontariato al servizio della propria comunità. “La riforma del Terzo settore, in piena fase di definizione dei decreti, è una grande occasione per dare piena cittadinanza e sostegno al variegato mondo del Terzo settore – ha dichiarato Claudia Fiaschi – che da sempre nelle nostre comunità si occupa di persone e beni comuni, ma anche per accompagnare le forme emergenti di partecipazione sociale e civile (sharing economy, economia sociale e collaborativa…) e per investire sulle nuove generazioni e sul loro potenziale di impegno sociale, civile ed economico. Non possiamo perdere questa sfida“.

    La cooperazione può svolgere senza dubbio un ruolo guida nei cambiamenti in atto. Le coop portano con sé l’esperienza e i valori giusti per recepire la voglia dei cittadini di partecipare alla vita d’impresa, proponendo allo stesso tempo modelli innovativi per adattare la propria struttura organizzativa ai nuovi bisogni.
    Claudia Fiaschi proverà ad essere, dunque, la portavoce di un mondo estremamente eterogeneo, ma unito dalla volontà di fare comunità e di aumentare il livello di inclusione sociale nel nostro Paese.
    Il Forum Terzo Settore raggruppa, infatti, al proprio interno ben 75 organizzazioni nazionali di secondo e terzo livello e rappresenta la voce di tutto il non profit italiano.


  • banca etica

    Nel 2016 Banca Etica ha fatto registrare una crescita degli utili, arrivati a quota 4 milioni e 318mila euro. 

    Banca Etica è al momento l’unico istituto bancario italiano rivolto esclusivamente alla finanza etica. Attraverso la sua attività finanziaria ha abbracciato, banca eticanell’anno appena trascorso, quasi 9mila progetti che riguardano settori come quello della cooperazione sociale, dell’ambiente, della cultura, della cooperazione internazionale, della legalità e della nuova economia.
    In questi anni Banca Etica ha scelto la carta della trasparenza, mostrando, ad esempio, sul proprio sito tutti i finanziamenti erogati. Il progetto parte dalla convinzione che la finanza non possa prescindere da un uso responsabile del denaro e da un’attività costante a servizio delle piccole e medie imprese, del terzo settore e delle famiglie, che rappresentano il cuore pulsante della società.

    I principi ispiratori di Banca Etica hanno portato a ottimi risultati finanziari nel 2016, segno evidente che c’è bisogno di dare un taglio etico e sociale all’economia, a maggior ragione dopo gli effetti perversi generati dalla speculazione finanziaria ed emersi in tutta la loro potenza nel 2008.
    Oltre agli utili, infatti, crescono anche la raccolta ed i finanziamenti erogati da Banca Etica. La raccolta di risparmio è di 1 miliardo e 227 milioni di euro (+15% rispetto al 2015) e i finanziamenti accordati superano i 970 milioni di euro, con una crescita di 125 milioni di euro (+12% rispetto al 2015).
    Bene anche sul fronte delle sofferenze bancarie.  A fine 2016, infatti, il Cet 1 è del 12,47% e le sofferenze nette all’1% degli impieghi, contro una media del settore bancario pari al 4,80%.
    Banca Etica agisce anche in base ai principi della democrazia e della partecipazione. Questo ha fatto sì che riuscisse ad aumentare nel corso degli anni anche il numero di soci. Nel 2016 siamo arrivati per la precisione a quota 40mila soci, con un capitale sociale di oltre 60 milioni di euro.


  • servizio-civile-universale

    Il servizio civile universale è ufficialmente legge dello Stato italiano. Il Consiglio dei Ministri del 10 febbraio, infatti, ha approvato il primo decreto attuativo della riforma del Terzo Settore. 

    L’obiettivo del provvedimento è rendere in maniera effettiva il servizio civile uno strumento di difesa non armata della Patria, come previsto dagli artt. 11 e 52 della servizio-civile-universaleCostituzione, di educazione alla pace tra i popoli e di promozione dei valori fondativi della Repubblica.
    I programmi di intervento del nuovo servizio civile dovranno riguardare i seguenti ambiti: assistenza, protezione civile, patrimonio ambientale e riqualificazione urbana, patrimonio storico, artistico e culturale, educazione e promozione culturale e dello sport, agricoltura in zona di montagna e sociale, biodiversità, promozione della pace tra i popoli, nonviolenza e difesa non armata, promozione e tutela dei diritti umani, cooperazione allo sviluppo, promozione della cultura italiana all’estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero.

    Cerchiamo, però, di fare ordine e di individuare i cinque elementi più innovativi del nuovo servizio civile, che, in base alle premesse attuali, dovrebbe venire in contro alle tante richieste dei giovani italiani e promuovere nel nostro Paese la cultura dell’impegno civile, del volontariato e della solidarietà:

    1. Il servizio civile diventa universale.
      Uno dei principali obiettivi del Governo è estendere la platea dei beneficiari, dando la possibilità di svolgere il servizio civile a tutti i ragazzi che fanno richiesta. Per il 2017 sono stati stanziati 260 milioni di euro che permetteranno la partecipazione di 47mila giovani.
      L’intento dell’esecutivo è arrivare progressivamente nei prossimi anni a quota 100mila volontari.
    2. Coinvolgimento stranieri e periodi all’estero.
      Potranno svolgere il servizio civile anche cittadini dell’Unione europea e stranieri regolarmente residenti in Italia da almeno cinque anni. Per gli italiani, inoltre, ci sarà la possibilità di effettuare un periodo di tre mesi all’estero in uno dei Paesi dell’Unione europea con l’obiettivo di rafforzare il senso di appartenenza all’Unione e di facilitare lo sviluppo di un sistema europeo di servizio civile, ovvero di usufruire di un tutoraggio finalizzato alla facilitazione dell’accesso al mercato del lavoro. Sono previsti, infine, dei meccanismi di premialità per gli enti che impiegheranno giovani con minori opportunità.
    3. Flessibilità.
      Il servizio civile diventa a tutti gli effetti un’attività volontaria a servizio della società e propedeutica allo sviluppo della propria personalità. Il Governo ha deciso, infatti, di accogliere le istanze dei volontari riducendo le ore settimanali di servizio che passano da 30 a 25 ore.
      La flessibilità viene garantita anche attraverso la durata dei progetti che andrà da 8 a 12 mesi e terrà conto delle esigenze di vita e di lavoro dei volontari. Verranno stabilite, inoltre, delle modalità per riconoscere e valorizzare le competenze acquisite dai giovani durante lo svolgimento del servizio civile.
    4. Ripartizione competenze.
      Sarà lo Stato ad adempiere alle funzioni di programmazione, organizzazione e attuazione del servizio civile universale nonché l’accreditamento degli enti, le attività di controllo, verifica e valutazione del servizio civile universale. Lo farà attraverso un piano triennale attuato ogni anno in base alle risorse nazionali, europee e a quelle derivanti da altri soggetti pubblici e privati.
      Le Regioni e le Province autonome parteciperanno alla predisposizione dei piani triennali e annuali e alla valutazione dei progetti nelle materie di loro competenza.
    5. Consulta nazionale per il servizio civile universale.
      Viene istituita la Consulta nazionale per il servizio civile universale e la Rappresentanza degli operatori volontari, sia a livello nazionale che regionale, quali organismi di confronto in ordine alle questioni concernenti l’attuazione del servizio civile universale.


  • L’Alleanza contro la povertà non si accontenta, anzi rilancia. In questi giorni è in corso la discussione in Senato sulla legge delega per il contrasto alla povertà che però, secondo l’Alleanza, può e deve essere migliorata.

    Il provvedimento dovrebbe portare all’istituzione del cosiddetto Reddito di inclusione, ovvero un assegno da 400 euro mensili da utilizzare per l’acquisto di beni di prima necessità e per il pagamento delle bollette. I beneficiari saranno le persone con un reddito inferiore a 3.000 euro, dando priorità alle famiglie con minori a carico o con donne in stato di gravidanza.
    Secondo l’Alleanza contro la povertà, però, c’è il rischio che il periodo di incertezza politica possa danneggiare il provvedimento, privandolo del contenuto innovativo necessario. “L’Alleanza contro la povertà in Italia accoglie positivamente la rinnovata attenzione del Governo, del Parlamento e delle forze politiche sul tema della povertà. Tuttavia – continua l’Alleanza – esprime una preoccupazione per l’attuale fase d’incertezza politica che rischia di limitare il contenuto della legge delega“.
    Non basta, dunque, portare a casa una legge di contrasto alla povertà (al momento l’Italia è l’unico paese europeo a non avere uno strumento contro la povertà assoluta), ma occorre lanciare un piano pluriennale che abbracci tutte le 4,6 milioni di persone che al momento vivono in stato di povertà assoluta.
    La legge attuale coprirebbe solamente 3 poveri su 10, un numero assolutamente esiguo. Per questo motivo viene chiesto al Parlamento e al Governo di modificare alcuni aspetti della delega.

    L’alleanza contro la povertà ha presentato le proprie proposte nel corso di un’audizione in Parlamento, sottolineando le mancanze della delega ed i possibili contenuti migliorativi. Un aspetto di cui la legge dovrà sicuramente tenere conto è il costo dell’abitare. Il Reddito di Inclusione deve tenere in considerazione anche i canoni degli affitti, infatti, prevedendo forme di deduzione dell’affitto dal reddito disponibile.
    In questo modo sarà possibile, ad esempio, differenziare a livello territoriale il sostegno economico in base ai canoni presenti nelle diverse città.
    L’Alleanza, inoltre, ritiene che il criterio per distinguere le varie forme di povertà non sia la presenza o meno di minori a carico, ma semplicemente l’intensità della povertà.
    I primi a beneficare dei fondi, dunque, dovranno essere i più poveri, salvo poi aumentare gradualmente la platea dei beneficiari ed arrivare nel più breve tempo possibile a fornire misure assistenziale a tutte le persone che vivono in stato di indigenza.
    Sarà fondamentale anche implementare l’inserimento lavorativo, seguendo il modello lanciato dal Sostegno di Inclusione Attiva sperimentato nei Comuni. Il Reddito di Inclusione, infatti, non dovrà essere un semplice strumento assistenziale, ma un vero e proprio veicolo di riduzione delle diseguaglianze e di miglioramento della condizione sociale ed economica.


  • terzo-settore-renzi

    Il Ministero dell’Interno ha pubblicato la graduatoria degli enti locali ammessi al finanziamento nell’ambito del Sistema di protezione di richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) per il triennio 2017-2019. 

    Lo Sprar è una forma di accoglienza integrata rivolta ai richiedenti protezione internazionale, rifugiati, titolari di protezione umanitaria e minori non accompagnati. Possono accedere ai finanziamenti del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (Fnpsa) tutti gli enti locali (i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni) presentando un progetto di integrazione dei migranti che coinvolga le associazioni, le cooperative, le organizzazioni non profit e i gruppi informali attivi sul territorio.
    Lo Sprar viene considerato da molti come un modello da incentivare in quanto lontano dalle logiche emergenziali e dalla “filosofia dei grandi numeri” dei centri di accoglienza temporanei (principi che anche noi rifuggiamo). I progetti facenti parte del sistema Sprar offrono, infatti, ai migranti percorsi personalizzati di integrazione e di avviamento al lavoro.

    Lo scorso 10 agosto il Governo ha pubblicato in Gazzetta ufficiale un decreto che modifica le modalità di funzionamento del Sistema di protezione di richiedenti terzo-settore-renziasilo e rifugiati (qui trovate il Vadevecum) ponendosi come obiettivo la “diffusione in tutti i Comuni italiani del modello SPRAR, superando l’attuale sistema di accoglienza duale (strutture temporanee, da una parte, SPRAR dall’altra)“.
    Viene introdotto il sistema delle liste sempre aperte: non ci saranno più vincoli temporali, ma l’ammissione al finanziamento degli enti locali sarà vincolata solamente alla disponibilità delle risorse.
    Il Ministero dell’Interno pubblicherà una graduatoria dei progetti ammessi o ri-finanziati ogni sei mesi; i progetti rimasti fuori per esaurimento delle risorse avranno diritto ad essere ammessi nel semestre successivo. Gli enti già titolari di una progettualità SPRAR, invece, potranno presentare domanda di prosecuzione nei sei mesi precedenti alla scadenza del finanziamento che ha durata triennale.
    Il Ministero ha deciso infine di aumentare la quota di copertura finanziaria dei progetti: siamo passati infatti dall’80% al 95%.

    Il nuovo decreto pubblicato ieri dall’Interno ammette al finanziamento 29 enti locali per un totale di posti per 969 persone, ripartiti nelle seguenti categorie: 890 sono posti “ordinari”, 43 per persone con disagio mentale o disabilità, 36 per minori non accompagnati. Nel decreto troviamo anche l’elenco degli enti locali che hanno ricevuto il benestare per un ampliamento delle risorse da finanziare. Si tratta dell’Unione Montana dei Comuni del Mugello, dei Comuni di Cuneo, Fossano, Savigliano, Bra, Alba, del Comune di Chiusano d’Asti e del comune di Macerata.



  • LINK 2007, la rete che unisce diverse organizzazioni non governative italiane, ha voluto dare il proprio contributo alla discussione sulle politiche di accoglienza redigendo un documento destinato al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Interno, al Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, al Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, alle Commissioni parlamentari competenti, ai Sindaci, ai Presidenti di regione e di provincia autonoma, alle associazioni, agli enti e agli operatori del settore.

    L’associazione fornisce alcuni consigli programmatici al Governo volti a superare la fase emergenziale e a sviluppare un sistema basato sull’inclusione attiva degli ospiti. LINK 2007 intende nello specifico offrire un contributo propositivo “sulla base di approfondimenti e analisi fondati sulla propria esperienza di cooperazione internazionale e di aiuto umanitario e sulla conoscenza di molti dei paesi di provenienza, delle condizioni che favoriscono l’emigrazione, delle culture di tali paesi, delle aspirazioni degli immigrati, delle difficoltà che incontrano nell’inserimento e nell’integrazione, dei problemi che la loro presenza può talvolta generare nelle comunità non adeguatamente preparate ad accoglierli“.

    Il documento distingue le migrazioni per lavoro e quelle forzate, ovvero dettate da persecuzioni subite nei propri paesi d’origine, differenziando anche le link-2007-immigrazionescelte politiche da adottare in base alle diverse esperienze migratorie.
    Per quanto riguarda l’immigrazione strutturale o per ragioni di lavoro, la rete di organizzazioni non governative propone innanzitutto la regolarizzazione di chi studia o ha avuto occasioni di lavoro nell’ultimo biennio; si tratta di una regolarizzazione doverosa per chi ha già iniziato un percorso di inserimento effettivo nella società italiana.
    Fondamentali anche le politiche attive di integrazione. I migranti dovranno essere impegnati in attività lavorative insieme ai giovani senza lavoro ed attivare attraverso il lavoro forme di scambio culturale. Tali forme occupazionali dovranno essere integrate con un reddito di inclusione.

    LINK 2007 sottolinea inoltre quanto sia importante coinvolgere gli enti locali e le associazioni che operano sul territorio. La dimensione locale e partecipativa deve diventare, infatti, uno dei principi guida delle politiche di accoglienza.
    Per quanto riguarda, invece, l’immigrazione forzata, l’associazione rilancia gli stessi principi, sostenendo inoltre che sia necessario “seguire e potenziare con una più regolare programmazione la via, positivamente sperimentata, dei corridoi umanitari che garantiscono ingressi legali e assistiti assicurando dignità alle persone in estremo bisogno di protezione”.
    Uno dei più grandi problemi del sistema di accoglienza italiano è la lentezza burocratica nell’esaminare le pratiche di richiesta di asilo, provocando il sovraffollamento delle strutture di ospitalità. Per evitare questi ritardi ed impedire che alcuni migranti mentano sulle proprie storie di vita pur di ricevere la protezione internazionale, bisognerà prevedere dei canali di ingresso regolare per lavoro in modo da tracciare al meglio tutti i flussi.


  • welfare-aziendale

    Fino a qualche anno fa era una figura quasi mitologica, oggi si avvicina sempre più alla realtà. Secondo l’organizzazione non governativa Oxfam, infatti, nei prossimi 25 anni potrebbe nascere il primo trilionario nella storia dell’umanità. 

    La nascita di una figura di questo tipo sarebbe la diretta ed inevitabile conseguenza delle diseguaglianze della società contemporanea. Il progresso economico e sociale sta attraversando una fase di involuzione piuttosto evidente: il reddito non riesce a reggere il ritmo dell’innovazione tecnologica, la politica sembra aver perso la via della redistribuzione welfare-aziendaleammiccando alla rappresentanza degli interessi forti.
    Non è un caso, dunque, che sempre meno persone gestiscano la maggior parte della ricchezza mondiale. Secondo Oxfam, le otto persone più ricche della Terra hanno messo insieme nel 2016 la stessa ricchezza di metà della popolazione globale, ovvero 3,6 miliardi di persone.
    Basterebbe solo questo dato per rendere l’idea di quanto sia forte la concentrazione del potere economico nelle mani di poche persone.

    Nella storia dell’umanità sono sempre esistite delle oligarchie economiche che influenzano le decisioni politiche. Oggi, secondo Oxfam, questo fenomeno è più evidente: i grandi ricchi riescono ad ottenere leggi su misura per mantenere e/o aumentare il proprio patrimonio. Lo chiamano capitalismo clientelare e rischia di scatenare fenomeni di disagio sociale in tutto il mondo.
    L’Italia non è un’eccezione. Nel nostro Paese il 20% più ricco possiede quasi il 70% della ricchezza disponibile. In Italia la crescita delle diseguaglianze è testimoniata dall’andamento dei redditi. Il miglioramento delle retribuzioni, infatti, non corrisponde ad una vita migliore per le classi meno agiate.
    Il 45% del miglioramento del livello dei redditi ha interessato solo il 20% più ricco degli italiani. Questo vuol dire che quando aumenta la ricchezza non avviene una distribuzione più equa della risorse e che il benessere collettivo non è più direttamente proporzionale alla crescita. Questo è un problema che il capitalismo e la società democratica sono chiamati ad affrontare con urgenza per evitare l’implosione di tutto il sistema.
    Per questo condividiamo e rilanciamo l’appello di Oxfam ai potenti del mondo che si riuniranno domani a Davos in occasione del World Economic Forum. Ridurre le diseguaglianze è una missione etica che non può lasciarci indifferenti.

     


  • reddito-di-inclusione

    L’Italia è al momento l’unico Paese europeo a non avere uno strumento a sostegno dei più poveri. E le famiglie in condizioni di povertà assoluta non sono certamente poche. 

    Secondo i dati Istat nel 2015 sono 1.582.000 le famiglie che non riescono a sostenere i costi di bollette, medicinali, servizi di trasporto e beni alimentari. Il numero di poveri ammonta invece a 4.518.000, presentandosi in netta crescita rispetto al periodo pre-crisi. Basti pensare che nel 2006 erano 1.660.000 gli italiani in stato di povertà assoluta: oggi sono quasi triplicati.
    La lotta contro la povertà deve diventare, dunque, una priorità assoluta del Governo. Nei giorni scorsi l’Alleanza contro la povertà, ovvero un insieme di 35 soggetti, tra i quali Cgil, Cisl e Uil,  l’Anci, la Caritas e l’Acli, ha lanciato un appello per l’approvazione della legge delega di introduzione del reddito di inclusione.
    Il Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha sposato l’appello dichiarando nel corso di un’intervista a Repubblica che il Governo è pronto a trasformare la legge delega in un decreto legge per accelerare il processo di approvazione.

    Con la Legge di Stabilità 2016 è stato istituito un Fondo da un miliardo di euro per il contrasto alla povertà, mentre nella finanziaria 2017 sono stati aggiunti reddito-di-inclusioneulteriori 150 milioni per fornire ai più poveri assistenza economica. Al momento però l’unico strumento disponibile è il Sostegno di inclusione attiva, una misura sperimentata nei grandi comuni e che si rivolge ai nuclei familiari con un Isee inferiore a 3.000 euro.
    Il Reddito di inclusione dovrebbe riguardare grossomodo gli stessi soggetti. Secondo le parole di Martina, infatti, in un primo momento dovrebbero beneficiare del sostegno solo le famiglie con un Isee inferiore a 3.000 euro. Verrà data priorità a famiglie con figli minori o con disabilità gravi o con donne in stato di gravidanza, oppure ancora con persone disoccupate di età superiore ai 55 anni.

    Sarà compito dell’Inps verificare l’esistenza di questi requisiti nelle persone che richiederanno il sussidio. L’esecutivo intende in un secondo momento aumentare le risorse e ampliare la platea dei beneficiari.
    Allo stato attuale il Reddito di inclusione prevede un assegno da 400 euro mensili per le famiglie più povere in modo da consentire a queste ultime di poter acquistare i beni essenziali per una vita dignitosa.
    Oltre al sostegno economico-finanziario, la misura dovrebbe prevedere anche un percorso di orientamento al lavoro e servizi alla persona, erogati attraverso la collaborazione con gli enti locali e le associazioni presenti sul territorio.


  • non-profit

    Da qualche mese la Francia è diventata il primo paese europeo continentale a sperimentare strumenti finanziari di payment by result. Parliamo di investimenti privati in attività ad alto impatto sociale che vengono ripagati dallo Stato solo se la suddetta attività ottiene un risultato sociale apprezzabile (es. re-inserimento lavorativo di persone che hanno perso il lavoro, creazione di nuove imprese, riduzione del tasso di recidiva tra gli ex detenuti, ecc). 

    Nella categoria del payment by result rientrano anche i contratti ad impatto sociale (in francese Contrats à Impact Socialpromossi dal governo francese ed in questo momento in piena fase di sperimentazione. Ma come funzionano in concreto questi strumenti e che ritorni portano allo Stato, ai privati e alla società civile?
    In genere l’iniziativa viene dal mondo del non profit (organizzazioni di volontariato, associazioni, cooperative) che decide di rispondere ad un bisogno della comunità locale proponendo un progetto innovativo. In Francia, ad esempio, Adie, un’organizzazione attiva nel campo del micro-credito, attuerà programmi di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati nelle aree rurali.

    Si tratta, ovviamente, di un’operazione molto difficile per la criticità del contesto e per le caratteristiche dei lavoratori che richiederebbe notevoli investimenti non-profitda parte dello Stato. Le istituzioni, dunque, hanno tutto l’interesse a promuovere e premiare il protagonismo dei privati e del sociale.
    In questo caso a finanziare l’iniziativa di Adie ci hanno pensato investitori privati come Bnp Paribas e AG2R che riceveranno dallo Stato l’intera cifra investita nel caso raggiungano risultati sociali significativi.
    Al momento della stipula del contratto tra i privati e lo Stato, un soggetto esterno quantifica l’impatto sociale dell’iniziativa imprenditoriale. Nel caso di Adie l’obiettivo da raggiungere è la creazione di 320 posti di lavoro stabili alla fine del programma. Qualora i promotori riuscissero a superare questa soglia il “rimborso” supererebbe la cifra investita.

    Come accennato in precedenza, si tratta di esperimenti e, in quanto tali, non è detto portino agli esiti sperati, soprattutto vista la complessità degli interventi e la pluralità dei soggetti coinvolti. Non è la prima volta, del resto, che si provano ad implementare strumenti di payment by result. In Inghilterra, nel 2010, sono stati lanciati i famosi Social Impact Bond e negli Stati Uniti l’amministrazione Obama ha promosso investimenti ad impatto sociale.
    L’Italia, invece, sembra essere parecchio indietro sulla questione, nonostante alcune regioni come il Piemonte e la Sardegna stiano portando avanti progetti di questo tipo.
    Rimane comunque positivo il fatto che molte realtà europee stiano cercando soluzioni per porre rimedio alla crisi del welfare state, puntando sull’innovazione sociale ed uscendo, tra le altre cose, dalla classica dicotomia profit/non profit. I risultati sociali possono essere misurati e devono portare a forme di remunerazione, soprattutto in un’epoca in cui le istituzioni pubbliche hanno grosse difficoltà a garantire i servizi essenziali alle comunità.


  • credito-d'imposta-mezzogiorno

    “Meglio tardi che mai” potremmo dire. La finanza etica entra finalmente nella Legge di Stabilità italiana attraverso un emendamento approvato nei giorni scorsi. 

    Le banche che investiranno in progetti etici riceveranno delle detassazioni sugli utili reinvestiti, a patto che questi ultimi vengano dirottati in progetti di rilevanza sociale. Si tratta di un importante passo in avanti per il mondo del non profit e delle imprese sociali che troppo spesso trova difficoltà nell’accesso al credito.
    credito-d'imposta-mezzogiornoSovente gli istituti bancari optano per investimenti di tipo speculativo piuttosto che scegliere finanziamenti ad alto impatto sociale. La finanza capitalista ha mostrato però tutti i suoi limiti e la crisi di alcuni grandi gruppi bancari italiani lo dimostra.
    Occorre riformare l’intero sistema ed inserire elementi di sostenibilità per rendere le banche degli strumenti finanziari al servizio delle imprese, delle persone e dei territori e non solo dei guadagni.

    Lo schema legislativo della finanziaria prevede delle agevolazioni per quelle banche che investono nelle organizzazioni di volontariato, nelle Ong e nelle cooperative sociali, ovvero quegli enti che offrono nuove opportunità di welfare e danno lavoro ai soggetti svantaggiati. Un’attività, quest’ultima, lasciata quasi totalmente nelle mani delle cooperative di tipo B, ma in grado di aumentare in maniera esponenziale il livello di inclusione sociale.
    Ovviamente vigerà il principio della trasparenza nella scelte degli enti non profit che potranno beneficiare degli investimenti delle banche. Ciascuna organizzazione non profit, infatti, sarà controllata per verificare l’effettivo perseguimento di obiettivi ad impatto sociale.

    La Legge di Stabilità modificare anche la normativa sull’equity crowdfunding. Viene estesa, nello specifico, la possibilità di raccogliere capitale attraverso portali online a tutte le PMI. Nel precedente quadro legislativo l’ordinamento italiano limitava la raccolta online alle startup e alle PMI innovative.
    Secondo molti addetti ai lavori l’Italia, insieme alla Gran Bretagna, possiede la normativa più avanzata in tema di equity crowdfunding, poiché rende abbastanza agevole per gli investitori fornire alle imprese le risorse necessarie per realizzare il loro progetto. Anche la modifica del regolamento Consob  aveva agito in questa direzione riducendo i costi di raccolta ed ampliando il numero di soggetti che può finanziare le iniziative.


  • non-profit

    È iniziata lo scorso 15 novembre la rilevazione campionaria dell’Istat sulle istituzioni non profit. L’indagine coinvolgerà oltre 40mila organizzazioni del Terzo settore ed intende superare la logica dei censimenti decennali, introducendo un censimento di tipo biennale. I cambiamenti continui che contraddistinguono il mondo dell’impresa sociale e in generale tutto il mondo dell’economia spingono gli istituti di statistica a cambiare tempi e modalità di rilevazione.

    Durante Le Giornate di Bertinoro, Manlio Calzaroni, Responsabile censimenti permanenti sulle unità economiche dell’Istat, ha parlato ai nostri microfoni delle novità dell’imminente rilevazione, anche e soprattutto dal punto di vista metodologico.
    non-profitL’Istat, infatti, incrocerà i dati delle pubbliche amministrazioni con delle indagini di supporto che renderanno più ampia la gamma di informazioni a disposizione. Tra gli obiettivi dell’indagine c’è anche quello di verificare ed integrare i dati del registro statistico sul non profit.
    Ma le novità non si fermano all’aspetto metodologico. Saranno inserite infatti anche delle nuove variabili. Ci sarà, ad esempio, una parte dedicata alla misurazione dell’impatto sociale, cercando di andare oltre i semplici risultati economici dell’attività del non profit.
    La rilevazione riguarderà nello specifico le seguenti istituzioni: associazioni culturali, sportive e ricreative, cooperative sociali, fondazioni, enti ecclesiastici, organizzazioni di volontariato, organizzazioni non governative, sindacati, istituzioni di studio e ricerca, di formazione, mutualistiche e sanitarie.

    Alle unità selezionate nel campione – specifica l’Istat – viene inviato il plico di rilevazione tramite posta o posta elettronica certificata. Gli enti coinvolti potranno compilare l’indagine in formato cartaceo, usufruendo dell’assistenza delle sedi regionali Istat, oppure online. L’istituto di statistica mette a disposizione degli utenti una guida alla compilazione che servirà a chiarire i dubbi principali.
    La compilazione dell’indagine in formato elettronico consentirà ai partecipanti di modificare i propri dati fino al termine dell’indagine, fissato per il 10 marzo 2017.
    Dovranno essere indicate le informazioni relative all’anno 2015, mentre il limite per i dati strutturali è fissato al 31 dicembre 2015.
    Si tratta in sostanza di una vera e propria rivoluzione nel modo di campionare il non profit. In questo modo sarà possibile avere un quadro costantemente aggiornato e misurare gli effetti di norme come la riforma del Terzo settore che agiscono in maniera profonda su tutto l’ecosistema dell’economia civile.



  • Sono 78 gli enti del terzo settore accreditati per svolgere servizi per l’impiego. Negli ultimi anni il non profit è diventato sempre più presente nel campo delle politiche attive, soprattutto per l’effetto “Garanzia Giovani”: il programma europeo di lotta alla disoccupazione giovanile ha portato ad un notevole aumento dell’attività dei centri per l’impiego, chiamati a fare da matching tra la domanda e l’offerta di lavoro. 

    Gli enti non profit hanno sempre svolto in via ufficiosa attività di sostegno per le persone svantaggiate, aiutandoli nella ricerca di un posto di lavoro. Negli ultimi anni però hanno deciso anche di fare un passo ufficiale e di diventare a tutti gli effetti dei soggetti accreditati per svolgere servizi di orientamento e terzo-settoreaccompagnamento al lavoro. Secondo Isfol, in Italia ci sono circa 800 enti accreditati, di questi 78 sono enti del terzo settore. La maggior parte delle organizzazioni sono attive in Veneto (21 enti non profit), segue la Lombardia (14) e le Marche (12).
    Sono soprattutto le cooperative sociali a farla da padrone. La peculiarità del non profit nel campo delle politiche attive è ovviamente l’orientamento al lavoro per le persone svantaggiate. Spesso, infatti, le coop di tipo B riescono a trovare un’occupazione ai propri soci o a quelle persone che non hanno le competenze e le conoscenze per cercare in maniera proficua un’attività lavorativa.
    Accade così che le cooperative sociali li aiutino a redigere il curriculum o li indirizzino in aziende propense ad assumere figure svantaggiate come un migrante o un ex-detenuto.
    I costi di un’operazione del genere sono però alti. Oltre ai servizi di accompagnamento, infatti, sono necessarie anche specifiche attività di formazione, come nel caso degli ex-detenuti per evitare la recidiva. E non è un caso che siano pochi gli enti for profit disposti ad investire tempo e risorse per fornire attività di accompagnamento e orientamento al lavoro per queste categorie di lavoratori. Le cooperative ed in generale le imprese sociali, invece, reinvestono i propri utili per lo sviluppo delle attività statutarie e quindi sono maggiormente propense a svolgere servizi di questo tipo. >
    Anche il non profit, però, denuncia la scarsità di risorse per avviare attività personalizzate e continuative nel tempo per aumentare il livello di inclusione sociale e diminuire allo stesso tempo il numero di disoccupati, anche e soprattutto tra le fasce più deboli. Su questo punto il Governo dovrà intervenire in maniera urgente perché un mercato del lavoro realmente dinamico non può prescindere da un sistema di politiche attive efficiente.