Categoria: Politica


  • La conferenza stampa di fine anno del premier Matteo Renzi è durata più di due ore e mezza. Un incontro fiume nel corso del quale il Primo Ministro ha voluto ribadire i risultati delle riforme messe in campo dal Governo e porre le basi per il 2016 che, a suo dire, sarò un anno “all’insegna dei valori“.

    Pil e occupazione in crescita, riforma elettorale, riduzione delle tasse sul lavoro e sugli immobili (via Imu, Tasi ed Irap sui terreni agricoli), riforma della scuola e della pubblica amministrazione, provvedimenti per il Sud, buon annoinvestimenti nella cultura ed il grande successo internazionale di Expo.
    Sono questi i contenuti principali del 2015 di governo Renzi che il premier ha esposto nel corso della conferenza stampa dal titolo #BuonAnno, un hashtag diventato subito tra i trending topics di Twitter.
    Il 2016 sarà, nelle parole del Premier, l’anno dell’approvazione definitiva della riforma istituzionale, della legge sulle unioni civili e non è escluso anche un intervento sulle pensioni con l’inserimento di incentivi al prepensionamento. Ci saranno, inoltre, una serie di questioni politiche da affrontare.
    Una su tutte quella delle elezioni amministrative in due città chiave come Roma e Milano, due appuntamenti fondamentali per valutare il termometro dell’elettorato nel post Mafia Capitale ed Expo.
    Per riassumere i contenuti della conferenza stampa Cooperative Italia vi propone le slides che il Presidente del Consiglio ha presentato davanti ai giornalisti.



  • L’Italia ha provato nel corso degli anni ad approvare una serie di leggi sulla trasparenza della Pubblica Amministrazione.
    Nonostante questo, non fa parte ancora della lista di 95 paesi che possiedono una legislazione FOIA.
    Un vuoto normativo che pare possa essere colmato prima di Natale, con l’approvazione in Consiglio dei Ministri di una legge sul FOIA all’interno della più ampia riforma della Pubblica Amministrazione.

    Ma che cos’è esattamente un FOIA? E perché è così importante tanto da aver causato la nascita di un appello per l’adozione del suddetto modello legislativo e di una serie di iniziative sul tema come il #Foia4Italy.
    Il Freedom of Information Act prende il nome da una legge sulla libertà di informazione emanata dal presidente degli Stati Uniti d’America Lyndon B. Johnson.
    condivisioneRappresenta, oggi, il diritto universale dei cittadini da accedere a tutti gli atti dello Stato, fatta eccezione per quelli coperti da segreto di Stato e che riguardano la sicurezza nazionale e la privacy.
    La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto l’accesso alle informazioni detenute dai governi come diritto di natura internazionale, ma ancora non tutti i paesi, tra i quali l’Italia, possiedono una normativa di questo tipo.
    Non è un caso che il nostro Paese sia addirittura al 97° posto su 102 nazioni nella cosiddetta “RTI rating”, ovvero la classifica sul livello di trasparenza.
    Conoscere gli atti della P.A. è un presupposto fondamentale per lo sviluppo di una democrazia sana e per aumentare il grado di fiducia verso le istituzioni.

    In Italia c’è un enorme sfiducia verso la pubblica amministrazione, alimentata dai numerosi scandali giudiziari che non hanno fatto altro che acuire questo sentimento di diffidenza.
    Ecco perché approvare finalmente una legge sul FOIA sarebbe un enorme passo in avanti. All’interno della delega per la riforma sulla P.A. il Governo ha ricevuto anche la delega a scrivere un testo sul FOIA.
    Non sarà un’operazione banale: ci saranno, infatti, una serie di questioni spinose da regolamentare con attenzione. Bisognerà stabilire, ad esempio, quali soggetti possono richiedere l’accesso ai documenti (nella bozza vengono indicati come fruitori solo i cittadini italiani), delineare i confini del segreto di Stato e soprattutto stabilire una procedura semplificata per richiedere l’accesso, evitando ulteriori complicazioni e lungaggini burocratiche.



  • Laurearsi a 28 anni prendendo 110 e lode? Non serve a niente, meglio prendere 97 a 21 anni.
    Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, esprime un concetto molto forte, discusso e discutibile nel corso della convention di apertura di «Job&Orienta», la 25esima mostra del convegno nazionale dell’orientamento, scuola, formazione, lavoro.

    «Se si gira in tondo per prendere mezzo voto in più – ha affermato Poletti – si butta via del tempo che vale molto, molto di più di quel mezzo voto. Noi in Italia abbiamo in testa il voto, ma non serve a niente».
    polettiSecondo il ministro del Lavoro nel nostro Paese c’è un’attenzione eccessiva al voto, un aspetto che porta molti studenti a rinviare il conseguimento della laurea ed entrare così tardi nel mondo del lavoro.
    Il tempo rappresenta un elemento essenziale per accumulare esperienze e conoscenze che non siano esclusivamente teoriche e competere al meglio con i giovani provenienti da altre nazioni.
    L’opinione espressa dal ministro Poletti è sicuramente condivisibile, ma probabilmente andrebbe ribaltata la questione. Siamo sicuri che terminare gli studi prima, anche con delle votazioni inferiori al 110 e lode, aiuti i ragazzi appena laureati ad essere maggiormente competitivi?
    Perché se è vero che negli altri paesi europei i percorsi di studio liceali ed universitari durano di meno, è anche vero che esiste un mercato del lavoro pronto ad accogliere un giovane diplomato o laureato.
    L’Italia, al contrario, presenta un sistema meno dinamico, con una flessibilità, adesso, più accentuata all’interno del rapporto di lavoro, ma con una rigidità di sistema ancora troppo marcata.
    In altri termini, i vincoli contrattuali sono più facili da sciogliere, ma una volta terminato il rapporto di lavoro i giovani hanno enormi difficoltà a rimanere all’interno del circuito lavorativo.
    Un mercato del lavoro, inoltre, che non premia o non premia abbastanza il merito siamo sicuri sia realmente equo? Un discorso a parte andrebbe fatto, inoltre, per le scuole e le università, il cui distacco dalla realtà lavorativa in termini di competenze e conoscenze è diventato ormai abissale: l’incentivazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro (in parte attuati nel decreto “La buona scuola”) appare più urgente che mai.
    L’eccessiva attenzione al voto può essere valutata, in via definitiva, come un sintomo della patologia e non come la patologia in sé.



  • Il Primo Ministro Matteo Renzi ha annunciato le misure approvate dall’esecutivo per contrastare il terrorismo e sostenere le attività culturali.
    Il presidente del Consiglio ha parlato di un investimento di un miliardo di euro per la sicurezza e di un altro miliardo per la cultura. Un dirottamento di risorse che porterà allo slittamento della riduzione dell’Ires per le imprese al 2017, una misura che sarebbe comunque scattata solamente previa accettazione della “clausola migranti” da parte della Commissione europea.

    «Per ogni euro in più investito sulla sicurezza – dichiara Renzici deve essere un euro in più investito sulla cultura. Per ogni intervento sulla cyber security renzi istatdeve crescere una startup. Ci deve essere più pulizia nelle nostre periferie. La risposta non può essere solo securitaria».
    Nel dettaglio, la misura prevede un investimento di 500 milioni di euro nella sicurezza italiana, 150 milioni nella cybersecurity, altri 50 milioni nella strumentazione delle forze dell’ordine. Tra i provvedimenti deliberati dal Governo c’è anche l’estensione del bonus 80 euro a tutte le persone che lavorano nelle forze dell’ordine.
    L’Italia, afferma Renzi, risponde all’attacco contro la cultura europea ed occidentale attraverso un rafforzamento del nostro bagaglio culturale. L’investimento in educazione sarà equivalente a quello nella sicurezza. Cinquecento milioni, in particolare, andranno alle città metropolitane per la riqualificazione delle periferie.
    L’esecutivo inserirà, inoltre, la possibilità di destinare il due per mille a specifiche associazioni culturali e fornirà ai giovani che compiono diciotto anni una card attraverso la quale sarà possibile partecipare ad attività artistiche e culturali.



  • Dopo anni di rinvii, il Parlamento sta discutendo il disegno di legge di Riforma del “Terzo settore”. La definizione nasce per distinguere un’area occupata da formazioni sociali (associazioni di volontariato, imprese sociali, fondazioni, Onlus, cooperative sociali, etc.) intermedie tra lo Stato (primo settore) ed il mercato (secondo settore), volte ad erogare beni e servizi di utilità sociale in assenza di lucro e con natura giuridica privata in numerosi settori, tra i quali l’assistenza sociale, la sanità, l’ambiente, il volontariato, la cultura, lo sport, la cooperazione internazionale. Un ambito che incide per ben il 3,4 % del Prodotto interno lordo con il 9,7 % degli addetti sul totale dell’economia.

    condivisioneIl DDL, per ora fermo in Commissione Affari Costituzionali del Senato e destinatario di circa cento emendamenti, prevede numerose novità, nonché nuove definizioni di Terzo settore (complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d’interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità), e di Impresa sociale (impresa privata con finalità d’interesse generale, avente come proprio obiettivo primario la realizzazione di impatti sociali positivi conseguiti mediante la produzione o lo scambio di beni o servizi di utilità sociale, che destina i propri utili prevalentemente al raggiungimento di obiettivi sociali).

    Una profondo cambiamento rispetto alla vigente disciplina si ritrova in tema di remunerazione del capitale sociale e della ripartizione degli utili, laddove il ddl, superando quanto ad oggi disposto dall’art. 3 d.lgs. n. 155/2006 (è vietata  la  distribuzione,  anche  in forma indiretta,  di  utili  e  avanzi  di  gestione,  comunque denominati, nonche’   fondi   e   riserve  in  favore  di  amministratori,  soci, partecipanti,  lavoratori o collaboratori), riconosce la possibilità di una remunerazione, da assoggettare a condizioni e limiti massimi, differenziabili anche in base alla forma giuridica adottata dall’impresa, in analogia con quanto disposto per le cooperative a mutualità prevalente, che assicurino in ogni caso la prevalente destinazione degli utili al conseguimento degli obiettivi sociali. Ciò costituisce un significativo richiamo alle cooperative a mutualità prevalente, la cui disciplina prevede, quali requisiti essenziali, la  “prevalenza di bilancio” e la “prevalenza statutaria”; tale richiamo ha, almeno in parte, smorzato le numerose critiche indirizzate all’originario testo, in cui la pura deroga al principio generale di non lucratività, tipico del terzo settore, aveva certamente indebolito le finalità sociali proprie di tali imprese.

    Il disegno di legge prevede poi espressamente che le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscano di diritto la qualifica di imprese sociali, senza richiedere – quindi – il rispetto di specifici requisiti: è di tutta evidenza come tale riconoscimento di diritto costituisca una significativa testimonianza del valore e del primato della forma giuridica di cooperativa sociale, certamente ritenuta la più adatta al perseguimento degli alti fini sociali, civici e solidaristici perseguiti dal legislatore.



  • Un annuncio quasi a sorpresa, quello del Primo Ministro Matteo Renzi.
    L’esecutivo ha intenzione di portare avanti il progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto.
    Nei giorni scorsi il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, aveva anticipato la volontà di continuare l’iniziativa che era stata avviata dal Governo Berlusconi.

    Matteo Renzi, dunque, conferma quanto detto da Alfano, prima però, secondo il premier, bisogna intervenire sulle priorità di Sicilia e Calabria.
    renziUna su tutte l’emergenza acqua, che ha portato la città di Messina ad essere senza acqua per ben 14 giorni, e l’emergenza maltempo nella provincia di Reggio Calabria, con danni enormi alla struttura ferroviaria sulla parte Jonica.
    «Investiamo 2 miliardi nei prossimi cinque anni in Sicilia per le strade e le ferrovie e poi faremo anche il ponte, portando l’alta velocità finalmente anche in Sicilia e investendo su Reggio Calabria, che è una città chiave per il Sud. Dall’altra parte dobbiamo finire la Salerno – Reggio Calabria. Quando avremo chiuso questi dossier, sarà evidente che la storia, la tecnologia, l’ingegneria andranno nella direzione del ponte, che diventerà un altro bellissimo simbolo dell’Italia».
    Questa settima il Governo ha annunciato le linee guida del Masterplan per il Sud, una misura che molti hanno definito carente proprio per le regioni della Calabria e della Sicilia. Proprio le infrastrutture, insieme alla riduzione della tassazione e alla semplificazione delle regole, dovranno essere l’asse portante delle politiche di sviluppo del Mezzogiorno.
    La conclusione dei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria e la modernizzazione della linea ferrovia siciliana, misure annunciate per anni e mai portate a termine, sono una condizione indispensabile per attrarre gli investitori.
    Eppure a far notizia è sempre e solo il Ponte sullo Stretto.



  • L’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, è stato rinviato a giudizio con le accuse di corruzione ed illecito finanziamento in relazione all’inchiesta Mafia Capitale.
    Il tribunale di Roma sarà chiamato a pronunciarsi l’11 dicembre.
    Secondo la procura di Roma Alemanno avrebbe ricevuto dei finanziamenti da parte di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi attraverso la sua fondazione e attraverso l’ex ad di Ama Franco Panzironi.

    Nello specifico, l’ipotesi dei Pm è che l’ex sindaco di Roma abbia ricevuto 135 mila euro per la sua campagna elettorale in cambio del dirottamento di risorse comunali alle coop gianni alemannodi Buzzi.
    Per il momento, invece, cade il capo d’accusa di associazione mafiosa.
    Il processo è iniziato nella giornata odierna tra le polemiche degli avvocati difensori di Carminati, Buzzi, Roberto Brugia e Fabrizio Testa, impossibilitati ad essere presenti fisicamente al processo per ragioni di sicurezza.
    L’avvocato difensore di Carminati, Giosuè Naso, ha parlato di “processo dopato“, considerata l’assenza del suo assistito.
    La richiesta di annullamento del divieto, però, è stata respinta dal tribunale.
    Da lunedì la fase dibattimentale si trasferirà nell’aula bunker di Rebibbia, il che rende l’idea della rilevanza e della mediatizzazione dell’intero processo di Mafia Capitale.



  • C’è un’attesa mediatica quasi senza precedenti per il processo relativo all’inchiesta giudiziaria Mafia Capitale.
    Questa mattina, presso l’aula Occorsio del Tribunale di Roma, è iniziata la fase dibattimentale che vedrà come protagonisti ben 46 imputati per reati che vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso alla corruzione.

    Non saranno, però, presenti in aula gli imputati accusati di essere i deus ex machina del sistema affaristico romano, ovvero Massimo Carminati, Salavatore Buzzi, Roberto Brugia e Fabrizio Testa.
    lagiustiziaèamministratanelnomedelpopolo1Il tribunale ha stabilito, infatti, che la loro presenza comporti problemi di sicurezza: saranno così costretti ad assistere al processo in video conferenza.
    Ci saranno ben quattro udienze a settimana, per un dibattimento che si annuncia estremamente lungo e seguito mediaticamente, già questa mattina decine di giornalisti hanno assediato l’aula Occorsio del Tribunale (da lunedì il processo si trasferirà nell’aula bunker del carcere di Rebibbia).
    Il tribunale ha dato l’assenso alle riprese audio-visive del processo, che potranno essere mandate in onda solamente in differita ed effettuate dalla Rai, la quale avrà poi il compito di distribuire le immagini alle altre emittenti.
    Alla prima udienza erano presenti anche la deputata del Movimento 5 Stelle Roberta Lombardi e l’ex capogruppo grillino al Comune di Roma Marcello De Vito.
    Il Movimento 5 Stelle ha chiesto di costituirsi parte civile, in quanto rappresentante della cittadinanza italiana onesta, infangata dagli amministratori locali, dai dirigenti e funzionari pubblici e dagli imprenditori protagonisti della vicenda giudiziaria.



  • La rivista Forbes ha redatto la classifica degli uomini più potenti del mondo riferita all’anno 2015.
    Secondo il celebre magazine americano al primo posto c’è Vladimir Putin, ex Primo Ministro della Russia ed attuale presidente della Federazione Russa.
    Al secondo posto troviamo Angela Merkel, seguita da Barack Obama, Papa Francesco e Xi Jinping.

    La classifica contiene Capi di Stato e di Governo, ma anche presidenti di istituzioni internazionali ed imprenditori di successo.
    L’unico italiano presente nella lista delle 73 figure più influenti è Mario Draghi, presidente della Bce, che si colloca in undicesima posizione, appena draghidietro a Larry Page, CEO di Google, e davanti a Li Keqiang, premier cinese.
    Forbes, dunque, conferma Vladimir Putin al primo posto dopo la vetta raggiunta l’anno scorso. La rivista americana sottolinea come sia uno dei pochi uomini al mondo in grado di “fare tutto quello che vuole”.
    L’invasione della Crimea ha causato alla Russia sanzioni pesanti da parte della comunità internazionale, che hanno portato il paese in piena recessione. Una situazione economica, però, che non ha influito sul livello di gradimento di Putin da parte dei propri cittadini, arrivato alla soglia record dell’89%.
    Scala, invece, la classifica Angela Merkel dopo il quinto posto del 2014 e continua ad essere la donna più potente del mondo per il decimo anno consecutivo.
    La sua influenza si estende al di fuori della Germania, dove è riuscita in breve periodo a far uscire il proprio paese dalla crisi attraverso misure di sostegno per le aziende. Il suo peso politico all’interno dell’Unione Europea, infatti, è di primo rilievo e sta svolgendo anche una funzione essenziale per la risoluzione della crisi greca.
    Perde una posizione, invece, Barack Obama, arrivato al suo ultimo anno di presidenza degli Stati Uniti d’America con un rating di gradimento sotto il 50%. Stabile al quarto posto Papa Francesco, mentre perde due posizioni Xi Jinping, Segretario generale del Partito comunista cinese e Primo Ministro della Repubblica popolare cinese.



  • Sono state emesse, oggi, dal gup Anna Criscuolo, le prime condanne relative all’inchiesta giudiziaria Mafia Capitale.
    Gli imputati condannati sono quelli che hanno chiesto il rito abbreviato, mentre il processo nei confronti di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati inizierà il 5 novembre.
    La sentenza odierna rappresenta una svolta in vista della fase dibattimentale perché si tratta della prima pronuncia giudiziaria su Mafia Capitale e perché riconosce l’aggravante mafiosa nei confronti di uno degli imputati: Emilio Gammuto.

    Il fedelissimo di Salvatore Buzzi, infatti, è stato condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione per corruzione. Secondo il giudice, Gammuto 14112014avrebbe agito ben consapevole di aiutare un’associazione di stampo mafioso, ovvero quella creata da Carminati e Buzzi.
    Secondo le ricostruzioni avrebbe consegnato 25mila euro a Claudio Turella, funzionario pubblico del servizio Giardini, per effettuare pressioni nei confronti dell’amministrazione comunale per ottenere finanziamenti in favore della cooperativa “29 Giugno“.
    Condannata a quattro anni di reclusione con l’accusa di corruzione anche Emanuela Salvatori, ex responsabile dell’attuazione del piano nomadi di Castel Romano.
    Secondo il giudice avrebbe dirottato 150mila verso una delle cooperative “satellite” di Buzzi in cambio dell’assunzione della figlia.
    Sono stati condannati, infine, a quattro anni di reclusione anche Raffaele Bracci e Fabio Gaudenzi per aver imposto ad un imprenditore un tasso d’interesse annuo del 120% della somma prestata.



  • Mancano tre giorni all’inizio del processo di Mafia Capitale e proprio in sede dibattimentale potrà essere utilizzato un documento chiave: la relazione della commissione d’accesso al comune di Roma.
    In queste ore il procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, ha ricevuto una lettera del prefetto Gabrielli con la quale viene desecretata la relazione.

    L’intervento della prefettura di Roma riguarda il precedente prefetto, Marilisa Magno, che avrebbe voluto sciogliere il Comune per infiltrazioni mafiose. Uno mafia capitalescenario che è stato poi confermato dall’inchiesta Mafia Capitale.
    La relazione della commissione d’accesso, che non è mai stata resa pubblica finora, farà chiarezza sul modus operandi dell’amministrazione romana e sui rapporti con la presunta associazione mafiosa guidata da Massimo Carminati e con il “re” delle cooperative romane Salvatore Buzzi.
    Potrebbero essere coinvolti altri politici ed esponenti del mondo della pubblica amministrazione e soprattutto, stando alle indiscrezioni, potrebbe svelare una continuità tra l’amministrazione Alemanno e la prima fase dell’amministrazione Marino in tema di concessione degli appalti.
    La situazione sarebbe mutata solo in seguito all’avvento di Alfonso Sabella come Assessore alla legalità del comune di Roma.
    L’annullamento del Segreto di Stato aiuterà certamente a fare chiarezza in fase dibattimentale, accertando al meglio le responsabilità e facendo luce su un modus operandi di lungo corso per la capitale.



  • Ignazio Marino ha ritirato le proprie dimissioni da sindaco di Roma.
    Il clamoroso dietro front è stato comunicato in questi minuti attraverso un comunicato stampa del Campidoglio, che annuncia il ritiro delle dimissioni presentate lo scarso lo 12 ottobre.

    Il tutto arriva a soli quattro giorni dalla nomina del commissario e dopo un lungo dibattito all’interno del Partito democratico romano, nel quale hanno avuto un 12179626_10206793216501854_1868198307_nruolo centrale anche il presidente Matteo Orfini ed il segretario Matteo Renzi.
    In queste ore Orfini ha invitato i 19 consiglieri Pd a fare un passo indietro, una scelta che potrebbe provocare lo scioglimento del consiglio comunale.
    Per arrivare ad una simile soluzione sarebbero necessarie, comunque, le dimissioni di 25 consiglieri e sembra che anche esponenti di altri gruppi consiliari siano disposti a fare un passo indietro.
    La manovra di Marino sembra, dunque, un semplice atto di rottura nei confronti del proprio partito, dal quale è stato pesantemente delegittimato in questi mesi. Certo un simile gesto non gioverà alla sua immagine, già enormemente danneggiata dagli scandali giudiziari che hanno colpito la capitale e quelli che hanno interessato la sua persona.