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  • Gruppi di Acquisto Solidali (G.A.S)Nell’ottica di un cambiamento dei criteri per fare la spesa, fuori dalla logica consumistica dei supermercati, da qualche tempo è possibile fare la spesa attraverso nuove esperienze di mercato.

    Spinti dal bisogno di realizzare piccole economie, ma anche dalla ricerca di prodotti buoni, più sani e genuini, spesso biologici, legati ai sapori di un tempo, sono nate diverse iniziative, animate soprattutto da piccoli produttori, volte a promuovere una nuova idea di mercato: più solidale, più vicina ai bisogni reali della gente.

    Tra queste, hanno assunto particolare sviluppo i Gruppi d’acquisto solidale (Gas).

    Presenti ormai in tutte città, il loro numero è in costante aumento, i Gas sono costituiti da gruppi di persone che si accordano tra loro per effettuare acquisti insieme, soprattutto di  prodotti alimentari, seguendo alcune piccole regole condivise di carattere etico. Frutta, ortaggi, carni, salumi, formaggi, gli alimenti più gettonati.

    I vantaggi consistono nell’opportunità offerta di un maggiore rispetto dell’ambiente, un sostegno concreto alle piccole realtà (spesso quelle più deboli) del mercato, un risparmio reale. Sostanzialmente, una forma di economia alternativa, fuori dalla logica dei profitti massimizzati, più rispettosa delle persone/lavoratori e della natura.

    Tutto ciò è ravvisabile nei principi che regolano i Gas: la scelta di piccoli produttori, di alimenti di stagione, del biologico, del “km zero”, perché comprare in loco consente economie nei trasporti e soprattutto, inquinare meno. Ed infine, particolare non trascurabile, quando si tratta di prodotti non coltivati in Italia, la scelta di privilegiare prodotti del commercio equo e solidale per sostenere i Paesi più poveri.

    Ciascuno di noi può attivarsi per aprire un Gas: una volta costituito, occorre concordare alcune piccole regole finalizzate ad individuare le modalità di acquisto e di distribuzione dei prodotti tra i partecipanti; trovare i fornitori e/o i produttori; ed infine i referenti, interni al gruppo, addetti agli acquisti per le varie categorie di prodotto.

    Unica attenzione, fare riferimento a produttori seri che non spaccino per biologico, o produzione locale, o senza sfruttamento di mano d’opera, ciò che non lo è. Una certificazione etica di questi ultimi, o delle produzioni, costituisce più di una garanzia.

     



  • discarica“Consumo, dunque sono” è uno dei capolavori più illuminanti di Zygmunt Bauman, utile a descrivere una società fortemente improntata all’utilizzo esasperato delle risorse a disposizione dell’uomo: a tutti i costi, anche quando ciò comporta, per l’altra parte del mondo, il vivere degli scarti altrui, di ciò che una volta consumato non serve più.

    Uno status, quello del consumatore forsennato, che va ricercato con ogni mezzo poiché simbolo di benessere, e poco importa se la stessa cosa non accade per chi, per il troppo consumo, vive di discariche a cielo aperto, talvolta, uniche fonti di sopravvivenza.

    Ma le cose stanno cambiando e non c’era bisogno della crisi per accorgersene.

    Mantenere un ritmo incalzante di consumi, fino allo spreco (anche di alimenti), richiede un dispendio di energie, non solo economiche, enormi, ivi comprese quelle relazionali, solidali, di sussidiarietà. E la qualità dei rapporti, in ogni contesto, ne è la prova evidente.

    La crisi, poi, ci ha messo anche del suo: la crescente disoccupazione e la ristrettezza di denaro a disposizione, la limitazione (forzata) delle finanze, stanno costringendo una parte della popolazione, quella fino a qualche tempo addietro tranquilla poiché appartenente alla classe media, a fare i conti con la quotidianità. Eppure c’è ancora chi spreca ancora: chi consuma oltre il possibile.

    Penso, sia giunto il tempo di guardarsi allo specchio e prendere consapevolezza degli scenari in cambiamento; di quel tempo in cui occorre imparare a convivere con un solo telefono (in media gli italiani ne possiedono 1,8 a testa), con abiti non necessariamente firmati, con un uso più equilibrato degli stessi alimenti utili alla sopravvivenza.

    Un tempo a cui prepararsi sin da oggi: non perché costretti dalle vicissitudini del mercato quanto, piuttosto, da una nuova consapevolezza, culturale prima ancora che economica.

    Un tempo in cui assumono significato le persone, le relazioni tra queste e, in esse, principi di solidarietà e sussidiarietà. Una nuova “economia” (dal greco οἱκονομία composto da οἶκος (oikos), “casa” inteso anche come “beni di famiglia“, e νόμος (nomos), “norma” o “legge” e quindi “regole della casa” ) fatta di regole condivise per una casa comune ben più ampia delle mura domestiche.

    Pronti per non finire noi stessi, benestanti consumatori, “Vite di scarto”.



  • Monti, Merkel, Hollande e RajoyNel vertice di Roma, i quattro moschettieri dell’Euro, Monti-Merkel-Hollande-Rajoy hanno ribadito chiaramente che per l’Europa dei nostri tempi e per quella del futuro la scelta della moneta unica è IRREVERSIBILE e Italia, Germania, Francia e Spagna faranno fronte comune per difendere e rafforzare l’Euro. Hanno concordato, pur da posizioni diverse, di andare avanti con la scelta della Tobin tax  finanziaria, anche senza l’adesione del Regno Unito e di presentare al Consiglio Europeo un pacchetto di 130 MLD destinati alla crescita economica, che è il vero problema di fondo per uscire dal tunnel della crisi dei debiti sovrani.

    Certo, gli squilibri esistenti tra i quattro paesi guida della zona euro sono veramente stridenti e fanno da ostacolo ad una convergenza verso soluzioni immediate e condivise, che potrebbero portare a scelte forti, per esempio cambiare lo statuto della BCE, virando verso il modello FED americana.

    Infatti, la missione della BCE è quella di tenere sotto controllo l’inflazione e quindi di proteggere il cambio, disinteressandosi della questione della crescita economica, mentre il ruolo della FED è invece quello di pilotare l’economia su un sentiero di crescita sostenibile, senza l’ostacolo e il  feticcio del  cambio del dollaro. Ma per ora sembra un’ipotesi difficile, vista l’intransigenza della banca centrale tedesca (BuBa).

    Il compito di Mario Monti non è facile. Rappresenta un paese con un debito enorme, quindi fragile economicamente e soggetto ad attacchi della speculazione, ma deve fare da mediatore tra il rigorismo estremo della Germania e la posizione francese più rivolta alla crescita, ma senza la forza necessaria ad imporla. Infine, il primo ministro spagnolo Rajoy, rappresenta un paese in forte crisi, con tassi sui titoli di debito sovrano che stazionano intorno al 7%, considerata soglia di non ritorno, e che ha ufficialmente chiesto la tutela dell’Europa per salvare il suo traballante sistema bancario. Pur se anch’esso sia stato invitato al vertice di Roma, non sembra nelle condizioni di avere la credibilità sufficiente per far passare agevolmente la sua richiesta di condizioni più morbide per far rientrare i conti pubblici entro un percorso più accettabile agli occhi della comunità finanziaria e dei paesi partners dell’area euro. Perciò il suo sembra più un ruolo da invitato di lusso, piuttosto che di uno dei quattro governanti più influenti in Europa dell’Euro.

    L’Italia, da parte sua, già da tempo chiede l’istituzione dei cosiddetti Eurobonds, cioè emissioni di obbligazioni garantite non da stati nazionali, ma dall’Unione europea nel suo complesso. Ciò significherebbe implicitamente che tali obbligazioni godrebbero anche della garanzia della Germania. La conseguenza sarebbe un forte ridimensionamento dello Spread, quindi un salutare calo degli interessi sul debito ed una stabilizzazione dei bilanci pubblici dei paesi deboli, tra cui l’Italia. Ma la Germania, nella persona della cancelliera Merkel, tiene duro nell’opporsi a tale progetto, almeno finchè gli altri stati non abbiano messo ordine ai loro conti pubblici ed aver realizzato le opportune riforme politiche ed economiche. E intanto, permanendo questo stato di cose, la Deutsche Repubblik finanzia il suo debito a breve a tassi negativi, cioè si fa pagare dai suoi creditori! A spese di chi? Paradossalmente a spese proprio dei paesi, come l’Italia e la Spagna, che sono in crisi e che la Germania dovrebbe contribuire a salvare.

    Come si capisce, è un pericoloso gioco delle parti, ma non a somma zero! C’è chi ci guadagna (leggasi Germania, Olanda e altri paesi del Centro e Nord Europa) e c’è chi ci rimette pesantemente (leggasi Italia, Spagna, Portogallo e tutti gli altri paesi cosiddetti periferici dell’Europa mediterranea).

    Fino a quando potrà durare questa specie di gioco al massacro al quale ci costringe la linea teutonica? Difficile dirlo, ma il tempo stringe. I mercati non aspettano, vogliono vedere scelte drastiche e risolutive; ogni giorno o settimana che passa contribuisce ad allargare la distanza tra i paesi virtuosi e quelli che hanno bisogno di cure e di riforme.

    La BCE, con i suoi “sherpa” studia febbrilmente soluzioni che possano fronteggiare un peggioramento della crisi dell’area Euro, ma a questo punto è la politica che deve intervenire.  E’ indispensabile che i governanti europei, Merkel per prima, si rendano conto che non si può più rinviare. E’ giunto il momento che dimostrino la loro qualità di statisti al di sopra dei campanilismi nazionali e dei miseri calcoli di tornaconto elettorale, in nome di una causa più nobile: il salvataggio dell’Euro e dei futuri Stati Uniti d’Europa!



  • Il cambio Euro/Dollaro fotografa una persistente debolezza della nostra valuta. Dodici mesi fa, per acquistare 1 euro erano necessari 1,461 USD, ieri solo 1,250: in un anno l’Euro si è svalutato del 14,4%!  Tutto ciò non è avvenuto per caso.

    Gli investitori da tempo scappano dall’Europa, vendendo attività in Euro e trasferendoli in USD e altre valute ritenute più sicure e questo, naturalmente, fa perdere valore alla moneta unica.

    Il nostro vecchio continente si dibatte in una crisi senza precedenti. Ora il vero problema, in quanto a salvataggi, non è più tanto la Grecia, che essendo un “peso mosca”, sembra ormai digerita dal sistema, ma la Spagna. Le banche spagnole sono in grave difficoltà e vanno ricapitalizzate. Si parla di cifre dell’ordine dei 50 miliardi, che non sono certo pagliuzze, e che si aggiungono ai 19 miliardi già stanziati dal governo spagnolo per salvare Bankia, la terza banca del paese, nata poco tempo fa dalla fusione di 12 casse di risparmio; operazione sotto inchiesta da parte della magistratura.

    EuropaIl secondo e altrettanto grave problema è la mancanza di crescita economica nell’area euro. Molti paesi sono in fase di stallo economico ed altri, tra cui il nostro, sono addirittura in piena recessione, cioè non solo non crescono, ma addirittura arretrano: il PIL diminuisce! La conseguenza diretta è una contrazione dei consumi e della importazioni. Di tale situazione soffrono tutti i paesi europei, ora anche la Germania, che finora si è illusa di trarre vantaggio dall’aver imposto un rigore esagerato ai paesi partner, attirando capitali a costo vicino allo zero. Ora il gioco si fa duro, anche per la Germania. E’ di qualche giorno fa la notizia che l’agenzia Moody’s ha abbassato il rating di 10 banche europee di cui 6 sono banche tedesche, a cominciare dalla CommerzBank, la seconda banca del paese!  L’intransigenza teutonica della cancelliera Merkel dovrà cedere il passo a più miti consigli. E la brillante crescita dei mesi/anni scorsi è ormai un ricordo.

    E il gioco si fa duro anche per gli Usa, visto che la recessione europea sta spegnendo la ripresa americana. Dato che si tratta a questo punto di interessi strategici degli Stati Uniti d’America, questi non stanno a guardare. Ecco allora scendere in campo i duri! Ecco che Barak Obama, l’uomo più potente al mondo, chiama il nostro premier Monti per fare fronte comune verso la Merkel e riesce ad arruolare anche la Francia di Hollande e la Gran Bretagna di Cameron.

    La Germania è l’unico paese che ha le risorse economiche da mettere sul piatto, per dare una svolta decisa alla crisi, ma per mero calcolo elettorale, la cancelliera Merkel sta bloccando ogni iniziativa che possa rafforzare le finanze pubbliche dell’area euro e mettere le basi di una robusta crescita economica, che risolverebbe strutturalmente il problema dei debiti sovrani.

    Servono iniziative per invertire la crisi di fiducia nelle banche, invece la Germania Merkeliana finora ha imposto solo tagli di bilancio, che comportano tasse pesanti sui cittadini e impoveriscono  intere nazioni. Il giochetto è stato favorevole alla Germania, che finanzia il suo bilancio con costi bassissimi, visti i tassi di interesse quasi zero che la caratterizzano! Ma è un gioco pericoloso anche per i tedeschi. Il fortino tedesco non potrà reggere a lungo in un’Europa allo sfascio!

    Vedremo come evolverà la crisi, ma certamente i tempi stringono e il mese di giugno sarà cruciale per assumere decisioni importanti su salvataggi bancari e misure per la crescita. I mercati fiutano novità positive e danno qualche segnale di reazione. Quando invertono la rotta non ti telefonano prima!