Categoria: StartUp


  • Formazione accompagnata all’attività sul campo. Ice Export Lab Campania è questo e tanto altro.
    Il bando indetto dall’Ice (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), in collaborazione con l’Eurosportello della CCIAA di Napoli e l’Unione Industriali Napoli, offre un’opportunità unica a 30 start up, poli tecnologici, Pmi manifatturiere e dei servizi, reti d’impresa e consorzi della Campania.
    L’obiettivo del progetto è sviluppare l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese campane e favorire la collocazione dei loro prodotti sui mercati esteri.
    Per questo motivo è necessaria una fase intensiva di formazione, con l’obiettivo di migliorare le capacità manageriali dei piccoli imprenditori vincitori del bando e di fornire una vocazione internazionale al proprio business.

    Risulta fondamentale, allo stato attuale, guardare ai mercati esteri. Considerata anche la crisi della domanda interna, bisogna fornire alle piccole e medie imprese tutti gli strumenti formativi e finanziari per poter espandere la propria attività al di fuori dell’Italia.
    Ice Export Lab Campania può essere un ottimo punto di partenza per creare quel distretto industriale che tanto manco al Mezzogiorno.

    iceIl corso è della durata di nove mesi e si dividerà in tre fasi:

    • Percorso formativo in aula della durata di tre mesi. La sede sarà Napoli e le lezioni si terranno venerdì pomeriggio e sabato mattina. Le tematiche affrontate riguarderanno i processi di internazionalizzazione dell’impresa (pratica dell’export, marketing internazionale, business plan, tecniche di commercio estero, contrattualistica, pagamenti internazionali, ecc.).
      Sono previsti, inoltre, test ed esercitazioni pratiche.
    • Affiancamento di esperti di internazionalizzazione. In questa fase verranno esaminati gli obiettivi e le strategie aziendali e verranno aiutati gli imprenditori a redigere il business plan.
      È previsto un aiuto di Stato de minimis del valore di 6.000 euro.
    • Incubazione all’estero. Gli imprenditori procederanno con l’implementazione della loro attività all’estero nel settore prescelto. Essi potranno valutare personalmente le opportunità di business in loco ed in un secondo momento avviare l’attività oppure procedere con un percorso formativo di alto spessore per esaminare nel dettaglio le opportunità che offre il territorio.

    Per quanto riguarda i requisiti di ammissione, possono accedere al bando quelle imprese che hanno sede nella Regione Campania, che non abbiano inadempienze fiscali o amministrative e che non sia sottoposte a procedure di fallimento, di liquidazione o amministrazione controllata.
    Devono avere, inoltre, spiccate potenzialità di internazionalizzazione con almeno un membro che abbia un’adeguata conoscenza della lingua inglese e con un sito web o una pagina social dedicata.
    Fatta eccezione per le start up, infine, devono avere registrato nell’ultimo esercizio un fatturato di almeno 100.000 euro.

    Ci sono poi dei requisiti in base al tipo di attività produttiva svolta, per cui le imprese che possono partecipare al bando devono appartenere ad uno dei seguenti settori:
    -agroalimentare (alimentari, ortofrutta, viticoltura, florovivaismo, ittica);
    – moda (tessile/abbigliamento, calzature, conceria, oreficeria);
    – mobilità (nautica, aerospazio, logistica, automotive);
    – arredo e costruzioni (arredamento, restauro architettonico, sviluppo urbano, lapideo);
    – alta tecnologia (nano-biotecnologie, meccatronica, ICT);
    – energia (ambiente ed energie rinnovabili).

    Le domande vanno presentate entro il 3 aprile 2015. Per ulteriori informazioni consultare il bando.

     



  • L’articolo incriminato è il numero 4, comma 10 bis dell’Investment compact, approvato la scorsa settimana alla Camera.
    L’emendamento presentato dal deputato Della Valle “introduce alcuni requisiti di forma per l’atto costitutivo delle start up innovative e degli incubatori certificati. Si richiede che l’atto costitutivo e le successive modificazioni siano redatti:
    • per atto pubblico ovvero per atto sottoscritto con firma digitale;
    • secondo il modello standard tipizzato dal MiSE e trasmesso al competente ufficio del Registro delle imprese.

    Cambiano, dunque, le modalità costitutive delle start up e degli incubatori, ragion per cui non sarà più obbligatorio recarsi dal notaio, ma basterà una semplice firma digitale attraverso un modello standard disponibile online.
    La normativa in questione si pone come obiettivo la semplificazione degli adempimenti burocratici per l’avvio di una start up innovativa, riducendo anche i relativi costi.
    Le tariffe per la redazione di un atto pubblico, infatti, spesso risultano salate, anche se dipendono dalla discrezionalità del professionista.
    I giovani start upper, però ,a differenza delle grandi aziende non dispongono di ingenti capitali: il più delle volte devono fare affidamento su finanziamenti pubblici a tassi agevolati ed i loro progetti innovativi sono sempre a rischio fallimento, perché devono scontrarsi con un mercato, quello italiano, non sempre in grado di recepire la novità.

    bilancioL’emendamento in questione, dunque, potrebbe rappresentare una svolta per il mondo delle piccole imprese innovative. Una rivoluzione che per il mondo dei notai ha tutti i caratteri del disastro.
    Tolte le ovvie ragioni di natura economica, che andranno a penalizzare i professionisti, si pone un problema di natura sistemica.
    Secondo il Consiglio Nazionale del Notariato, infatti, la nuova norma non sarà in grado di garantire la trasparenza dell’azienda appena nata.
    Diminuiranno i controlli pubblici effettuati da notai, rendendo così difficile risalire alla reale identità del rappresentante legale dell’impresa e facilitando la formazione di vere e proprie società anonime.

    Il Consiglio Nazionale del Notariato ha voluto ribadire questi concetti attraverso un duro comunicato, nel quale si rammenta al Governo il rischio che si correrà in futuro con questo cambiamento normativo: “Facile inoltre immaginare l’escamotage che potrà essere adottato per evitare controlli: presentarsi come start up innovative, evitare i controlli tramite una firma digitale non autenticata, perdere in fase successiva i requisiti per essere ammessi nella sezione specifica del registro societario ma salvaguardando l’iscrizione al registro”.
    La rabbia dei notai nei confronti dell’esecutivo viene da lontano. Nonostante il Governo Renzi non sia riuscito ad effettuare un’effettiva liberalizzazione in settori come quello farmaceutico, è intervenuto, invece, togliendo alcune prerogative al mondo notarile.
    Su tutte va annoverata la nuova norma che consente anche agli avvocati e ad altri professionisti, non solo ai notai, la stipulazione dei contratti immobiliari non abitativi dal valore catastale inferiore i 100mila euro.
    L’emendamento sulle start up viene percepito, dunque, come un ulteriore attacco alla categoria. I rischi in termini di trasparenza ci sono tutti, ma un intervento di liberalizzazione per le piccole imprese e le start up andava assolutamente fatto.
    Difficile, in via definitiva, che il Parlamento possa fare un passo indietro.



  • Approvate la Legge di Stabilità e l’Investment Compact (per quest’ultimo, però, c’è da passare ancora lo scoglio del Senato), può essere utile fare un punto della situazione in materia di finanziamenti alle piccole e medie imprese e alle start up innovative.
    I problemi del sistema creditizio italiano sono notori: risulta difficile per una realtà imprenditoriale emergente riuscire ad accedere ai prestiti bancari. Senza le dovute garanzie, è impossibile avviare un’attività di lavoro autonomo oppure formare una nuova impresa.
    Il Governo, con l’aiuto di alcune forze parlamentari, ha voluto fornire detrazioni fiscali e finanziamenti a tassi agevolati per chi è disoccupato o in cerca della prima occupazione. Solo incentivando l’imprenditoria giovanile e l’innovazione, infatti, è possibile rilanciare il tessuto economico italiano, trovando delle alternative ad un modello basato sui servizi e sui grandi comparti industriali.

    invitaliaLa Fondazione Studi del Consiglio Nazionale Consulenti del Lavoro ha fornito una guida operativa utile per capire quali sono gli strumenti giuridici ed economici in possesso dei cittadini dopo i recenti cambiamenti normativi.
    Uno di questi riguarda la possibilità di chiedere l’anticipo l’intera quota della Naspi per chi volesse intraprendere una nuova attività imprenditoriale.
    La Naspi è un ammortizzatore sociale, in vigore a partire dal 1° Maggio 2015, rivolto ai lavoratori vittima di disoccupazione involontaria. Questi ultimi potranno richiedere online all’Inps di ricevere in via anticipata l’intera somma spettante entro trenta giorni dall’inizio della nuova attività.
    Sono ammesse forme di lavoro autonomo, imprese individuali e sottoscrizioni di quote sociali di cooperative.
    Lo stesso discorso vale per chi ha diritto alla vecchia Aspi e all’indennità di mobilità. In questo modo i disoccupati che decideranno di mettersi in proprio potranno avere maggiore liquidità all’inizio della loro attività imprenditoriale.

    Ma non sono gli unici aiuti per lo sviluppo dell’auto-imprenditorialità. Abbiamo parlato nei giorni scorsi dei quaranta milioni di euro stanziati per il 2015 dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Movimento 5 Stelle per iniziative di microcredito alle piccole imprese e ai lavoratori autonomi.
    Il provvedimento consentirà a chi non dispone delle dovute di garanzie di accedere a finanziamenti fino ad un massimo di 25.000 euro per avviare o sviluppare la propria attività d’impresa.
    La stessa cifra di è prevista dal progetto Garanzia Giovani. Oltre a favorire l’inserimento dei giovani nella realtà lavorativa attraverso tipologie contrattuali come lo stage o l’apprendistato, l’iniziativa del Ministero del Lavoro incentiva l’attività imprenditoriale svolta da chi ancora non ha trovato un’occupazione, fornendo prestiti fino a 25.000 euro per la realizzazione di nuove imprese o di start up innovative.

    Quest’ultima forma imprenditoriale è quella che dispone di maggiori aiuti fiscali, finanziari e giuridici. Del resto proprio grazie al modello delle start up gli Stati Uniti sono riusciti a rilanciare il proprio tessuto economico.
    Per poter accedere ai finanziamenti del Governo, le suddette imprese devono fornire beni e servizi di alto contenuto tecnologico, oltre ad avere avviato la propria attività da meno di 48 mesi ed avere una valore della produzione fino ad un massimo di 5 milioni di euro.
    Qualora presentino tali requisiti, le start up innovative potranno avere accesso ad un finanziamento a tasso zero per un massimo di 1,5 milioni di euro. La spesa totale dell’investimento può essere coperta fino ad un massimo del 70%, che può essere innalzato all’80% se l’impresa è costituita solamente da donne o da giovani under 35.



  • Con 290 sì, 149 no e 7 astenuti è passato alla Camera il decreto sull’Investment compact.
    Si tratta di un provvedimento che interviene nel settore delle imprese, provando a rilanciare gli investimenti.
    Tra le misure contenute nel decreto, la più discussa riguarda senza dubbio la riforma delle banche popolari con attivo superiore a otto miliardi di euro.
    Allo stato attuale vige il principio del voto capitario (una testa un voto) che dà enorme potere anche ai piccoli soci. La riforma prevede che entro 18 mesi gli istituti bancari coinvolti modifichino il proprio statuto, eliminando il voto capitario e trasformandosi in società per azioni.
    Sono dieci le Popolari interessate dal provvedimento: Banco Popolare, Ubi Banca, Popolare Emilia Romagna, Popolare di Milano, Popolare di Vicenza , Veneto Banca, Popolare di Sondrio; tra le non quotate ci sono il Credito valtellinese, la Popolare di Bari e la Popolare dell’Etruria e del Lazio.

    Cooperative EdiliI dieci istituti bancari appena citati avranno appunto 18 mesi di tempi per modificare il proprio statuto. Qualora ciò non avvenisse la Bce, su segnalazione di Bankitalia, revocherà loro l’autorizzazione per l’esercizio di attività bancarie e verrà disposta la liquidazione coatta amministrativa.
    L’intento del Governo attraverso questo provvedimento è snellire il processo decisionale all’interno delle popolari, troppo spesso sottoposto ai veti dei migliaia di soci, e permettere a chi possiede quote di maggioranza di avere una maggiore influenza nelle scelte da adottare.

    L’Investment compact, però, non contiene solo la tanto discussa riforma delle Popolari, ma anche una serie di strumenti per rilanciare le imprese in difficoltà e le Pmi.
    È stata disposta, innanzitutto, la creazione di una società per azioni per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle aziende in crisi. Il provvedimento è rivolto in particolare a tutte quelle imprese che “nonostante temporanei squilibri patrimoniali e/o finanziari, siano caratterizzate da adeguate prospettive industriali e di mercato“.
    Potrà partecipare al fondo per le aziende in crisi qualsiasi tipo di investitore, sia istituzionale che professionale.
    In questo modo si vogliono aiutare quelle realtà in difficoltà per colpa della recessione, ma che in prospettiva futura possono presentare importanti margini di crescita.

    Nel decreto legge trovano, infine, un posto rilevante start up e Pmi. Vengono allargate le agevolazioni fiscali per chi decide di investire nelle start up. In precedenza, per poter usufruire degli sgravi, la start up in questione doveva essere nata da meno di quattro anni; adesso il limite temporale viene esteso a cinque.
    Viene introdotta, inoltre, una nuova categoria che è quella delle Pmi innovative. Le piccole e media imprese che investono in innovazione e tecnologia potranno usufruire delle stesse agevolazioni fiscali delle start up, purché siano costituite sotto forma di società di capitale, anche cooperative, ed operino sul mercato da meno di sette anni dalla loro vendita commerciale.



  • Le start up innovative a vocazione sociale sono il presente del tessuto economico mondiale e lo saranno, a breve, anche di quello italiano.
    Lo hanno capito tutti: dalle grandi istituzioni politiche a quelle religiose. Innovazione tecnologica e società non possono essere due mondi a parte. Al contrario devono interagire e dialogare, attraverso uno speciale processo di contaminazione utile per lo sviluppo dell’umanità.

    La tecnologia trae dalla società le risorse umane ed economiche indispensabili per poter sopravvivere, mentre quest’ultima può utilizzare i nuovi strumenti tecnologici per migliorare la qualità della vita delle persone ed il loro processo di inclusione sociale.
    Sono tantissimi i progetti che agiscono in tal senso. Uno di questi è stato promosso addirittura da Papa Francesco.
    Il Vaticano ha compreso quanto sia importante investire in tecnologia per sviluppare quei rapporti di solidarietà ancora troppo deboli all’interno della realtà sociale. I poveri, i carcerati, i portatori di handicap vivono spesso da veri e propri emarginati.

    scholasLe istituzioni, vittime della spending review, non riescono ad occuparsi di loro demandando questo compito al terzo settore o appunto alle start up innovative a vocazione sociale.
    È qui che l’Italia mostra il passo rispetto alle altre realtà mondiali, distinguendo in maniera netta il mondo del terzo settore da quello delle start up, quando ormai il processo di ibridazione appare chiaro, sia in riferimento al modello d’impresa che all’attività svolta.

    Il progetto Scholas Labs, promosso dal Vaticano, è l’emblema perfetto di questo cambiamento. Si tratta di un’iniziativa aperta a tutte le start up innovative del mondo che promuovano progetti di integrazione scolastica.
    Gli sponsor sono di quelli che pesano, se pensiamo che colossi mondiali come Google, Microsoft e Telecom Group Argentina saranno partner del progetto.
    Entrando nello specifico, vengono richiesti progetti innovativi, di qualità e dal forte impatto sociale. L’intento è creare uno spazio online dove studenti, insegnanti e altri membri del settore scolastico possano condividere problemi, idee e proposte per migliore il sistema di insegnamento.
    Si verrebbe a creare un enorme spazio di condivisione sociale su scala mondiale.

    L’Italia deve aprirsi ad iniziative di questo tipo attraverso una maggiore integrazione tra il mondo delle cooperative sociali e quello delle start up. Tra i due cambia la formula ed il modello d’impresa, ma lo spirito innovativo è il medesimo. Ecco perché intervenire attraverso una ristrutturazione del quadro normativo che avvicini i due mondi significa guardare al presente e rivolgersi con sguardo positivo al futuro.



  • Chi di voi, nel corso della preparazione di un esame universitario, non ha pensato: se solo potessi conoscere le domande che mi verranno poste e studiare con i migliori corsisti? Ecco Tutored ti fornisce questo e molto altro attraverso una piattaforma online dedicata agli studenti.
    La start up realizzata nel corso del programma di accelerazione Luiss ENLABS ha ottenuto immediatamente un boom di iscritti tra studenti desiderosi di ricevere delle “ripetizioni” online e tutor disposti a mettere a disposizione le proprie competenze.

    tutoredNello specifico, Tutored fornisce ai propri utenti il materiale didattico, le esercitazioni, le domande più ricorrenti e delle vere e proprie lezioni teoriche e pratiche, necessarie per il superamento degli esami.
    Il sistema è estremamente efficiente: è lo stesso studente, infatti, a poter scegliere il proprio tutor tra quelli proposti dalla piattaforma. I criteri possono essere molteplici: dalla vicinanza geografica (c’è la possibilità, infatti, di poter seguire delle ripetizioni anche a domicilio, oltre che online) al profilo professionale del tutor.
    Da questo punto di vista la piattaforma presenta un speciale classifica di rendimento in base ai feedback dei ragazzi stessi. Lo studente potrà scegliere, quindi, il tutor migliore in base ai giudizi precedenti dei propri colleghi.

    La crescita di questa start up è stata davvero imponente, se pensiamo che ha finito la fase di accelerazione solo due mesi fa. StartupItalia  ci fornisce alcuni dati interessanti sull’attività di Tutored in quest’ultimo periodo.
    Il processo di fundraising, lanciato a fine gennaio, ha portato la start up ad ottenere in pochissimo tempo 400.000 euro che le consentiranno di assumere ben dodici collaboratori.
    Addirittura il valore di Tutored è stimato attorno ai 2 milioni di euro, con un aumento delle iscrizioni sulla piattaforma online del 97% ogni mese.
    Il progetto avviato da tre giovanissimi studenti sembra, dunque, avviato ad avere successo. Il prossimo obiettivo è allargare il sistema alle maggiori università italiane.
    Ad augurarselo non sono solo i giovani startupper di Tutored, ma anche tantissimi studenti che potrebbero usufruire di uno splendido servizio.



  • Fondazione Vodafone Italia, in collaborazione tecnica con PoliHub, offre un’opportunità unica per tutti gli innovatori.
    Il nuovo bando Think for social mette a disposizione risorse fino ad un milione di euro per la realizzazione di progetti di innovazione sociale. L’iniziativa in questione promuove l’utilizzo delle nuove tecnologie per soddisfare i bisogni della comunità di riferimento.

    think for socialSono tante le esigenze e le richieste di ogni singolo territorio, istanze che spesso lo Stato ed i privati non sono in grado di soddisfare. Tocca allora ai comuni cittadini, attraverso associazioni no-profit, cooperative o semplici gruppi di studenti provare ad adempiere a tali richieste.
    L’unico strumento in loro possesso è la creatività. Le idee e l’originalità, ovviamente, sono alla base di tutto.
    Ma in un contesto difficile come quello italiano, troppo spesso mancano le risorse per realizzare progetti innovativi a servizio della comunità.

    Think for social nasce con l’obiettivo di sopperire a questa mancanza, promuovendo l’ingegno e lo spirito d’iniziativa dei giovani italiani. Possono prendere parte all’iniziativa studenti universitari e non, cooperative, associazioni no-profit e spin-off aziendali: tutti con l’intento di creare innovazione in Italia.
    Sono tre gli ambiti di riferimento per chi deciderà di partecipare al bando: salute e benessere, cultura ed istruzione, agricoltura ed ambiente.
    I candidati saranno chiamati a presentare dei progetti che ricadano in uno di questi tre settori e che abbiano come protagonista le nuove tecnologie. Dovranno essere sfruttate le potenzialità offerte da questi strumenti e bisognerà farlo nella maniera più innovativa possibile.
    L’obiettivo finale è lo sviluppo sociale dei territori, attraverso iniziative che vadano ad aiutare, ad esempio, soggetti bisognosi.
    Sul sito di Think for social troverete tutte le informazioni utili per candidarvi ed alcuni esempi significativi sul tipo di progetto richiesto.

    Il bando è suddiviso in varie tappe che consentiranno alla commissione di valutare attentamente tutte le proposte e di stabilire quale sia la più innovativa e quale soddisfa maggiormente le esigenze della società.
    Le domande andranno inviate entro il 30 aprile 2015, mentre la prima scrematura verrà effettuata entro il 30 maggio 2015.
    I progetti verranno valutati in base a questi criteri: bisogno sociale soddisfatto, innovatività della soluzione, impatto sociale atteso.
    I migliori 20 potranno partecipare all’Innovation weekend, il 5-6 giugno. Sarà un’opportunità per presentare i propri programmi e confrontarsi con gli altri candidati.
    Da giugno a novembre 2014, invece, le dieci migliori proposte riceveranno un finanziamento di 30.000 euro che consentirà loro di sviluppare al meglio il proprio progetto prima che vengano decisi i tre vincitori.
    Questi ultimi verranno selezioni da una giuria competente nel mese di novembre e solo in seguito inizieranno una fase di monitoraggio della durata di 12 mesi. In questo periodo di tempo i candidati potranno ricevere ulteriori finanziamenti fino ad un massimo di 1 milione di euro.



  • Diffondiamo la passione del fare impresa. Promuoviamo la cultura dell’intraprendere”. 
    Questo è lo slogan di Italia Start Up, un’associazione nata con l’obiettivo di sponsorizzare la creatività e l’innovazione delle imprese italiane.
    All’interno di essa sono presenti varie realtà imprenditoriali: aziende, società, incubatori ed acceleratori di start up, tutte accomunate dalla volontà di rilanciare la competitività del nostro paese sul mercato mondiale.

    Jobs act via i Co.co.pro e modifiche alle Partite IvaIl progetto Italia Start Up è ancora agli albori (la sua nascita risale al 2012), ma sta già ampliando il propria base operativa ed associativa. È notizia di questi giorni l’ingresso in società di nuovi importanti membri, come Ibm Italia, Eudata, l’incubatore Impact Hub Milano e gli abilitatori iStarter e 012factory.
    L’ingresso di un colosso del calibro di Ibm dà particolare lustro all’attività svolta dall’associazione in termini di promozione dell’innovazione tecnologica.
    Ibm ha condiviso il percorso intrapreso da Italia Start up e diventerà con ogni probabilità un solido punto d’appoggio per la presentazione dei progetti futuri dell’associazione.

    “Con l’adesione a Italia Startup, l’azienda rafforza ulteriormente l’impegno nello sviluppo dell’ampio ecosistema delle start up” spiega Nicola Ciniero, Presidente e Amministratore Delegato di Ibm Italia. “Partendo dalla convinzione che le start up rappresentano una reale opportunità di crescita per il nostro Paese, Ibm è attiva da tempo con diversi programmi sia a livello nazionale sia internazionale per portare sul mercato idee innovative grazie all’aiuto delle tecnologie, per facilitare l’adozione del cloud e creare network per la nascita di nuovi business”.

    Le parole di Ciniero, riportate da Adnkronos, devono fungere da stimolo per tutti i giovani imprenditori italiani.
    La politica delle idee può essere una valvola di salvezza per un tessuto economico depresso e piegato su vecchie logiche.
    Da questo punto di vista un network come Italia Start Up è il miglior veicolo possibile per la contaminazione e la condivisione delle idee, perchè proprio partendo dal basso è possibile creare quel fermento imprenditoriale che ha portato Stati Uniti ed Europa del Nord sulla strada della ripresa economica.
    “Condividere per creare” deve essere il motto delle start up italiane e di tutte le altre realtà imprenditoriali del nostro paese. Perchè innovare in Italia può e deve essere possibile.



  • Start up ed innovazione: due tematiche accomunate da tanti elementi.
    Il primo è il loro carattere moderno, il secondo è la difficoltà che entrambi trovano nell’affermarsi in Italia.
    Un dato, a tal proposito, è emblematico e ce lo fornisce Il Sole 24 Ore: nel 2014 gli investimenti globali dedicati al solo settore del fintech ammontano a 2,8 miliardi di dollari.
    L’Italia investe nel medesimo ambito 7 milioni di euro, circa lo 0,1% del totale mondiale, il che è un paradosso se consideriamo l’enorme creatività che gli italiani hanno dimostrato e continuano a dimostrare ogni giorno.

    DipendentiLe idee non mancano di certo, ciò che manca è un piano di investimento ed un quadro normativo adeguato: questo è fuori di dubbio. Certo, sarebbe troppo facile auspicare, anzi invocare una rivoluzione dall’alto.
    Ma le condizioni operative devono e possono essere migliori.
    Se lo augura anche Roberto Ferrari, direttore generale di Chebanca! nel corso della presentazione di Smartmoney Fintech Community, la prima community dedicata alla fintech: “La trasformazione è già in atto. Il prossimo mese sperimenteremo i pagamenti smart per i parcheggi con una fintech italiana. Ma non c’è tempo da perdere. Se non sapremo cogliere le opportunità, una grande ricchezza se ne andrà all’estero”.

    Alcuni termini sono certamente sconosciuti per molti cittadini italiani. Colpa di una cattiva informazione e di un certo scetticismo nell’affrontare determinati argomenti.
    Il settore del fintech, ad esempio, è molto diffuso all’estero, soprattutto nell’ambito delle start up, mentre rappresenta una vera e propria new entry nel nostro paese. Le imprese che si occupano di fintech sperimentano idee innovative nell’ambito dei pagamenti finanziari, implementando software all’avanguardia che renderebbero più facile la vita di milioni di cittadini.
    La sperimentazione dei pagamenti smart per i parcheggi è solo una delle tante idee che sono venute fuori in questi anni, senza però avere una cassa di risonanza adeguata.
    La contaminazione e la condivisione dei progetti innovativi è alla base di qualsiasi tessuto economico e culturale all’avanguardia. Lo dimostrano la Silicon Valley o i paesi scandinavi, ecco perchè è necessaria una migliore comunicazione su questi argomenti: le start up hanno bisogno di un terreno fertile dove poter operare, senza rischiare di scomparire nel nulla dopo la fase iniziale di sperimentazione.