• Con l’avvicinarsi della bella stagione i fenomeni atmosferici tendono sempre più al bel tempo. Non deve sorprenderci, pertanto, se in particolare nella stagione estiva l’arrivo di un acquazzone accompagnato da fulmini e saette desta più di una preoccupazione.

    crescita professionaleLa forza dei fulmini nasce dal sole. L’energia solare, infatti, arrivando sulla terra alimenta una sorta di motore meteorologico che fa muovere enormi masse d’aria le quali, spostandosi, si caricano elettricamente, poiché fatte di atomi le cui strutture sono particelle di cariche elettriche opposte: protoni, positive ed elettroni, negative. Accade così, che quando due masse d’aria di segno opposto si avvicinano, le cariche elettriche si attraggono e scatta il fulmine che cancella la differenza di carica che esiste tra due masse d’aria. I fulmini, pertanto, consentono il ritorno ad un perfetto equilibrio. La vita stessa, senza la presenza di fulmini, non esisterebbe.

    Senza scomodare la teoria generale dei sistemi, l’omeostasi ed altro ancora, e restando sull’esempio dei fulmini appena descritto, nelle relazioni umane accade pressappoco lo stesso fenomeno. Ciascuno è portatore di istanze differenti che nel momento in cui vengono in contatto generano conflitti. Non c’è ambito della vita quotidiana di ciascuno di noi in cui tale fenomeno non emerga: il più delle volte in modo abbastanza palese.

    Tuttavia, se si vuole co-evolvere, occorre che tale conflitto sia esplicitato ed opportunamente affrontato nella ricerca di un nuovo equilibrio che consenta alla relazione, alle dinamiche interpersonali e di gruppo, di proseguire nella loro esperienza e progredire.

    Ecco perché si parla di una pedagogia del conflitto formativo: dal caos se ne esce accresciuti purché ciascuno ci metta del proprio per azzerare la propria carica… positiva o negativa che sia. Il conflitto, al di là della sua “spontanea” emersione, ha bisogno di essere dichiarato, comunicato, affrontato, risolto. E così, di volta in volta, mano a mano che esso si manifesta. Ed è inevitabile che si manifesti!

    Una buona comunicazione (assertiva), tecniche di problem solving, dinamiche di ascolto attivo, aiutano in questa direzione e, dato che nelle relazioni umane la natura può fare ben poco, diventa necessario che ci si prepari ad affrontare i temporali (leggi, conflitti) che quotidianamente imperversano la storia di ciascuno di noi.



  • “I sogni son desideri, chiusi infondo al cuor,
    nel sonno ci sembran veri, e tutto ci parla d’amor.
    Se credi chissà che un giorno, non giunga la felicità
    non disperare nel presente, ma credi fermamente,
    e il sogno realtà diverrà”.

    Il sogno di Cenerentola è divenuto realtà. Ci ha creduto fortemente, lo ha desiderato con tutta se stessa, finché il principe azzurro non ha bussato alla porta della sua casa…

    sogni progetti personaliMagia? Fortuna? Destino? Di fatto, pur davanti alle lodevoli parole della canzone, la nostra cara protagonista ha fatto ben poco perché il sogno diventasse realtà! Ha messo di suo la caparbietà, il suo credere al sogno, la sua persona semplice, la bellezza, ma concretamente la sua avventura è accaduta un po’ per caso. Di suo ci ha messo ben poco!

    Ciascuno di noi, in modo più o meno consapevole, ogni giorno è impegnato a realizzare un sogno: da quelli più semplici e comuni, a quelli che richiedono maggiore impegno. Tuttavia, se di ogni fatto della vita vogliamo essere protagonisti, artefici di ciò che facciamo accadere occorre,  prima di realizzare qualcosa, progettare: proiettare e pianificare azioni capaci di trasformare il sogno in realtà.

    Proseguo sull’esempio di Cenerentola: il suo sogno poteva divenire realtà prima, con minori patimenti e lacrime! L’idea del gran ballo c’era (l’aveva avuta il principe azzurro e si trattava di un appuntamento imperdibile); a lei il compito di preparare il vestito, la carrozza, addestrare cavalli e cavalieri, imparare a danzare e giungere così a realizzare l’atteso incontro con l’uomo dei suoi sogni. In seguito, nel verificare ogni fase vissuta, si sarebbe resa conto delle cose fatte bene e di quelle in cui avrebbe potuto fare ancora meglio (si narra che i topini sarebbero voluti tornare tali e che invece siano rimasti per sempre cavalli!).

    Cenerentola ha perso una buona occasione affinché potesse essere indicata come colei che per prima ha saputo trasformare, intenzionalmente, il suo sogno in magnifica realtà!

    Rispetto a Cenerentola noi siamo un po’ più avveduti e crediamo poco alle favole. Proviamo a fare prima un piano del nostro lavoro e poi il lavoro del nostro piano, seguendo con attenzione ogni fase dello stesso. Fermiamoci di tanto in tanto a verificare il percorso fatto e prendiamoci la responsabilità di correggere il tiro o i tempi di realizzazione di quanto si rivela più impegnativo del previsto.

    E, a pensarci bene, non vi pare che nel momento stesso in cui siamo coinvolti in un’attività simile, stiamo imparando a fare cose nuove e, in buona sostanza, stiamo realizzando anche un progetto su noi stessi? Anche crescere, il sogno di cambiare, diventa un progetto sfidante. E in questo Cenerentola può esserci d’aiuto. Se pur qualche volta non tutto gira alla perfezione, ma crediamo fortemente nel nostro sogno e nella felicità che esso racchiude, diamoci dentro… “e il sogno realtà diverrà”.

    Qual è il tuo sogno e come lo stai progettando perché tu ne sia protagonista assoluto?



  • Nel corso delle relazioni quotidiane, non è raro imbattersi in situazioni in cui, a seguito di una comunicazione data o ricevuta, si avverta una sensazione di disagio dovuta ad una mancanza di efficacia del messaggio inviato o di sottomissione a quello ricevuto.

    comunicazione efficace assertivaA casa, in famiglia, sul luogo di lavoro, o con gli amici (anche quelli di sempre), tale disagio, se non affrontato tempestivamente, rischia di sfociare in conflitti personali e interpersonali: non si sta bene né con se stessi né con quanti ci circondano. La comunicazione è poco efficace e, soprattutto, non soddisfa il nostro bisogno di chiarezza di contenuti e di ricaduta circa il risultato desiderato (l’“appello” del nostro messaggio). Anche la parte di rivelazione di noi resta incompresa e la stessa relazione ne risulta impoverita.

    E’ per queste ragioni, ed altre ancora, che il tema dell’assertività ha assunto sempre maggiore importanza nelle relazioni e, conseguentemente, viene considerata come una capacità irrinunciabile della persona: ad essa fa riferimento anche il concetto di autostima. E, come ogni capacità umana, si tratta di una qualità da acquisire, sviluppare, potenziare, affinché consenta a ciascuno di avere un comportamento ed una comunicazione (sono due facce della stessa medaglia, primo assioma della comunicazione), efficace nelle diverse situazioni quotidiane in cui le relazioni ci coinvolgono.

    Essere assertivi consente di comunicare con gli altri in modo chiaro e aperto; di esprimerci in modo efficace e autentico, riconoscendo e valorizzando quei valori da noi ritenuti più importanti nel rispetto di noi stessi e del nostro interlocutore; vuol dire avere consapevolezza delle proprie opinioni e mancanza di remore nell’esprimerle sapendo assumersi la responsabilità di quell’agire e delle affermazioni a sostegno; favorisce il contatto con le nostre emozioni e con quelle altrui; dà soddisfazione e benessere personale.

    La persona assertiva ha, in definitiva, un comportamento efficace che gli consente di esprimere con chiarezza i propri bisogni rispettando quelli degli altri: libera se stesso e l’altro da ogni condizionamento e manipolazione. Un gioco dove entrambe le parti vincono.

    In una ipotetica scala dove possiamo indicare con “0” un comportamento passivo e con “100” uno aggressivo, l’assertività è il punto di equilibrio.

    In un possibile e, a questo punto, fondamentale percorso di formazione c’è da chiedersi: “qual è lo stile del mio comunicare? tende ad essere passivo o aggressivo? si manifesta così in ogni ambito?”.

    Come sempre, se volete informarmi dei vostri risultati sapete dove trovarmi.

    In ogni caso tornerò ancora a parlarne!



  • Il tema della riforma del lavoro, oltre ogni disquisizione sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, si pone come grande obiettivo, tra gli altri, di offrire nuova occupazione, in modo particolare, ai giovani.

    patto aziende lavoratori giovani articolo 18Una sfida e un traguardo davvero avvincenti considerando le difficoltà, economiche e finanziarie, nelle quali versano tantissime imprese del nostro Paese (e non solo). C’è il serio rischio per tanti soggetti di trovarsi esclusi dalla possibilità di accedere ad una qualsiasi forma occupazionale.

    Tuttavia, oltre ogni riforma, diventa necessario un cambiamento da porre alla base di ogni scelta: quello di dare maggiore risalto al merito e di mettere al bando, finalmente, ogni forma di privilegio.

    Scelta non di poco conto poiché la stessa mette in evidenza la necessità di porre fine alla contrapposizione tra capitale e forza lavoro: tra imprenditori e lavoratori.

    Proprio partendo da questa contrapposizione, si delinea sempre più l’esigenza di una nuova forma di dialogo nelle relazioni lavorative, in quelle comunemente chiamate risorse umane: imprenditori e lavoratori hanno bisogno di coltivare insieme valori quali il merito, la motivazione, l’impegno, la condivisione. E ciò perché, in questo tempo di competitività spinta ai massimi livelli, l’azienda raggiunge migliori risultati soltanto premiando comportamenti virtuosi, sapendoli innescare nella forza lavoro.

    I cambiamenti investono entrambe le parti: l’imprenditore deve poter investire in formazione, motivazione, coinvolgimento e il lavoratore deve poter restituire tutto ciò in termini di responsabilità, investendo non solo in termini di “braccia” (operosità) ma anche di intelligenza e motivazioni. Comportamenti, da entrambe le parti, virtuosi: vale a dire capaci di mettere in pratica la “verità” dei valori dichiarati.

    Il merito è ciò che premierà, frutto di doti personali ma anche, e soprattutto, di studio e formazione continua.

    Alcune domande, ma con la stessa matrice: quanti sono gli imprenditori impegnati sul fronte della motivazione, della formazione e del coinvolgimento dei propri lavoratori? Sono attenti nel rilevare la soddisfazione dei propri dipendenti, a saperne leggere i bisogni e ad attuare politiche nella direzione di quei bisogni?

    Quanti i giovani in cerca di prima occupazione (e chi già ha un posto di lavoro) seriamente impegnati in percorsi di formazione, innovazione, consapevoli dei propri punti di forza ma, anche, dei propri limiti (assessment)?

    Qualità personali e merito camminano l’uno accanto all’altro e sarebbe interessante sapere che c’è già, su un fronte o sull’altro, qualcuno impegnato in questa direzione.

     



  • La misura del “controllo della temperatura” aziendale (un’analisi di clima) rappresenta lo scarto tra le aspettative delle persone e la realtà vissuta quotidianamente: uno scarto minimo genera un buon clima aziendale a favore dell’impegno (commitment); uno scarto elevato genera delusione, mancanza di motivazione e senso di appartenenza con conseguenti basse performance.

    soddisfazione del personale dipendenteL’errore più comune di tanti imprenditori, ma anche di tante strutture pubbliche o private, è quello di  credere di conoscere quelle che sono le attese dei dipendenti: se davvero ci  interessa sapere cosa pensano i nostri collaboratori il modo migliore è chiederlo direttamente, abbandonando ogni supposizione, sia chiaro, con la disponibilità successiva di intervenire nelle aree deboli e di potenziare quelle forti.

    Attraverso l’elaborazione di questionari anonimi è possibile ricevere numerose informazioni, utili a verificare l’organizzazione interna, le mansioni assegnate, il livello di soddisfazione e, dove necessario, implementare processi di cambiamento (del sistema organizzativo). Compito solo apparentemente complicato e sul quale ci si può sperimentare prima di richiedere la collaborazione di persona più esperta.

    Una rilevazione periodica, ogni due anni, e il consequenziale riscontro e comunicazione/condivisione dei dati, nonché le azioni intraprese nella direzione del miglioramento e del potenziamento, prefigurano un clima positivo che, al di là della bontà della ricaduta delle stesse, favorisce dialogo e partecipazione. Il tutto, unitamente alla capacità del/dei responsabile/i della struttura di accettare e condividere i risultati emersi inquadrandoli all’interno di un processo continuo di comunicazione interna e di miglioramento; piuttosto che considerarli come eventi isolati o, peggio, non considerandoli.

    I dati emersi, confrontati nel corso degli anni, si prestano ad essere inquadrati nell’ottica di una crescita comune, utile altresì – al responsabile della struttura – di promuovere azioni di sharing (seguito, ascolto).

    Vi vengono in mente un po’ di domande utili a disporre un questionario di soddisfazione del personale interno? Provate ad esercitarvi e, in caso di bisogno… confrontiamoci!



  • Ciò che determina il successo di un’azienda, quello attribuito da una clientela soddisfatta dall’erogazione del bene/servizio richiesto, è strettamente legato ad altre componenti che fanno tutte riferimento alle modalità attraverso le quali quel bene/servizio è stato erogato.

    business soddisfazione personale dipendente Employee SatisfactionIl cliente, e non deve apparire strano, attribuisce notevole significato, tale da influenzare la soddisfazione del momento e la scelta di ritornare presso quella azienda, anche alla gentilezza e cortesia, alla disponibilità e prontezza, capacità professionali, di chi ha portato a termine la sua richiesta. Cosicché, la customer satisfaction percepita dal cliente, il più delle volte, fa riferimento a tutto il personale incontrato nell’Azienda e non solo all’acquisto del bene/servizio.

    E, come in ogni “gioco di squadra”, la qualità del personale è frutto del buon clima vissuto all’interno della struttura, consapevoli che lo stesso va ben oltre la soddisfazione e le capacità del singolo operatore.

    L’Employee Satisfaction costituisce l’altra faccia della soddisfazione del cliente e risulta evidente, pertanto, che la rilevazione della soddisfazione del personale dipendente consente all’azienda di evolvere sul mercato per la migliore qualità dei servizi/prestazioni offerte.

    Le ragioni sono presto dette, anche se facilmente intuibili: personale soddisfatto, motivato, che vive un clima aziendale sereno, fondato su valori condivisi, si impegna originando maggiore produttività. E sappiamo bene cosa si cela dietro questo sostantivo: convinzione del lavoro svolto, attenzione al cliente, promozione dell’azienda nella quale si opera, interazione – orizzontale e verticale – più efficace ed efficiente.

    La soddisfazione e motivazione del personale diventano così la prima condizione per soddisfare il mercato.



  • Sia che si parli di crescita o sviluppo delle proprie risorse, quando questi processi li facciamo accadere in modo intenzionale e consapevole, non bastano i buoni propositi: occorre necessariamente agire alla luce di un progetto.

    Progettare significa proprio “proiettare in avanti”: vale a dire immaginare nuovi scenari di se stessi, disponendosi al cambiamento.

    Piano d’Azione IndividualeIl Piano d’Azione Individuale è strumento che si presta a tutto ciò. Serve a pianificare le azioni che come persona ho scelto di intraprendere nell’ottica di migliorare (crescere) i miei punti deboli e di sviluppare i punti di forza. Questi ultimi, considerate risorse, hanno prevalenza in ogni progettazione poiché, non mi stancherò mai di dirlo, si costruisce sul positivo. Inoltre ogni progetto assume significato se, e solo se, è scritto; “verba volant”: se le parole facilmente si dimenticano, gli scritti rimangono per sempre.

    Definiamo, innanzitutto, le aree sulle quali mettersi in gioco, ne bastano due, tre al massimo, e descriviamo per ciascuna le buone pratiche che intendiamo adottare (si tratta sostanzialmente di definire nuovi obiettivi concreti, poiché quantificabili e misurabili). E, dato che facciamo i conti anche con i nostri limiti, per ciascuna azione descriviamo sia ciò che potrebbe impedirci di rispettare gli impegni assunti, sia le risorse sulle quali contiamo per affrontare e superare ogni eventuale difficoltà precedentemente individuata. Proviamo, in questa fase, a descrivere “come” e “cosa” faremo di diverso rispetto al passato.

    Infine, è necessario stabilire pochi ma indispensabili criteri di verifica utili a stabilire se si hanno raggiunto gli obiettivi fissati.

    Due note importanti: la prima, non dimenticate mai di considerare il fattore tempo distinguendo chrònos e kairòs e ciò che è prioritario (urgente per importanza); la seconda, condividete il vostro Piano affiancandovi a un coach di provata esperienza.



  • Proporsi sul mercato del lavoro comporta più di un’azione. Prima di affrontare (prossimamente) un nuovo strumento, il bilancio delle competenze, e partendo dalla rosa delle competenze, che abbiamo imparato ad elaborare e che ci ha offerto un quadro sommario dei nostri punti di forza e dei nostri punti di debolezza, per la crescita e lo sviluppo delle stesse, si tratta ora di dargli un orientamento. Vale a dire una visione attorno alla quale sviluppare la formazione.

    La domanda di partenza è la seguente: “qual è la nostra idea di leader e di leadership?”. Proviamo ad elaborare un breve testo, non più di 200 parole, rispondendo a questa “semplice” domanda. Nello scrivere può tornarci utile rispondere anche alla domanda “cos’è che rende grande un leader?”: fare memoria di qualche figura del passato o del nostro presente, unitamente ad un personaggio appreso attraverso la lettura di un libro o la visione di un film, può tornare utile in questa fase. “Chi sono i nostri eroi? Quali caratteristiche li contraddistinguono da tutti gli altri uomini-donne?”.

    Della serie <non è vero ma ci credo> ma, ciascuno di noi, nell’agire, in modo più o meno consapevole, si rifà ad un modello appreso nel corso della propria esistenza. E di modelli ce ne sono tanti e, spesso, capita di abbracciarne più di uno. Qual è quello che più è coerente alla nostra identità? Quale quello che più di ogni altro orienta il nostro agire?

    Non deve sembrare strano ma, proprio in fase di colloquio e di selezione del personale, sono sempre più numerosi gli imprenditori attenti a questo aspetto. Talvolta anche in misura prevalente alle professionalità ricercate.  Il vostro eroe qual è? Fatemi sapere… magari torno ad orientare la mia visone.



  • L’auto elettrica torna nuovamente di moda e sembra diventi un argomento cult ogni qualvolta la benzina subisce una nuova impennata. Certo è che l’idea di usare auto totalmente elettriche o ibride, alletta la maggior parte degli italiani, che identificano in questo nuovo sistema di alimentazione un possibile metodo “salva portafoglio”.

    renault zoeLa cosa interessante è che anche le aziende cominciano a pensarla così e a dirla tutta sembra che il 27% delle imprese vedrebbe di buon occhio un massivo rinnovo del parco macchine con veicoli green.

    A diramare questo dato è il Centro studi auto aziendali, che ha condotto una ricerca ad hoc su ben 200 imprese. Certo è bene precisare che si tratta di un campione e che il sondaggio ha un carattere prettamente esplorativo, per capire quali siano le tendenze del prossimo futuro. Tuttavia l’idea che traspare è quella di un mondo business più orientato al green e con una percentuale imporntante di aziende desiderose di testare i sistemi ricaricabili. La fetta di imprese che vuole provare le auto elettriche, infatti, si attesta ben oltre la media, con una importante soglia del 55%: dato che indica quanto il settore business voglia imprimere un cambiamento nel comparto dei veicoli aziendali.

    Parlare di auto green, però, implica anche guardare realmente quale sia la tendenza degli acquisti in questa porzione del mercato automobilistico. Un dato decisamente esplicativo è quello delle auto elettriche immatricolate nello scorso anno, che si attestano appena sulle 302 unità. Davvero poche se consideriamo che sono diversi i modelli di auto elettriche proposte dalle differenti cause automobilistiche.

    Anche all’82-esimo Motor Show Internazionale di Ginevra, salone auto ginevra 2012attualmente in corso e che durerà ancora fino al prossimo 18 marzo, sono in esposizione diverse soluzioni elettriche ed ibride. Ne è un esempio la Renault Zoe, quarta auto marchiata Renault con sistema a zero emissioni e che potremmo definire come la prima coupé dal cuore completamente elettrico.

    Altre soluzioni vengono da: Mercedes, con il modello Vito E-CELL (celle a combustibile); Starck, con il modello elettrico Voilteis disegnato fa Philippe Starck; Opel, con la nuova Ampera; e Citroen, con la piccola C-Zero.

    Insomma sembra davvero che il mercato si stia cercando di aprire verso le soluzioni a zero emissioni, anche se restano diversi interrogativi a riguardo. Dai costi alle autonomie, dalle velocità di punta raggiungibili alla diffusione delle colonnine per la ricarica delle batterie.

    Secondo alcuni esperti, l’idea più accreditata è quella di un graduale passaggio al sistema elettrico, passando per quello ibrido; con una propensione maggiore verso i modelli diesel/elettrico. Non resta che vedere come evolverà il mercato e quale sarà la risposta delle aziende e dei privati a queste nuove generazioni di autoveicoli.



  • Sia che si parli di crescita o sviluppo delle proprie risorse, quando questi processi li facciamo accadere in modo intenzionale e consapevole, non bastano i buoni propositi: occorre necessariamente agire alla luce di un progetto. Progettare significa proprio “proiettare in avanti”: vale a dire immaginare nuovi scenari di se stessi, disponendosi al cambiamento.

    Piano d’Azione IndividualeIl Piano d’Azione Individuale è strumento che si presta a tutto ciò. Serve a pianificare le azioni che come persona ho scelto di intraprendere nell’ottica di migliorare (crescere) i miei punti deboli e di sviluppare i punti di forza. Questi ultimi, considerate risorse, hanno prevalenza in ogni progettazione poiché, non mi stancherò mai di dirlo, si costruisce sul positivo. Inoltre ogni progetto assume significato se, e solo se, è scritto; “verba volant”: se le parole facilmente si dimenticano, gli scritti rimangono per sempre.

    Definiamo, innanzitutto, le aree sulle quali mettersi in gioco, ne bastano due, tre al massimo, e descriviamo per ciascuna le buone pratiche che intendiamo adottare (si tratta sostanzialmente di definire nuovi obiettivi concreti, poiché quantificabili e misurabili). E, dato che facciamo i conti anche con i nostri limiti, per ciascuna azione descriviamo sia ciò che potrebbe impedirci di rispettare gli impegni assunti, sia le risorse sulle quali contiamo per affrontare e superare ogni eventuale difficoltà precedentemente individuata. Proviamo, in questa fase, a descrivere “come” e “cosa” faremo di diverso rispetto al passato.

    Infine, è necessario stabilire pochi ma indispensabili criteri di verifica utili a poter stabilire di aver raggiunto gli obiettivi fissati. Due note importanti: la prima, non dimenticate mai di considerare il fattore tempo distinguendo chrònos e kairòs e ciò che è prioritario (urgente per importanza); la seconda, condividete il vostro Piano affiancandovi a un coach di provata esperienza.



  • Dopo tanto parlare e non poche polemiche, sembra essere arrivata al traguardo la riforma del mondo del lavoro. A confermarlo sono le parole del leader della Uil Angeletti, che sottolinea come si sia ormai vicini ad un accordo accettabile, tra Governo e parti sociali. I sindacati contano di firmare l’accordo in maniera unitaria, infatti, anche Bonanni segretario della CISL ha escluso che con il Ministro Elsa Fornero si possa arrivare alla firma di una riforma che escluda la CGIL della Camusso.

    Questo dovrebbe tranquillizzare molti, viste le garanzie e i paletti chiesti dalla CGIL e dalla FIOM, primo fra tutti il mantenimento dell’articolo 18, su cui tanto si è discusso; che limita la possibilità di licenziare delle aziende, tutelando i lavoratori. Articolo che tanto vorrebbe eliminare il CEO della FIAT Sergio Marchionne, e su cui anche la Marcegaglia ha fatto più di una pressione. Forse pensando di poter così portare in dote per le prossime elezioni di Confindustria l’abbattimento di un totem, visto come fumo negli occhi da gran parte degli imprenditori di casa nostra.

    A chiedere di stringere i tempi per una delle riforme chiave di cui si deve occupare il governo dei tecnici, è proprio il Presidente del Consiglio dei ministri. Per Mario Monti, infatti, la riforma dovrebbe essere approvata entro il 23 marzo, così da poter poi avviare il dovuto iter parlamentare che la renda “legge”.

    Intenzione della Ministro Fornero è, con questa riforma, riuscire ad abbattere la disoccupazione “reale” al 4-5% e diminuire drasticamente il numero di contratti atipici, che rendono soprattutto i giovani italiani dei lavoratori precari. La lotta al precariato sembra proprio essere una delle priorità del Governo, così come dei sindacati. Vedremo se questa riforma alla fine conterrà davvero misure in grado di dare a noi tutti un futuro migliore, che preveda magari anche una pensione (non virtuale).



  • Verso dove vado e, soprattutto, come ci vado? Un antico proverbio orientale recita così: “nessuno riesce a colpire un bersaglio che non vede”. E’ ciò che accade a quanti, nell’affanno della ricerca di un posto di lavoro, inviano, trasmettono, spediscono, passano “brevi mano” (talvolta accompagnati da una buona parola!), curriculum vitae ad un numero pressoché infinito di aziende, nella speranza che sortiscano qualche effetto.

    Il curriculum, nel migliore dei casi preceduto anche da una lettera di presentazione, è da sempre considerato il veicolo migliore per farsi “pubblicità”. Nulla da eccepire, ma è altrettanto vero che, e qui assume significato il proverbio citato, senza un’idea precisa dell’attività lavorativa più congeniale alle proprie capacità e la mancata applicazione delle strategie più idonee per colpire quel determinato bersaglio, il tutto diventa vano.

    È in questo contesto che si inserisce una intenzionale attività di self marketing, vale a dire: l’insieme delle azioni volte a rendere maggiormente appetibile, accettato e desiderato dal mercato, il prodotto “persona-risorsa umana”.

    Così, come accade per ogni bene di consumo sottoposto alle rigide regole del marketing, per essere reso desiderabile dai potenziali consumatori, anche noi stessi possiamo agire sulla domanda e l’offerta occupazionale. Come? Attraverso mirate azioni di self marketing che al pari di ogni prodotto, ci fanno sottostare alla semplice regola: “convinco, vendo”, se “mi lascio convincere, acquisto”.

    Per passare dalla teoria all’azione, è bene capire che il miglioramento costante e pianificato di noi stessi costituisce la strategia più virtuosa per un’azione efficace di self marketing, che ci porti a raggiungere l’obiettivo lavoro. Costante vuol dire senza interruzioni, continuativa nel tempo (e ciò anche quando un posto di lavoro lo si è trovato); pianificato vuol dire agire alla luce di un progetto. Il tutto, possibilmente, partecipando a più incontri formativi magari affiancandosi, anche, dell’esperienza di un coach nelle vesti di sostenitore motivazionale e tutor. Prova ad iniziare tracciando la tua rosa delle competenze: disegna un cerchio e in esso altri tre cerchi concentrici, dal centro verso l’esterno del foglio. Se il centro è 100 gli altri cerchi esprimono un valore decrescente: 75, 50, 25.

    Ora dividi il cerchio in tanti spicchi ciascuna delle quali esprime una competenza che faccia riferimento a caratteristiche personali e professionali: più ne inserisci più, a lavoro finito, sarà chiara la tua rosa delle competenze. E’ il momento di annerire ciascun spicchio/competenza: partendo dal centro estendi il colore verso l’esterno autovalutandoti per ciascuna. A lavoro concluso sai quali sono le aree sulle quali lavorare per potenziare le competenze e quelle, invece, sulle quali crescere. Se ti va, mettimi a conoscenza dei risultati raggiunti.